Cesare Lanza: intervista all'assicurazione
Sei domande di un agente mancato a undici (più due) dirigenti e top manager: la cattiva reputazione del settore, le relazioni con la politica e la burocrazia, la questione delle frodi e il rapporto fra vita e lavoro
27/01/2017
Di battute sulle assicurazioni è pieno il mondo. Woody Allen è forse il campione della materia, con aforismi sulla (presunta) avidità degli assicuratori che, per la loro arguzia, sono entrati di diritto nell’immaginario collettivo. Inutile negare che la reputazione del comparto non sia certo delle migliori: freddure e frecciatine sono il classico corollario di chiunque sia coinvolto, a vario titolo, in questo settore. Ed è per questo motivo che fa quasi uno strano effetto imbattersi in un volume come Due o tre cose che so sulle assicurazioni, pubblicato alla fine del 2016 dall’editore L’attimo fuggente. Un effetto straniante che aumenta considerevolmente se si considera che dietro a tutto questo c’è una penna graffiante ed esperta come quella di Cesare Lanza. L’intento del libro è chiaro fin dalle battute iniziali: “Ho sempre avuto simpatia, fin da ragazzo, per le assicurazioni”, scrive l’autore all’inizio del volume. In controtendenza con quella che è l’opinione sedimentata del pubblico, Lanza cerca di offrire un'immagine diversa del settore. E lo fa ponendo domande mirate a undici esperti e top manager del comparto, a un'ipotetica e “magnifica squadra di calcio”, come la definisce lo stesso autore: Maria Bianca Farina (posta in cima alla lista da Lanza anche, ma non solo, per doveri di galanteria), Fabio Cerchiai, Camillo Candia, Andrea Battista, Alessandro Santoliquido, Giovanni Di Benedetto, Salvatore Campus, Francesco D’Addato, Paolo Masini, Andrea Amadei e Alberto Vacca. Elenco a cui si aggiungono i nomi di Piero Massimo Andreoni e, nelle battute finali del libro, di Aldo Minucci, quest'ultimo non incluso nel dream team di Lanza per semplici motivi organizzativi.
Un punto di vista diverso
Il volume è leggero e, a tratti, persino ironico, adatto anche ai non addetti ai lavori. L’impressione che si ha, scorrendo le pagine del libro, è quella di un’immensa tavola rotonda, in cui Lanza pone domande e modera un dibattito immaginario fra i diversi convenuti. I quesiti scorrono in maniera lineare, andando a toccare alcuni temi caldi del settore. Si parte dalla cattiva (e forse ingiustificata) reputazione del comparto, si passa ai controversi rapporti con la politica e la burocrazia, e si chiude sull’annosa questione delle frodi assicurative. Nel mezzo, c’è anche spazio per affrontare i temi più umani, e spesso trascurati, dell’essere assicuratore: le delusioni, i successi professionali e il rapporto (non sempre semplice) fra lavoro e famiglia. Le diverse voci si succedono una dietro l’altra, facendo emergere linee di pensiero che risultano ora concordanti e ora divergenti. Attraverso il continuo rimbalzo fra domande e risposte, si tratteggia un punto di vista totalmente diverso da quello che il cittadino comune è solito assumere. Un punto di vista che lo stesso Lanza, come rivela all’inizio del libro, ha avuto modo di condividere lavorando, giovanissimo, a Cosenza presso l’agenzia di intermediazione di suo zio. “A Genova ho diretto giornali e televisioni. A Cosenza? Qualche volta penso che, se la mia vita avesse avuto svolte diverse, forse sarei diventato un bravo assicuratore”. Parola di Cesare Lanza, agente mancato.
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