Inflazione, per Nomisma resta “una ferita profonda”
Il recente recupero del potere d’acquisto, secondo la società di consulenza, non cancella oltre due anni di costante crescita dei prezzi
A gennaio il tasso di inflazione si è assestato intorno allo 0,8%. Il potere d’acquisto delle famiglie italiane ha registrato un leggero miglioramento nel terzo trimestre del 2023, quando la crescita delle retribuzioni ha messo a segno un tasso di variazione del 4,8% capace di più che compensare il +1,2% fatto segnare dall’andamento dei prezzi al consumo. Eppure, secondo Nomisma, l’inflazione resta “una ferita profonda”.
La società di consulenza, in una nota diffusa oggi, ricorda che il rally dell’inflazione è iniziato nel 2021 con lo scoppio della crisi energetica e ha raggiunto il suo culmine alla fine del 2022, quando il tasso di variazione dei prezzi al consumo è arrivato all’11,8%. Nello stesso periodo l’adeguamento di stipendi e retribuzioni è avvenuto molto lentamente: al picco dell’inflazione, tanto per citare un caso, la crescita salariale si era fermata all’1,5%.
Ecco perché non basterà la boccata d’ossigeno degli ultimi mesi per cancellare oltre due anni di costante crescita dei prezzi al consumo. “Veniamo da due anni e mezzo nei quali le famiglie italiane si sono sensibilmente impoverite, hanno dovuto attingere ai propri risparmi o fare ricorso al credito per pianificare acquisti particolarmente onerosi o imprevisti”, ha commentato Lucio Poma, capo economista di Nomisma.
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