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L’efficacia delle campagne di comunicazione via email

La posta elettronica resta uno degli strumenti privilegiati per aumentare la propria visibilità e la propria reputazione: ma attenzione agli errori che possono indebolire la brand awareness

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Il settore finanza/assicurazioni/banche è tra i più ricettivi rispetto alla comunicazione business-to-business (b2b) attraverso l'utilizzo di mail, newsletter e dem. Il tasso di apertura (open rate, Or) di una newsletter in quell'ambito è pari al 63%: si tratta della percentuale più elevata tra i 28 settori merceologici presi in considerazione dell'Email marketing statistics 2013, terza edizione dell'osservatorio di Nweb, società che si occupa di direct marketing. Lo studio evidenzia, inoltre, che per quanto riguarda le dem, ovvero email con messaggio pubblicitario, il settore finance si piazza comunque nei primi tre posti, con un tasso di apertura nel b2b pari al 34%, contro il 67% del comparto Hobby e tempo libero e il 35% della Grande distribuzione.
Questi dati sono solo alcuni tra i più significativi prodotti dall'osservatorio che, più in generale, ha riscontrato nell'email marketing un settore maturo, ma con ampi margini di miglioramento". Secondo la survey, che può vantare un campione di 12 miliardi di messaggi annuali, "è cresciuta l'attenzione a una dimensione professionale dell'email marketing, profilato e programmato, ed è aumentata la consapevolezza della crucialità di alcuni fattori per la riuscita di una campagna di comunicazione".
L'Email marketing statistics ha anche l'obiettivo di essere d'aiuto a individuare la strategia migliore per raggiungere gli obiettivi aziendali (anche di una piccola o media azienda, come un'agenzia o una società di brokeraggio), attraverso un aumento di traffico sul sito, una crescita del numero di iscritti nel proprio database, un rafforzamento della brand awareness (reputazione), uno stimolo all'acquisto. Insomma tutto ciò che può "nutrire la relazione e informare gli stakeholder".

BENE LE APERTURE, SCARSE LE CONDIVISIONI

È interessante, per esempio, notare come la percentuale di successo muti in base al coinvolgimento che il mittente vuole ottenere. Su un totale di 100 newsletter inviate, 94 raggiungono il destinatario, 27 sono aperte, tre attirano chi le apre a cliccare sul link contenuto nella mail e solo 0,04, in seguito, sono condivise. Tuttavia le cifre sono in crescita: "i dati aggregati - è spiegato nello studio - mostrano nella media un discreto tasso di errore che si riduce già dopo i primi invii. Rispetto alle rilevazioni precedenti, aumenta la percentuale dei recapiti dall'88% al 94%, segno di una crescente attenzione alla costruzione delle liste".
La "costruzione delle liste" è molto enfatizzata da Nweb, proprio perché avere a disposizione un database ordinato e strutturato permette di profilare meglio il destinatario del messaggio.
Tuttavia, non si può non notare lo scarso risultato delle condivisioni in ambito b2b, che sono ancora molto lontane da quelle attese. "Spesso - si legge nell'Email marketing statistics - chi si occupa di email marketing dimentica la potenza virale della condivisione, generata da un link di condivisione inserito nel messaggio". Se è vero che le condivisioni sono al momento molto deludenti, i dati mostrano un range di click-to-open rate (Ctor), ovvero la percentuale di click su mail aperte, abbastanza ampio, che va da un massimo del 55% a un minimo del 10%: "il dato nel suo complesso - spiega lo studio - è da considerarsi positivo, nonché segno di buona reattività da parte degli utenti". Tuttavia, una percentuale bassa di Ctor non indica solo la presenza di contenuti ritenuti poco interessanti, ma anche la possibilità che nel messaggio non sia chiara la necessità di interazione da parte dell'utente oppure che vi è stata a monte una scarsa profilazione dei destinatari.

EUROPA A DUE VELOCITÀ
A livello geografico, scopriamo che in Italia il direct marketing è molto sviluppato, tanto che il nostro Paese è tra i più reattivi in Europa (click-to-open rate al 32%), seguito dall'Inghilterra (29%), dalla Germania (27%) e dalla Francia (19%); mentre gli Stati Uniti raggiungono il 19%. Sono i Paesi ai confini dell'Ue, invece, a essere ai primi posti in classifica con percentuali intorno al 50%: parliamo di Portogallo, Polonia e Svezia. In Africa e Asia, solo Niger e Giappone raggiungono le stesse percentuali.

ATTENZIONE ALL'EFFETTO SPAM
Uno dei timori maggiori nella pratica dell'email marketing è l'effetto spam, che in termini tecnici si chiama Feedback loop (Fbl). Si registra nel momento in cui un utente segnala un messaggio come spam all'interno di un sistema di webmail (Gmail, Hotmail, Yahoo!, Libero ecc.). In questo caso, ogni volta che al destinatario arriverà una mail dall'indirizzo segnalato come indesiderato, questa sarà automaticamente deviata nella cartella spam. Non sempre chi invia la mail può accorgersene, ma se il mittente, o il fornitore del servizio di emailing, ha sottoscritto un accordo specifico con il provider, questi invierà una notifica immediata per ogni utente che inserisce l'indirizzo tra quelli non graditi. La notifica, suggerisce lo studio, deve essere presa in carico e utilizzata per cancellare immediatamente quell'indirizzo dall'elenco invii: questo metodo sarà essenziale per mantenere le liste pulite.
Il tasso di Fbl non è così alto, in Italia. L'Email marketing statistics ha misurato, nel secondo semestre 2012, un tasso di Fbl allo 0,04% sia per newsletter sia per dem. Mediamente è considerata accettabile una percentuale compresa tra lo 0,02% e lo 0,06%: il comparto finance si attesta allo 0,05%. La ricerca avverte che percentuali superiori possono essere un campanello d'allarme che dovrebbero portare alla revisione della propria strategia di comunicazione. Il tasso di Fbl, inoltre, ha, come si può immaginare, un impatto sulla reputazione dell'azienda: "la reputazione, intesa come genuinità e rilevanza, è applicata da Isp (internet service provider), Msp (managed service provider) e sistemi antispam per valutare la legittimità di una comunicazione attraverso l'analisi del comportamento di chi invia".
È molto importante gestire i Fbl, poiché se un utente non è disiscritto prima del successivo invio, il mittente rischia che tutti i suoi messaggi siano recapitati nella cartella spam di tutti gli utenti che si servono del medesimo sistema di webmail.

UN LINK PER LA BUONA REPUTAZIONE
E poi c'è l'ampio capitolo sui social network, che racchiude potenzialità, sulla carta, sterminate. La percentuale complessiva di condivisione (0,04%), come abbiamo visto, è prossima allo zero, ma la responsabilità, il più delle volte, non sta nelle abitudini poco social del destinatario, quanto nella complessiva strategia di comunicazione. Sono poche le aziende che inseriscono nella mail il link di condivisione per i principali social network, denotando una scarsa attenzione verso questi strumenti. Tuttavia, nel panorama spicca Facebook, con l'82% del totale, seguono poi Twitter con il 9% e LinkedIn con il 4%. Rispetto all'anno precedente (il 2011), il decremento di Facebook (-6%) è giustificato dalla crescita nelle altre piattaforme.
Infine, valutando la suddivisione tra i diversi ambiti, business-to-consumer (b2c) e b2b, si riscontra una sproporzione evidente in fatto di condivisioni: il primo vanta percentuali intorno al 65%, mentre il secondo blocca l'asticella appena al 4%. Tuttavia, conferma la ricerca, "la condivisione in ambito b2b crea e amplifica di molto la cosiddetta brand awareness".

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