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Amianto: un rischio ancora tragicamente presente

Un’intervista televisiva di Fabio Fazio ne ha rievocato lo spettro: un silenzioso assassino che continua a uccidere in Italia e nel mondo intero. Le vittime di questo minerale tornano dunque alla ribalta, a oltre trent’anni dalla promulgazione del decreto 257/1992 che ne mise al bando l’uso nel nostro paese

Amianto: un rischio ancora tragicamente presente hp_vert_img
Il noto giornalista Franco Di Mare ha raccontato di aver contratto il mesotelioma, forse il più temuto tipo di cancro causato dall’esposizione alla fibra di amianto, - probabilmente nel corso dei servizi effettuati in veste di inviato speciale di guerra. 
L’intervista televisiva rilasciata a Fabio Fazio ha impresso una svolta mediatica di straordinario impatto al suo dramma e la notizia ha letteralmente invaso i quotidiani e il web.
Il mesotelioma è una malattia professionale riconosciuta e tabellata dall’Inail, che uccide migliaia di persone ogni anno in tutto il mondo e per la quale non esiste ancora una cura. 
Si tratta della più rara e letale tra le malattie causate dall’amianto (o asbesto), che sappiamo essere quasi esclusivamente collegata all’esposizione a questo minerale, dal punto di vista eziologico. 
In pratica, la diagnosi equivale a una condanna a morte, perché giunge quando il tumore ha indebolito il corpo della vittima per anni. Il periodo di latenza è infatti lunghissimo: mediamente, da 20 a 30 o addirittura 40 anni.
Il dramma correlato alle morti causate da questo minerale è tuttavia poco noto ai non addetti, anche se il nostro paese si trova purtroppo in prima linea, sotto questo aspetto. 
Come vedremo, sebbene sia stata tra i primi paesi al mondo a bandire ogni attività di estrazione, lavorazione, importazione e commercio dell’amianto, l’Italia è assai colpita dalle patologie asbesto-correlate e continua a pagare un prezzo altissimo di vite per i terribili effetti di questo minerale sulla salute umana.

PATOGENESI DELL’AMIANTO 

Le fibre di amianto sono mille volte più sottili di un capello umano e, una volta liberate nell’aria, dimostrano una bassissima capacità di sedimentazione, continuando a fluttuare per lunghissimo tempo, prima di posarsi. 
Essendo praticamente indistruttibili (il termine deriva dal greco amiantos, che vuol dire proprio indistruttibile), queste fibre sopravvivono nell’aria e anche ai materiali nei quali vengono inglobate, come colle, resine o cemento. Questi collanti, infatti, si sgretolano a causa dell’usura o perché sottoposti ad urti e rotture, così le fibre di amianto in essi intrappolate si liberano nell’aria, dove galleggeranno, invisibili e letali, per molto tempo. 
Una volta inalate, queste particelle si accumulano negli organi del sistema respiratorio, ma sono tanto minuscole da attraversare i tessuti, penetrando in profondità in tutto il corpo.
A questo punto, si pensa che causino una mutazione genetica attraverso la formazione di radicali liberi, i quali hanno la capacità di danneggiare il Dna ed in particolare i geni oncosoppressori coinvolti nel meccanismo di cancerogenesi.
Insomma, tutti gli studi epidemiologici effettuati collegano direttamente l’incidenza delle affezioni note come asbesto-correlate al consumo di amianto, anche se la correlazione tra dose innescante e potenzialità patogena può variare sensibilmente. 

LE MALATTIE ASBESTO-CORRELATE

Le malattie professionali riconosciute dall’Inail in relazione all’amianto sono diverse. 
A parte l’asbestosi e le cosiddette placche pleuriche, che non hanno dirette conseguenze letali, i decessi sono principalmente dovuti alle neoplasie determinate dall’esposizione a questo materiale.  
Oltre al carcinoma polmonare, è proprio il mesotelioma, che può colpire diversi organi del corpo umano (pleura, pericardio, peritoneo…) ad aver determinato il maggior numero di vittime.
La questione è che, oltre a un periodo di latenza che può variare grandemente (da 20 a 40 anni, come dicevamo), l’avvio del meccanismo patogenetico che interessa questa patologia sembra essere pressoché immediato, rispetto al momento dell’esposizione. 
Inoltre, la potenzialità patogena si rivela anche in seguito al contatto con quantità di amianto molto basse ed è sufficiente una prima dose ad innescare la malattia, con scarsa importanza per l’eventuale cumulo di fibre inalate. Anche la suscettibilità individuale ha un certo rilievo, il che la rende praticamente impossibile da tracciare e controllare. In pratica, proprio per il lunghissimo periodo di latenza che la contraddistingue, è difficilissimo determinare il momento e la causa esatta del suo innesco.
Se il mesotelioma è stato diagnosticato a Franco Di Mare solo recentemente, è dunque possibile che l’abbia contratto da 20 a 40 anni fa e che gli sia bastato inalare solo una piccolissima quantità di fibre, per contrarlo. 
Questo giornalista è stato corrispondente di guerra in tanti paesi nei quali l’amianto è stato ampiamente utilizzato (Est Europa, Africa, Sud America…) e quindi è assai probabile che egli sia entrato in contatto con le sue fibre, perché liberate nell’aria, in seguito ad esplosioni o incendi, ad esempio. 
Quando crollarono le Torri Gemelle di New York, furono moltissime le persone che contrassero malattie asbesto-correlate, perché le polveri sollevate in seguito al crollo erano piene delle fibre di questo minerale, che era stato ampiamente utilizzato per coibentare i fabbricati della zona interessata. 

L’AMIANTO IN ITALIA

L’Italia è stata un grande produttore e consumatore di amianto, con quasi 3,8 milioni di tonnellate estratte, tra la fine della Seconda guerra mondiale e la sua messa al bando. La più grande cava in Europa si trovava a Balangero, in Piemonte, e il nostro paese conta ben 607.391 siti produttivi con esposizione storica a questo materiale. 
Prima di sapere quale tremendo pericolo si annidasse in esso, lo abbiamo utilizzato praticamente ovunque, in quanto facilmente disponibile, poco costoso e dotato di caratteristiche straordinarie di resistenza alle alte temperature, alla trazione e all’invecchiamento in genere. 
Per questo siamo stati tra i primi paesi a bandirlo e in Italia sono numerosi gli studi che interessano le malattie che ne possono derivare. 
L’ultimo rapporto del Registro Nazionale dei Mesoteliomi (ReNaM) ha rilevato ben 31.572 casi di mesotelioma, diagnosticati in Italia dal 1993 al 2018. Negli ultimi 10 anni, inoltre, sono deceduti per malattie asbesto correlate circa 60 mila persone. 
Solo nel 2023, l’Osservatorio nazionale amianto ha censito circa 2.000 casi di mesotelioma, con un indice di mortalità, rapportato ai cinque anni antecedenti, del 93%. 
Nello stesso anno, sono state circa 4.000 le nuove diagnosi di tumori ai polmoni, sempre conseguenti all’esposizione ad amianto (al netto di quelli causati dal fumo e altri agenti cancerogeni), con un indice di sopravvivenza a cinque anni, stimato del 12%. 
Insomma, per quanto se ne sia vietato l’uso dal 1992, la caratteristica di lunghissima latenza delle malattie causate sta determinando proprio in questo periodo il picco delle relative diagnosi.
E bisogna inoltre tener conto dei problemi cardiaci conseguenti alle malattie asbesto-correlate e delle altre neoplasie (cancro della laringe, della faringe, dell’esofago, dello stomaco, del colon, delle ovaie, e il colangiocarcinoma del fegato), con un impatto complessivo di più di 7.000 decessi.
Secondo uno studio realizzato dai ricercatori del Gruppo amianto del Dipia, vi sarebbero ancora 40 milioni di tonnellate di amianto da smaltire sul territorio nazionale e poiché la bonifica procede al ritmo di circa 380 mila tonnellate all’anno, secondo il Centro Nazionale delle Ricerche ci vorranno ancora più di 80 anni per completarne la dismissione.
La questione non è di poco conto poiché, sugli oltre 31 mila casi di mesotelioma censiti dal ReNaM, il 20% risale a tipi di esposizione ignota. In poche parole, per un quinto dei casi analizzati non è stato possibile risalire con certezza alle modalità con cui la vittima è venuta a contatto con l’amianto che ha innescato la patologia.  
Al di là delle esposizioni tipicamente lavorative (legate, cioè alle numerose aziende che hanno utilizzato questo materiale per la produzione di manufatti o come coibentante, all’interno degli stabilimenti), potrebbero essere numerose le esposizioni casuali, proprio per la presenza dell’amianto ancora disperso nel territorio della penisola.
L’Osservatorio Nazionale segnala inoltre una situazione ancora più drammatica, perché questa sostanza cancerogena risulta ancora presente negli edifici di almeno 2.500 scuole (con più di 352mila alunni e 50mila tra personale docente e non docente) e di oltre 1.500 biblioteche. 
Almeno 500 ospedali conterrebbero componenti in amianto nelle strutture o negli impianti termici, elettrici e termoidraulici e buona parte degli acquedotti pubblici (in tutto, almeno 500mila km di tubature), sarebbero costruiti con cemento-amianto.
Il pericolo sarebbe dunque rilevante, anche per effetto dell’erosione, dell’attività di manutenzione e dei terremoti, che potrebbero causare la contaminazione dell’acqua potabile.
Ecco perché parliamo ancora di emergenza amianto, dopo 30 anni dal momento in cui l’abbiamo messo al bando.

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