Una laurea in assicurazioni
Una delle critiche mosse alla prima Direttiva sull'Intermediazione Assicurativa del 2002 e alla sua trasposizione negli ordinamenti nazionali é sempre stata quella di non aver ottenuto, in fin dei conti, il suo obiettivo principale: quello della creazione di un mercato unico delle assicurazioni.
Spesso l'accento viene posto sulle condizioni degli intermediari e sui diversi obblighi ai quali sono soggetti da un capo all'altro del vecchio continente. Ma non bisogna dimenticare che uno degli obblighi introdotti dall'Imd1 é stato quello, per gli itermediari operanti nei diversi mercati europei, di rispettare determinati requisiti professionali. E anche qui i legislatori nazionali hanno deciso di muoversi verso direzioni diverse.
In Italia, dopo la riforma dell'Autoritá competente e con il passaggio da Isvap a Ivass, ben poco è cambiato. E nonostante presto la gestione del Registro Unico degli Intermediari passerá nelle mani di un soggetto di diritto privato (l'Oria), la modalitá di accesso al Rui probabilmente rimarrá la stessa. Quella che passa attraverso l'esame annuale indetto dall'Istituto di Vigilanza.
In questo modello di gestione dei requisiti professionali manca, a mio modo di vedere, un passaggio fondamentale. Quello, cioé, della formazione rilasciata dall'alto. L'Ivass, infatti, ammette all'attività soggetti ai quali non ha impartito la formazione in maniera diretta, in quanto i corsi di preparazione all'esame sono gestiti da soggetti esterni.
Diverso, e sicuramente non perfetto, é il modello inglese. In una società dove la cultura assicurativa è più presente che in Italia, i giovani hanno maggiori possibilità di formarsi in campo assicurativo. Sia a livello universitario che post, con corsi specializzati e master dedicati al mercato della protezione e del risk management. Realtà che anche in Italia stanno pian piano prendendo piede, evidenziando l'importanza di una preparazione adeguata degli operatori del settore.
Nel Regno Unito la maggior parte degli assicuratori e degli intermediari sono memberi del CII (Chartered Insurance Institute, www.cii.co.uk), un ente professionale che rilascia servizi di formazione in campo finanziario e assicurativo. Essere membri permette di assistere a convegni, a corsi e a meeting del settore, ma anche di conseguire le ore formative necessarie per il CPD (Continuing Professional Development). Il tutto organizzato attraverso un percorso di studi che ricorda quello universitario, con esami, libri di testo e crediti da ottenere per raggiungere i vari obiettivi dell'iter prescelto (Certificate in Insurance, Diploma o Advanced Diploma).
Come tutti i sistemi formativi, anche quello anglosassone ha pregi e difetti: vantaggioso è il fatto che i certificati vengano rilasciati in 150 paesi nel mondo, con la possibilità anche per i professionisti italiani di vedere le loro capacità riconosciute all'estero in caso di eventuali attivitá nel mercato londinese.
Un neo di questo modello, però, è quello di aver creato un vero e proprio monopolio. I servizi offerti, dalla semplice iscrizione all'accesso agli esami, non sono gratuiti. E chi vuole ottenenere determinate qualificazioni professionali non puó che rivolgersi all'Istituto.
I due modelli a confronto sono molto distanti tra loro e sicuramente perfettibili da alcuni punti di vista. Ma ci fanno capire la complessità di gestire le risorse all'interno di un mercato assicurativo in continua evoluzione, nel quale le competenze e la preparazione possono fare la differenza. Nel quale una formazione di qualità viene riconosciuta dal mercato e dai colleghi. E nel quale le decisioni del regolatore europeo avranno un impatto sempre più rilevante.
Matteo Cominelli
JLT Towers Re
Spesso l'accento viene posto sulle condizioni degli intermediari e sui diversi obblighi ai quali sono soggetti da un capo all'altro del vecchio continente. Ma non bisogna dimenticare che uno degli obblighi introdotti dall'Imd1 é stato quello, per gli itermediari operanti nei diversi mercati europei, di rispettare determinati requisiti professionali. E anche qui i legislatori nazionali hanno deciso di muoversi verso direzioni diverse.
In Italia, dopo la riforma dell'Autoritá competente e con il passaggio da Isvap a Ivass, ben poco è cambiato. E nonostante presto la gestione del Registro Unico degli Intermediari passerá nelle mani di un soggetto di diritto privato (l'Oria), la modalitá di accesso al Rui probabilmente rimarrá la stessa. Quella che passa attraverso l'esame annuale indetto dall'Istituto di Vigilanza.
In questo modello di gestione dei requisiti professionali manca, a mio modo di vedere, un passaggio fondamentale. Quello, cioé, della formazione rilasciata dall'alto. L'Ivass, infatti, ammette all'attività soggetti ai quali non ha impartito la formazione in maniera diretta, in quanto i corsi di preparazione all'esame sono gestiti da soggetti esterni.
Diverso, e sicuramente non perfetto, é il modello inglese. In una società dove la cultura assicurativa è più presente che in Italia, i giovani hanno maggiori possibilità di formarsi in campo assicurativo. Sia a livello universitario che post, con corsi specializzati e master dedicati al mercato della protezione e del risk management. Realtà che anche in Italia stanno pian piano prendendo piede, evidenziando l'importanza di una preparazione adeguata degli operatori del settore.
Nel Regno Unito la maggior parte degli assicuratori e degli intermediari sono memberi del CII (Chartered Insurance Institute, www.cii.co.uk), un ente professionale che rilascia servizi di formazione in campo finanziario e assicurativo. Essere membri permette di assistere a convegni, a corsi e a meeting del settore, ma anche di conseguire le ore formative necessarie per il CPD (Continuing Professional Development). Il tutto organizzato attraverso un percorso di studi che ricorda quello universitario, con esami, libri di testo e crediti da ottenere per raggiungere i vari obiettivi dell'iter prescelto (Certificate in Insurance, Diploma o Advanced Diploma).
Come tutti i sistemi formativi, anche quello anglosassone ha pregi e difetti: vantaggioso è il fatto che i certificati vengano rilasciati in 150 paesi nel mondo, con la possibilità anche per i professionisti italiani di vedere le loro capacità riconosciute all'estero in caso di eventuali attivitá nel mercato londinese.
Un neo di questo modello, però, è quello di aver creato un vero e proprio monopolio. I servizi offerti, dalla semplice iscrizione all'accesso agli esami, non sono gratuiti. E chi vuole ottenenere determinate qualificazioni professionali non puó che rivolgersi all'Istituto.
I due modelli a confronto sono molto distanti tra loro e sicuramente perfettibili da alcuni punti di vista. Ma ci fanno capire la complessità di gestire le risorse all'interno di un mercato assicurativo in continua evoluzione, nel quale le competenze e la preparazione possono fare la differenza. Nel quale una formazione di qualità viene riconosciuta dal mercato e dai colleghi. E nel quale le decisioni del regolatore europeo avranno un impatto sempre più rilevante.
Matteo Cominelli
JLT Towers Re
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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