Crescere con la politica dell'inclusione
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11/05/2017
Risparmio, crescita, investimenti, malessere o benessere dei cittadini. Sono termini che generano con regolarità analisi, ricerche, misurazioni sulla condizione del nostro Paese e sulla
nostra capacità di reagire all’instabilità di varia origine, e a una crisi ormai prolungata nel tempo. Capita così che si moltiplichino le proposte per aiutare i nostri anticorpi a uscire da situazioni sempre più complesse.
Ma quando si parla di denaro, risparmio e previdenza, le ricette richiedono sempre, inevitabilmente, interventi a più a voci.
Partiamo dalle analisi sulla crescita del risparmio gestito. Secondo gli ultimi dati Assogestioni, a marzo 2017 la raccolta del sistema del risparmio gestito sale a 10,1 miliardi di
euro, contro i 7,45 miliardi di febbraio, con un bilancio per il primo trimestre di 22,2 miliardi circa. La mappa mensile curata dall’Associazione italiana del risparmio gestito ci parla di uno scenario che vede il patrimonio dell’industria salire a oltre 1.962 miliardi di euro, di cui 976 sono investiti nelle gestioni collettive, e 986
nelle gestioni di portafoglio.
Risultati che sono espressione di fiducia, e che confermano il bisogno degli italiani di affidare i propri risparmi a forme di investimento adeguate alle proprie esigenze.
Non senza un pizzico di sorpresa, questi numeri e queste previsioni positive si inseriscono in uno scenario non proprio tranquillo, caratterizzato da instabilità politica ed economica, in Europa e a livello globale.
Così, mentre si dibatte sulla crescita presunta, concreta o futura, e si ricercano forme di supporto all’economia reale insieme a soluzioni per il sostegno alle imprese attraverso i Pir, un fatto sembra certo: il risparmio gestito continuerà a essere, per gli italiani, la scelta prevalente in fatto di investimenti.
Il settore assicurativo potrà valorizzare la funzione fondamentale della propria offerta: quella di proteggere i consumatori combinando soluzioni diverse a seconda delle singole attese del cliente.
Ma compagnie, canali distributivi e clientela dovranno confrontarsi su un terreno particolarmente insidioso, in cui crescita e inclusione sociale, come evidenzia il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sono fenomeni complementari e non alternativi.
Il punto di partenza in questo percorso dovrà essere la lotta all’analfabetismo finanziario, e la sensibilizzazione dei cittadini attraverso il comitato nazionale di educazione finanziaria o altre iniziative mirate, da sviluppare sul territorio.
L’offerta assicurativa resta il tratto distintivo e qualificante: da tempo le istituzioni, in Europa e in Italia, spingono verso la costruzione di prodotti semplici, trasparenti e che siano in grado di tutelare i consumatori. I prossimi mesi saranno dunque determinanti, in previsione delle varie direttive in arrivo dall’Europa, per chiarire il ruolo, i compiti
e le responsabilità in capo agli intermediari in fase di formulazione dell’offerta, di distribuzione del prodotto e, in generale, nella relazione con il cliente.
Riuscire però a tradurre la polizza in contributo alla crescita e in capacità di inclusione sociale significa anche, e soprattutto, introdurre norme finalizzate alla creazione di condizioni favorevoli per l’accesso a prodotti e servizi da parte dei cittadini e delle imprese. Un’area di azione che, ovviamente, non può che riguardare il legislatore.
In tutto questo manca, inoltre, un presupposto di base: la necessità, o meglio l’obbligo, di dare lavoro ai lavoratori.
Nelle varie ricette che ci vengono presentate, si trascura spesso il fatto che per realizzare un tessuto di welfare in Italia occorre intervenire sulla discontinuità occupazionale delle giovani generazioni (e non solo). Il che significa che la previdenza integrativa rappresenta sì lo strumento principale da utilizzare in questa direzione, ma la priorità ineludibile – per una reale politica dell’inclusione – è innanzitutto creare occupazione e quindi nuovo reddito, per i giovani e anche per le famiglie.
nostra capacità di reagire all’instabilità di varia origine, e a una crisi ormai prolungata nel tempo. Capita così che si moltiplichino le proposte per aiutare i nostri anticorpi a uscire da situazioni sempre più complesse.
Ma quando si parla di denaro, risparmio e previdenza, le ricette richiedono sempre, inevitabilmente, interventi a più a voci.
Partiamo dalle analisi sulla crescita del risparmio gestito. Secondo gli ultimi dati Assogestioni, a marzo 2017 la raccolta del sistema del risparmio gestito sale a 10,1 miliardi di
euro, contro i 7,45 miliardi di febbraio, con un bilancio per il primo trimestre di 22,2 miliardi circa. La mappa mensile curata dall’Associazione italiana del risparmio gestito ci parla di uno scenario che vede il patrimonio dell’industria salire a oltre 1.962 miliardi di euro, di cui 976 sono investiti nelle gestioni collettive, e 986
nelle gestioni di portafoglio.
Risultati che sono espressione di fiducia, e che confermano il bisogno degli italiani di affidare i propri risparmi a forme di investimento adeguate alle proprie esigenze.
Non senza un pizzico di sorpresa, questi numeri e queste previsioni positive si inseriscono in uno scenario non proprio tranquillo, caratterizzato da instabilità politica ed economica, in Europa e a livello globale.
Così, mentre si dibatte sulla crescita presunta, concreta o futura, e si ricercano forme di supporto all’economia reale insieme a soluzioni per il sostegno alle imprese attraverso i Pir, un fatto sembra certo: il risparmio gestito continuerà a essere, per gli italiani, la scelta prevalente in fatto di investimenti.
Il settore assicurativo potrà valorizzare la funzione fondamentale della propria offerta: quella di proteggere i consumatori combinando soluzioni diverse a seconda delle singole attese del cliente.
Ma compagnie, canali distributivi e clientela dovranno confrontarsi su un terreno particolarmente insidioso, in cui crescita e inclusione sociale, come evidenzia il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sono fenomeni complementari e non alternativi.
Il punto di partenza in questo percorso dovrà essere la lotta all’analfabetismo finanziario, e la sensibilizzazione dei cittadini attraverso il comitato nazionale di educazione finanziaria o altre iniziative mirate, da sviluppare sul territorio.
L’offerta assicurativa resta il tratto distintivo e qualificante: da tempo le istituzioni, in Europa e in Italia, spingono verso la costruzione di prodotti semplici, trasparenti e che siano in grado di tutelare i consumatori. I prossimi mesi saranno dunque determinanti, in previsione delle varie direttive in arrivo dall’Europa, per chiarire il ruolo, i compiti
e le responsabilità in capo agli intermediari in fase di formulazione dell’offerta, di distribuzione del prodotto e, in generale, nella relazione con il cliente.
Riuscire però a tradurre la polizza in contributo alla crescita e in capacità di inclusione sociale significa anche, e soprattutto, introdurre norme finalizzate alla creazione di condizioni favorevoli per l’accesso a prodotti e servizi da parte dei cittadini e delle imprese. Un’area di azione che, ovviamente, non può che riguardare il legislatore.
In tutto questo manca, inoltre, un presupposto di base: la necessità, o meglio l’obbligo, di dare lavoro ai lavoratori.
Nelle varie ricette che ci vengono presentate, si trascura spesso il fatto che per realizzare un tessuto di welfare in Italia occorre intervenire sulla discontinuità occupazionale delle giovani generazioni (e non solo). Il che significa che la previdenza integrativa rappresenta sì lo strumento principale da utilizzare in questa direzione, ma la priorità ineludibile – per una reale politica dell’inclusione – è innanzitutto creare occupazione e quindi nuovo reddito, per i giovani e anche per le famiglie.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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