L’era del passaparola 3.0
04/10/2018
Una volta veniva genericamente definito come “trasmissione spontanea tra persone” di opinioni sul livello di gradimento (o meno) di un prodotto o di un servizio. Ne andavano particolarmente fieri gli agenti di assicurazione, quando proprio sulla forza del passaparola che sapevano produrre sul territorio strutturavano le loro iniziative di marketing: il tratto distintivo risiedeva nella capacità di diffondere, tra clientela acquisita o potenziale, il valore di un lavoro basato su relazioni personali che potevano così tradursi in risultati di vendita.
Ma il terreno su cui sviluppare il passaparola ha progressivamente perso i confini conosciuti, lasciando il passo alle potenzialità di internet, dei social network e di strumenti di interazione che prendono il nome di forum, blog, gruppi e community. Una piazza virtuale che rappresenta un potente canale di trasmissione in cui condividere informazioni, avviare conversazioni, promuovere un’idea, se stessi, oppure un nuovo prodotto o un nuovo servizio.
Come avviene nel caso delle più tradizionali vetrine, anche la piazza virtuale non è solo un’occasione, anche se straordinaria, per esporre chi siamo e cosa vendiamo: chi scrive, parla o propone video sa che esiste un pubblico fatto di passanti, più o meno occasionali, che scelgono di lasciare traccia, di dare una semplice occhiata o di portarsi a casa impressioni, opinioni, decisioni.
Il tutto si diffonde da soggetto a soggetto in tempi molto brevi, generando attività di sperimentazione e terreno fertile per le più svariate strategie di marketing, con l’obiettivo di consolidare il brand, analizzare le propensioni di acquisto e favorire una scelta da parte del consumatore.
Il passaggio successivo, che le imprese stanno cercando di cogliere con sempre più precisione, è l’adozione di strumenti di misurazione della percezione del marchio, capaci anche di definire l’interesse generato e le possibili nuove strade per far parlare di sé, per differenziarsi dagli altri, per sorprendere lasciando un’impressione positiva che potrà essere ricordata anche dal più distratto passante.
Per il settore assicurativo, e in particolare per gli intermediari, questa fase di sperimentazione deve però fare i conti con la specificità del prodotto assicurativo, con una complessità che non avvicina l’acquirente e lo rende, anzi, diffidente. Ma una polizza può essere costruita come un insieme di garanzie semplici, flessibili e acquistabili singolarmente a un costo contenuto. E molte coperture possono anche essere proposte in abbinamento a servizi o prodotti diversi, seguendo la logica che l’acquisto di un telefono cellulare o di una automobile viene decisamente percepito come più appealing rispetto a un contratto assicurativo.
Una nuova concezione del passaparola, virtuale o sul territorio, è stata così negli ultimi tempi interpretata, anche se non da tutti gli operatori del settore, puntando sul valore distintivo della flessibilità del prodotto, della semplicità del linguaggio, della leggerezza o efficacia con cui si comunica il messaggio alla base della polizza.
Il vero salto di qualità, cui il settore assicurativo sembra si stia ancora preparando, resta però quello che potrebbe essere oggi definito come l’era del passaparola 3.0: quel momento in cui sarà possibile diffondere e condividere il bisogno di assicurazione. La sfida più importante, dunque, è riuscire finalmente a superare il recinto dell’Rc auto (e del prezzo) per aiutare la clientela a individuare nel prodotto e nel servizio assicurativo, con consapevolezza, una fonte di sicurezza per la vita quotidiana e per il futuro. Se le modalità di interazione possono essere amplificate dalla tecnologia, la sfida da cogliere per le compagnie, e in particolare per gli intermediari, ruota intorno a contenuti utili con cui generare, a livello di sistema, un meccanismo virtuoso a favore del “passaparola dei bisogni assicurativi”.
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