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Resilienza urbana per diminuire l’insicurezza

In tema di sicurezza in città la percezione del rischio è molto maggiore della realtà, complici l’isolamento degli individui e le distorsioni dei media. Un modello di città più accogliente può contribuire a migliorare il vissuto dei cittadini e la loro esperienza del quotidiano

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Nelle ultime settimane a Milano vi è stato un incontro importante fra i rappresentanti del Comune, della Prefettura e della Regione per avviare un’intesa, o come viene più comunemente chiamato patto, sul tema della sicurezza urbana, che vedrà la sua attivazione entro l’estate. 
Milano vuole essere una sorta di laboratorio sperimentale per una differente concezione di sicurezza urbana e pubblica. Qualora poi i risultati fossero apprezzabili, questo modello potrebbe essere diffuso in tutta la Regione Lombardia. 
Quale è però lo stato attuale della questione? La sicurezza urbana rappresenta un fattore importante nella stabilità di una città e nella sua sostenibilità da una prospettiva di vita relazionale. 
In questi anni, complici le tensioni e gli eventi terroristici internazionali, il bisogno materiale di sicurezza e la ricerca costante di equilibrio sociale in assenza di conflitti hanno portato a una nuova forma di interpretazione di sicurezza. In particolare, si ravvisa ora la necessità di considerare la sicurezza come competenza partecipata e condivisa. Essa quindi diventa non solo bisogno individuale ma realtà relazionale, che si costruisce sulla base dei nuovi assetti di collaborazione e condivisione fra cittadini e autorità. 

UNA PERCEZIONE DISTORTA DA ISOLAMENTO E NEW MEDIA
Il nuovo quadro legislativo e amministrativo rischia però di implementare un’importante fonte di vulnerabilità: il rapporto con i media e i new media nella definizione della situazione reale. Gli ultimi dati statistici dei crimini in Italia e le relative stime indicano un decremento dei fenomeni delittuosi a livello nazionale, eppure il senso e la percezione di insicurezza permangono fra una buona parte di cittadini. Perché? La causa di tale atteggiamento non è univoca. Essa è piuttosto determinata da differenti fattori che trovano fra loro un legame di guida alla lettura della realtà in termini sfavorevoli. Primo fra tutti le caratteristiche socio – anagrafiche: si pensi a questo proposito alla condizione di molti anziani che vivono in quartieri periferici o comunque in luoghi dove reati come scippi e rapine possono essere più frequenti. È il caso in cui una condizione di vulnerabilità individuale porta a una assunzione generalizzata che il problema esista anche in modo più ampio e diffuso. 
Il secondo fattore riguarda l’esposizione a determinati mass media e/o l’utilizzo dei new media senza una reale verifica delle fonti e della loro attendibilità. 
In particolare su questo versante la manipolazione mediatica, il ruolo delle fake news e quello dei troll in rete stanno producendo effetti importanti per il panorama della sicurezza urbana, ma non solo. 
Accanto a questo scenario mediatico convulso e confuso, si affiancano le subculture online dedicate più o meno esplicitamente alla disinformazione e all’orientamento del pubblico, le quali spesso producono dinamiche di estremismo che poi nella realtà prendono vita e forma concreta nei più disparati angoli delle città. 

L’INCERTEZZA GENERA INSICUREZZA
Un altro fattore importante è la continua e crescente sfiducia nei confronti non delle agenzie istituzionali di sicurezza, ma negli apparati amministrativi e governativi. La crisi politica e istituzionale che la nazione sta attraversando è quanto più tangibile e presente insieme a un clima generale di sfiducia e disorientamento, determinati proprio da una persistente instabilità politica. 
Tutti questi fattori esogamici influenzano il background culturale andando a informare la singola lettura e interpretazione della realtà. Questo significa che la percezione di sicurezza si valuta sulla base di elementi che non sono unicamente statistici, bensì prima di tutto individuali e culturali, quest’ultimo inteso nel significato più ampio del termine. 
Ecco quindi che sulla base di questa analisi assume importanza la capacità di creare un contesto socio – culturale differente nei confronti della gestione della sicurezza urbana, prima di tutto nella sua componente di prevenzione. 

FAR CRESCERE LA RESILIENZA URBANA
Nel quadro così delineato si ravvisa importante l’introduzione e la considerazione del concetto di resilienza, con una nota importante: trascendere dal suo concetto primario di essere in grado di riprendersi dopo un trauma. 
Ciò che diventa importante è assumere la resilienza come una competenza sociale dotata di due caratteristiche: 

  1. essendo una competenza, essa può essere insegnata, trasmessa e quindi appresa; 
  2. la resilienza esiste in una sua forma peculiare e informa la fase di prevenzione. 
Il concetto di resilienza delinea quindi un ambito di applicazione completamente differente rispetto al passato, con delle peculiarità metodologiche e operative uniche. Nello specifico, tale concetto applicato alla realtà spaziale e geografica guida verso un cambiamento di paradigma, che vede la resilienza urbana non più unicamente intesa come capacità ecologica di una città di mantenere la relazione uomo – ambiente sostenibile, ma si indirizza verso una panoramica più ampia del concetto stesso di urbano, andando a comprendere con esso fenomeni legati alla sicurezza urbana, alla microcriminalità, alle forme di conflitto, estremismo e terrorismo di questi ultimi anni. 
Di questi temi si è parlato anche nel recente convegno Resilienza e sicurezza partecipata per affrontare le nuove minacce urbane, tenutosi presso l’Università Cattolica di Milano, la cui discussione ha ampiamente sostenuto e promosso la necessità di meglio comprendere le dinamiche legate a due paradigmi che per la situazione attuale sembrano indissolubilmente legati: la resilienza urbana da una prospettiva socio – culturale e la sicurezza partecipata che informa e prevede cittadini coinvolti nella stessa definizione del rischio e delle emergenti vulnerabilità urbane. 
La via quindi che sembra delinearsi è quella di adottare strumenti quando più condivisi e coordinati, che possano considerare gli aspetti soggettivi della percezione del rischio, con lo scopo di comunicare pratiche preventive e di gestione attraverso strategie comunicative quanto più condivise e accettate. 



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