Gli intermediari e il valore del brand della compagnia
L'editoriale di Maria Rosa Alaggio, dal numero di novembre 2021 di Insurance Review
03/11/2021
Questo mese, ricco di convegni dedicati agli intermediari, di confronti e dibattiti tra agenti, istituzioni e compagnie, mi ha dato anche l’occasione per chiedere direttamente a qualche rappresentante della categoria degli agenti quali siano i valori contenuti nel brand della compagnia che oggi sono condivisi dai suoi colleghi, e quanto il marchio contribuisca anche a valorizzare l’immagine delle agenzie.
A questa domanda un agente mi ha mostrato il simbolo della compagnia che teneva appuntato sulla giacca e ha sottolineato, forse pure con una certa emozione, che lo indossa da quarant’anni.
Questo simbolo, al di là della specifica compagnia che rappresenta, esprime un reale livello di affezione per tutti gli agenti: la passione per il proprio lavoro.
I tanti interventi di agenti che ho ascoltato in questo mese ne sono la testimonianza, anche quando la compagnia viene ritenuta una “controparte” piuttosto che un interlocutore con il quale sviluppare un dialogo più costruttivo. Per tutti resta infatti la convinzione di far parte di una categoria (la cosa, va detto, vale anche per i broker) che mai come in questi ultimi due anni ha saputo dimostrare vicinanza al cliente e capacità di reazione alle difficoltà.
Ma per gli agenti ora il punto è vedere riconosciuto dalle compagnie, più di quanto fatto o espresso solo con buone intenzioni, un ruolo privilegiato in quel sistema distributivo omnicanale che il settore ha costruito negli ultimi tempi per seguire una evoluzione dettata dal mercato e dalle nuove esigenze di interazione con il cliente. Questa centralità significa sì abbracciare tutte le potenzialità della tecnologia e della digitalizzazione, ma richiede anche maggiori garanzie contro la disintermediazione di altri canali o di altre modalità di contatto con la clientela.
Con questo obiettivo, del resto, sono stati siglati con le mandanti accordi sulla gestione dei dati che, dicono alcuni presidenti di gruppi agenti, delimitano il perimetro di azione delle compagnie e puntano a tutelare le agenzie nello sviluppo di nuovo business.
In questa direzione va pure la volontà di sostenere le piccole agenzie e dare loro maggiori opportunità di crescita. Sono infatti diverse le rappresentanze di gruppo che dichiarano di voler rafforzare i livelli di supporto o di volersi strutturare per fornire, in prospettiva a tutti i colleghi, una più ampia gamma di servizi per aiutarli nella gestione della complessità normativa, dell’operatività, delle nuove competenze necessarie allo sviluppo. Per alcune realtà questi progetti prevedono ulteriori investimenti e collaborazione da parte delle compagnie (anche di quelle che operano attraverso agenzie plurimandatarie). Per altre reti agenziali il dibattito con la mandante resta forse ancora un po’ teso o “in divenire”, ma comunque caratterizzato dall’intenzione di instaurare tra le parti un dialogo sempre più propositivo.
Come sempre avviene in queste situazioni, gli agenti sono però chiamati a fare la propria parte, a prendersi impegni precisi, e a mantenerli. Ecco allora che per gli agenti, capaci di adattarsi a cambiamenti epocali, si profila per i prossimi mesi un’altra scommessa da vincere su più fronti: sviluppare i punti di forza che li vedono centrali in un sistema omnicanale e costruirsi nuove competenze in ambiti di offerta oggi meno conosciuti o diffusi. Ma soprattutto, fare leva su uno dei valori più semplici e al tempo stesso più complessi, alla base sia della professione di intermediario che del brand della compagnia: la fiducia del cliente.
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