Gestione dei rischi, serve un cambio di passo
20/07/2015
La classificazione dei rischi più sentiti dalle aziende, con le differenze percentuali in Italia e nei diversi Paesi a livello mondiale, è alimentata da una ricca produzione di studi e ricerche.
I numeri ci confermano il livello di percezione (o meno) delle aziende verso rischi cosiddetti emergenti, che ormai emergenti non sono più, oppure verso i rischi “tradizionali” che stanno assumendo nuova forza con l’evoluzione, o l’involuzione, di scenari economici, climatici e normativi.
A queste analisi trasversali, fondamentali per una comprensione macro del mondo dei rischi, si aggiungono approfondimenti che snocciolano descrizioni attuali e futuribili per la previsione di scenari a cui prepararsi, da evitare o anche da cavalcare per afferrare ipotetiche opportunità a favore di innovative coperture assicurative.
Ci sono poi i temi di attualità: come noto, Expo 2015 è l’occasione per sviscerare, per un intero anno, tutti i dettagli sulla sostenibilità del sistema alimentare, sul valore del cibo, della filiera produttiva fino ai sistemi di smaltimento dei rifiuti. Chiunque abbia visitato la manifestazione non può non essersi portato a casa riflessioni su una tematica così complessa, emozioni sugli spettacoli tecnologici (bellissimi video) e preoccupazioni sui risvolti ambientali e climatici.
Detto questo, la situazione nel nostro Paese continua a parlare di un’offerta assicurativa inadeguata, di mancanza di cultura da parte delle aziende e di necessità di sensibilizzarle al mondo dei rischi e alla sicurezza che una polizza può garantire. Salvo poi rivelarsi, la polizza, complessa, macchinosa, carica di incognite e piena di falle nel momento del sinistro. Tanto che Francesco Cincotti, presidente di Aipai, nel corso del nostro convegno “Aziende, dai rischi alla sicurezza della polizza”, riferendosi all’Italia non ha parlato di sottoassicurazione ma di “mala-assicurazione”. E ancora: solo nel momento del sinistro le aziende si accorgono di non essere assicurate in situazioni per le quali pensavano al contrario di avere le spalle coperte, oppure finiscono per sottoscrivere polizze superflue. Che fare allora?
È sufficiente ripetere che è compito degli intermediari individuare le aree di rischio, spiegare all’imprenditore l’importanza dell’assicurazione, illustrare e vendere le coperture più adeguate?
Agenti e broker sono consapevoli del ruolo consulenziale che possono e devono ricoprire nei confronti delle aziende, in particolare le Pmi. Ma la scarsa cultura del rischio da parte dei (potenziali) clienti e le polizze inadeguate, così definite dai più, rappresentano un limite che sembra insormontabile ormai da tempo. Essere vicini al cliente e conoscerne i rischi, per intenderci, non basta. Realizzare un effettivo cambio di passo in questo ambito implica allora azioni su più fronti: intervenire, ancora una volta, sulla struttura dei contratti, che devono puntare a una maggiore chiarezza e semplicità; rivedere l’offerta assicurativa operando con più incisività non sulle tipologie di rischio ma sulle esigenze dei singoli settori merceologici; sensibilizzare e coinvolgere le aziende, soprattutto le più piccole.
Agli intermediari, infine, spetta il compito di acquisire maggiore consapevolezza sulle potenzialità dell’assicurazione nei confronti delle Pmi. E mettere in campo tutte le competenze che possiedono per evitare che altri soggetti, come il canale bancario, forte della relazione con milioni di clienti, aggrediscano il mercato, anche in questo ambito, con coperture mirate, semplici e chiare. Proprio come ora stanno facendo nel ramo danni, rivolgendosi a individui e famiglie.
I numeri ci confermano il livello di percezione (o meno) delle aziende verso rischi cosiddetti emergenti, che ormai emergenti non sono più, oppure verso i rischi “tradizionali” che stanno assumendo nuova forza con l’evoluzione, o l’involuzione, di scenari economici, climatici e normativi.
A queste analisi trasversali, fondamentali per una comprensione macro del mondo dei rischi, si aggiungono approfondimenti che snocciolano descrizioni attuali e futuribili per la previsione di scenari a cui prepararsi, da evitare o anche da cavalcare per afferrare ipotetiche opportunità a favore di innovative coperture assicurative.
Ci sono poi i temi di attualità: come noto, Expo 2015 è l’occasione per sviscerare, per un intero anno, tutti i dettagli sulla sostenibilità del sistema alimentare, sul valore del cibo, della filiera produttiva fino ai sistemi di smaltimento dei rifiuti. Chiunque abbia visitato la manifestazione non può non essersi portato a casa riflessioni su una tematica così complessa, emozioni sugli spettacoli tecnologici (bellissimi video) e preoccupazioni sui risvolti ambientali e climatici.
Detto questo, la situazione nel nostro Paese continua a parlare di un’offerta assicurativa inadeguata, di mancanza di cultura da parte delle aziende e di necessità di sensibilizzarle al mondo dei rischi e alla sicurezza che una polizza può garantire. Salvo poi rivelarsi, la polizza, complessa, macchinosa, carica di incognite e piena di falle nel momento del sinistro. Tanto che Francesco Cincotti, presidente di Aipai, nel corso del nostro convegno “Aziende, dai rischi alla sicurezza della polizza”, riferendosi all’Italia non ha parlato di sottoassicurazione ma di “mala-assicurazione”. E ancora: solo nel momento del sinistro le aziende si accorgono di non essere assicurate in situazioni per le quali pensavano al contrario di avere le spalle coperte, oppure finiscono per sottoscrivere polizze superflue. Che fare allora?
È sufficiente ripetere che è compito degli intermediari individuare le aree di rischio, spiegare all’imprenditore l’importanza dell’assicurazione, illustrare e vendere le coperture più adeguate?
Agenti e broker sono consapevoli del ruolo consulenziale che possono e devono ricoprire nei confronti delle aziende, in particolare le Pmi. Ma la scarsa cultura del rischio da parte dei (potenziali) clienti e le polizze inadeguate, così definite dai più, rappresentano un limite che sembra insormontabile ormai da tempo. Essere vicini al cliente e conoscerne i rischi, per intenderci, non basta. Realizzare un effettivo cambio di passo in questo ambito implica allora azioni su più fronti: intervenire, ancora una volta, sulla struttura dei contratti, che devono puntare a una maggiore chiarezza e semplicità; rivedere l’offerta assicurativa operando con più incisività non sulle tipologie di rischio ma sulle esigenze dei singoli settori merceologici; sensibilizzare e coinvolgere le aziende, soprattutto le più piccole.
Agli intermediari, infine, spetta il compito di acquisire maggiore consapevolezza sulle potenzialità dell’assicurazione nei confronti delle Pmi. E mettere in campo tutte le competenze che possiedono per evitare che altri soggetti, come il canale bancario, forte della relazione con milioni di clienti, aggrediscano il mercato, anche in questo ambito, con coperture mirate, semplici e chiare. Proprio come ora stanno facendo nel ramo danni, rivolgendosi a individui e famiglie.
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