Verso la riscoperta del tocco umano
06/03/2019
La tecnologia migliora le condizioni di lavoro, la produttività delle imprese, le modalità di interazione, la condivisione di informazioni e opinioni. E ha anche il potere di eliminare confini, barriere e gerarchie in un mondo globalizzato. Questa definizione, in estrema sintesi, racchiude il valore più nobile che ha accompagnato nel tempo l’affermarsi di rivoluzioni industriali e digitali di impatto epocale sulla società, sull’economia e anche sulla politica.
Una nobiltà che esprime l’innata vocazione della tecnologia al supporto dell’umanità, nelle più ampie possibilità di applicazione, con una spinta al progresso e al miglioramento continuo nel modo di vivere il presente e di indirizzare il futuro.
Ma, come spesso accade, a situazioni e nuove condizioni va associata e valutata anche l’altra faccia della medaglia, vale a dire la consapevolezza (che non è certo novità di oggi) di quanto ogni passo di questa evoluzione abbia, inevitabilmente, trascinato nel tempo anche risvolti sociali, economici ed etici da comprendere e con cui confrontarsi.
Ecco allora che, in un mondo in cui il cambiamento sembra inarrestabile, dove si accumulano quotidianamente grandi volumi di dati, le app si moltiplicano e le persone “ragionano” a suon di post raccolti sui social network, inizia a farsi strada la necessità di trovare anche altrove le risposte che servono per affermare il ruolo del pensiero, della creatività e delle capacità dell’uomo.
Al rischio di vedersi disintermediati se non si segue questo cambiamento, al rumore di sperimentazioni destinate a rivoluzionare abitudini e assetti consolidati in ogni ambito, sembra dunque seguire oggi un forte richiamo alla reale utilità della tecnologia nella nostra vita: una funzione che, nel semplificare e migliorare le nostre prospettive in modo naturale e non traumatico, riesca soprattutto a recuperare la centralità dell’essere umano, le sue competenze e le sue capacità decisionali.
La risposta al frastuono generato dal cambiamento sembra allora ricondurci a un concetto universale e riportarci, semplicemente, alla riscoperta del “tocco umano”.
Si tratta di un passaggio quasi naturale che, anche se in una fase che sembra ancora embrionale, risponde al bisogno di lanciare un campanello di allarme e di diffondere la coscienza di quanto, solo per fare un esempio, la quantità di click e like sui social non sia per nulla sinonimo di qualità del contenuto che si intende condividere.
Ricondurre le sollecitazioni della tecnologia all’importanza dell’intervento dell’uomo resta dunque la prossima frontiera su cui agire, puntando sulla specializzazione, le competenze, la capacità di analizzare le informazioni e di tradurle in qualità. E costruire così una rinnovata capacità di interpretare il mondo e il futuro a cui andiamo incontro.
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