Melis: “Noi agenti sembriamo i polli di Renzo…”
Cultura classica e grande amore per la professione, il presidente del Gruppo Agenti Groupama Italia guarda comunque con ottimismo al futuro della categoria, ma chiede un ‘cambio di passo’, a cominciare dal congresso Sna di gennaio. E sull’Rc auto ammonisce: “poche storie, le compagnie ci fanno i bilanci”
22/12/2011
Sulla delicata situazione della casa madre a livello internazionale Pietro Melis, presidente del Gruppo Agit (Agenti Groupama Italia), preferisce non sbilanciarsi, e offre “fiducia sì, ma condizionata: sa com’è, sono sardo…”. Nessuna diffidenza invece, né remore, a parlare a tutto campo del mestiere di agente assicurativo (“uno dei vari lavori che ho fatto nella vita: poco italian style, molto americano”), e del delicato frangente dei sindacati di categoria, che si trovano di fronte ad un bivio epocale: “o evolviamo, o siamo destinati a morire”.
Presidente Melis, lei ha un percorso professionale molto legato al sindacato, e allo Sna in particolare. E’ un momento davvero così difficile?
Temo proprio di sì. Soprattutto se noi agenti continuiamo a fare come i polli di Renzo, ‘beccandoci’ tra noi e facendo finta di non capire a che fine siamo destinati, tutti quanti. Nessuna ha la soluzione in tasca, pronta all’uso: ma solo uscendo dai personalismi sterili potremo imboccare una strada che dia un futuro sereno non solo e non tanto al sindacato, ma a tutta la nostra categoria professionale.
Ma come si è arrivati sin qui, a questo clima da tutti contro tutti?
Beh, io come i colleghi sanno di Sna sono stato anche vicepresidente, e ho vissuto molti passaggi dall’interno. Oggi sono un semplice iscritto, che ancora non si capacita del fatto, ad esempio, che da diversi anni si parli di unificazione tra Sna e Unapass, ma poi non si arrivi mai al dunque. Non entro qui nel merito delle responsabilità, o semplicemente delle scelte. Dico che, agli occhi della categoria, il doppio sindacato è oggi poco credibile. Così come è evidente che la crisi dello Sna è figlia di un periodo di leadership prolungata e forte, quella di Tristano Ghironi, a cui è seguita ahimé una fase diciamo inadeguata ai tempi. Ora, da gennaio, palla al centro con il Congresso, e vediamo cosa si riesce a fare.
Ma cosa non va nel sindacato di oggi?
Tante cose: è vecchio, lento. Inadeguato ad un mestiere che deve cambiare in fretta, proprio per restare al centro del business, e non finire nell’angolo, a sopravvivere di ricordi, e di mercati marginali. Il rischio è finire come Bisanzio, o Sagunto come si chiamava un tempo: chiacchiere a vuoto, mentre gli altri fanno i fatti. Pensi solo ad una struttura organizzativa e decisionale elefantiaca, in cui può tranquillamente succede che un organismo prenda una decisione, e un altro organismo interno allo stesso sindacato la bocci. Questo, agli occhi del mondo, è qualcosa ormai di inaccettabile. Occorre confrontarci davvero stavolta: e che ognuno lasci a casa le proprie convinzioni, per cercare davvero un’intesa concreta. Se il sindacato resta nell’angolo è finito. E invece la categoria ha bisogno di rappresentanza, più che mai.
I gruppi agenti non bastano?
Assolutamente no. E lo dico io, che sono a capo di un gruppo. E che avevo un ruolo operativo in Sna mi sono proprio occupato del coordinamento tra i diversi gruppi agenti, convinto di poter esercitare un ruolo di sintesi, raccogliendo istanze e segnali da trasferire al sindacato. Ma i gruppi, appunto, si occupano diciamo di contrattazione di secondo livello, del rapporto diretto con la mandante. Compito fondamentale: ma solo se al di sopra, o al di fuori, esiste un sindacato forte, che fa il suo mestiere. Le faccio l’esempio delle fabbriche, perché in un’altra vita l’ho vissuto: a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta i consigli di fabbrica avevano un potere enorme, e a livello locale potevano vanificare gli accordi nazionali. Si capì che la situazione era insostenibile, e si corresse il tiro. Allo stesso modo, oggi, dobbiamo fare in modo che sindacato e gruppo agenti siano due cinghie di trasmissione che vanno nella stessa direzione. E’ possibile, basta volerlo davvero tutti quanti.
Presidente Melis, la sua come assicuratore è stata una ‘vocazione’ adulta, mi pare di aver capito….
Certo. Ho cominciato ad occuparmi di assicurazioni nell’84: avevo 37 anni. Non un ragazzino insomma: e sono partito, qui ad Oristano, dalla polizza numero 1, come si dice in gergo. E con zero euro di contributi di qualsiasi tipo, che non fossero il mio investimento personale: oggi ho un’agenzia che, pur con tutte le difficoltà del momento e del settore ha una buona raccolta premi ed un’organizzazione agenziale strutturata con due agenti, io e mio figlio Pierpaolo (nella foto), 4 dipendenti amministrativi e due dedicati alla produzione,oltre a circa 20 collaboratori esterni.
L’Rc auto ora sembra diventata quasi un ingombro: tutti a dire che non è profittevole, che l’agente deve fare altro. Ma è proprio così?
Guardi, le compagnie con l’Rc auto ci fanno i bilanci, checché ne dicano. Semmai è vero che oggi dobbiamo interrogarci, tutti quanti, sul futuro del nostro mestiere. La diversificazione dei canali distributivi è un fatto, e non possiamo che prenderne atto. Ma noi in che direzione vogliamo andare? Verso un plurimandato vero, che oggi non esiste? Oppure le compagnie alle loro reti proprietarie ci credono, e vogliono investirci denari veri, coinvolgendo gli agenti in un vero progetto di sviluppo? Io non temo le compagnie dirette, o le poste. Vedremo cosa sapranno fare. Naturalmente a condizione che debbano sottostare anch’essi, questi nuovi competitor, a tutto il complesso di regole e garanzie a cui noi siamo tenuti ad adeguarci. Altrimenti è concorrenza sleale.
E le tecnologie dottor Melis? Alleate o concorrenti?
Ma alleate, non c’è dubbio. No ad arroccamenti, no alle trincee. Ad opporsi oggi al web (e a quel che verrà dopo: siamo solo all’inizio del cambiamento) si fa la fine di quelli che difendevano la diligenza, e rifiutavano la ferrovia. Le tecnologie però sono solo strumenti, da utilizzare con intelligenza selettiva, sempre nella direzione di raggiungere nel miglior modo possibile il cliente, e proporgli i prodotti, e soprattutto i servizi consulenziali, di cui ha bisogno. Questo deve essere il nostro mestiere, se vogliamo restare al centro del mercato.
Presidente Melis, lei ha un percorso professionale molto legato al sindacato, e allo Sna in particolare. E’ un momento davvero così difficile?
Temo proprio di sì. Soprattutto se noi agenti continuiamo a fare come i polli di Renzo, ‘beccandoci’ tra noi e facendo finta di non capire a che fine siamo destinati, tutti quanti. Nessuna ha la soluzione in tasca, pronta all’uso: ma solo uscendo dai personalismi sterili potremo imboccare una strada che dia un futuro sereno non solo e non tanto al sindacato, ma a tutta la nostra categoria professionale.
Ma come si è arrivati sin qui, a questo clima da tutti contro tutti?
Beh, io come i colleghi sanno di Sna sono stato anche vicepresidente, e ho vissuto molti passaggi dall’interno. Oggi sono un semplice iscritto, che ancora non si capacita del fatto, ad esempio, che da diversi anni si parli di unificazione tra Sna e Unapass, ma poi non si arrivi mai al dunque. Non entro qui nel merito delle responsabilità, o semplicemente delle scelte. Dico che, agli occhi della categoria, il doppio sindacato è oggi poco credibile. Così come è evidente che la crisi dello Sna è figlia di un periodo di leadership prolungata e forte, quella di Tristano Ghironi, a cui è seguita ahimé una fase diciamo inadeguata ai tempi. Ora, da gennaio, palla al centro con il Congresso, e vediamo cosa si riesce a fare.
Ma cosa non va nel sindacato di oggi?
Tante cose: è vecchio, lento. Inadeguato ad un mestiere che deve cambiare in fretta, proprio per restare al centro del business, e non finire nell’angolo, a sopravvivere di ricordi, e di mercati marginali. Il rischio è finire come Bisanzio, o Sagunto come si chiamava un tempo: chiacchiere a vuoto, mentre gli altri fanno i fatti. Pensi solo ad una struttura organizzativa e decisionale elefantiaca, in cui può tranquillamente succede che un organismo prenda una decisione, e un altro organismo interno allo stesso sindacato la bocci. Questo, agli occhi del mondo, è qualcosa ormai di inaccettabile. Occorre confrontarci davvero stavolta: e che ognuno lasci a casa le proprie convinzioni, per cercare davvero un’intesa concreta. Se il sindacato resta nell’angolo è finito. E invece la categoria ha bisogno di rappresentanza, più che mai.
I gruppi agenti non bastano?
Assolutamente no. E lo dico io, che sono a capo di un gruppo. E che avevo un ruolo operativo in Sna mi sono proprio occupato del coordinamento tra i diversi gruppi agenti, convinto di poter esercitare un ruolo di sintesi, raccogliendo istanze e segnali da trasferire al sindacato. Ma i gruppi, appunto, si occupano diciamo di contrattazione di secondo livello, del rapporto diretto con la mandante. Compito fondamentale: ma solo se al di sopra, o al di fuori, esiste un sindacato forte, che fa il suo mestiere. Le faccio l’esempio delle fabbriche, perché in un’altra vita l’ho vissuto: a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta i consigli di fabbrica avevano un potere enorme, e a livello locale potevano vanificare gli accordi nazionali. Si capì che la situazione era insostenibile, e si corresse il tiro. Allo stesso modo, oggi, dobbiamo fare in modo che sindacato e gruppo agenti siano due cinghie di trasmissione che vanno nella stessa direzione. E’ possibile, basta volerlo davvero tutti quanti.
Presidente Melis, la sua come assicuratore è stata una ‘vocazione’ adulta, mi pare di aver capito….
Certo. Ho cominciato ad occuparmi di assicurazioni nell’84: avevo 37 anni. Non un ragazzino insomma: e sono partito, qui ad Oristano, dalla polizza numero 1, come si dice in gergo. E con zero euro di contributi di qualsiasi tipo, che non fossero il mio investimento personale: oggi ho un’agenzia che, pur con tutte le difficoltà del momento e del settore ha una buona raccolta premi ed un’organizzazione agenziale strutturata con due agenti, io e mio figlio Pierpaolo (nella foto), 4 dipendenti amministrativi e due dedicati alla produzione,oltre a circa 20 collaboratori esterni.
L’Rc auto ora sembra diventata quasi un ingombro: tutti a dire che non è profittevole, che l’agente deve fare altro. Ma è proprio così?
Guardi, le compagnie con l’Rc auto ci fanno i bilanci, checché ne dicano. Semmai è vero che oggi dobbiamo interrogarci, tutti quanti, sul futuro del nostro mestiere. La diversificazione dei canali distributivi è un fatto, e non possiamo che prenderne atto. Ma noi in che direzione vogliamo andare? Verso un plurimandato vero, che oggi non esiste? Oppure le compagnie alle loro reti proprietarie ci credono, e vogliono investirci denari veri, coinvolgendo gli agenti in un vero progetto di sviluppo? Io non temo le compagnie dirette, o le poste. Vedremo cosa sapranno fare. Naturalmente a condizione che debbano sottostare anch’essi, questi nuovi competitor, a tutto il complesso di regole e garanzie a cui noi siamo tenuti ad adeguarci. Altrimenti è concorrenza sleale.
E le tecnologie dottor Melis? Alleate o concorrenti?
Ma alleate, non c’è dubbio. No ad arroccamenti, no alle trincee. Ad opporsi oggi al web (e a quel che verrà dopo: siamo solo all’inizio del cambiamento) si fa la fine di quelli che difendevano la diligenza, e rifiutavano la ferrovia. Le tecnologie però sono solo strumenti, da utilizzare con intelligenza selettiva, sempre nella direzione di raggiungere nel miglior modo possibile il cliente, e proporgli i prodotti, e soprattutto i servizi consulenziali, di cui ha bisogno. Questo deve essere il nostro mestiere, se vogliamo restare al centro del mercato.
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