Assifact, Fausto Galmarini nuovo presidente
L’associazione ha illustrato le performance del settore nei primi mesi del 2017, che segna un +16,2% del giro d’affari
26/06/2017
Sempre più factoring. I volumi del settore, nei primi mesi del 2017, hanno registrato una forte crescita, secondo quanto riportato dai numeri di Assifact. L’associazione che rappresenta gli operatori del settore, riunita venerdì scorso in assemblea, ha eletto il suo nuovo presidente: si tratta di Fausto Galmarini (nella foto). Resterà in carica sino al 2020. Galmarini, 67 anni, nato a Gallarate (Varese), resterà in carica fino al 2010. È responsabile dei rapporti istituzionali di Banca Sistema, consigliere di Hypo Bank e membro del comitato esecutivo della European federation for factoring (Euf).
Come accennato, le performance del settore (che attualmente vale circa il 12% del Pil) in questo avvio di 2017 sono state molto positive. Da gennaio a maggio, infatti, il giro d’affari complessivo ha raggiunto 81 miliardi di euro, con un incremento pari al 16,2% rispetto al corrispondente periodo dell’anno scorso. In crescita è anche per il monte dei crediti in essere (+4,61%) e per gli impieghi (+6,38%). Per il prosieguo del 2017, gli operatori del comparto si attendono una continuità del trend di crescita: al prossimo 31 dicembre i volumi dovrebbero far registrare, secondo le stime Forefact, una crescita pari al 7,79% rispetto al 2016.
L’analisi dei dati rilevati da Assifact per il primo trimestre 2017 vede a livello di ripartizione territoriale la Lombardia e il Lazio confermarsi come le regioni nelle quali si concentra circa la metà del mercato italiano: da sole rappresentano, infatti, il 54,94% dei crediti in essere se si considerano i creditori che hanno ceduto i propri crediti e il 47,48% rispetto ai debitori i cui debiti sono stati ceduti. Segue il Piemonte con il 12,28% rispetto ai cedenti e il 7,38% rispetto ai debitori ceduti L’Italia rappresenta il quinto mercato mondiale, dopo Regno Unito, Cina, Francia e Germania.
Pubblica amministrazione: il peggior pagatore delle imprese
Nello specifico del mercato italiano, è la pubblica amministrazione a pesa per quasi un quarto (23%) sul totale dei debiti ceduti dalle imprese alle società di factoring. Si tratta di crediti vantati da imprese fornitrici nei confronti soprattutto del sistema sanitario nazionale e dell’amministrazione centrale. La quota di debiti della pubblica amministrazione scaduti è pari al 37%, e di questi il 60% risulta scaduto da oltre un anno. L’Italia continua a portare la poco invidiabile maglia nera anche nella classifica dei tempi effettivi di pagamento: secondo l’ultimo rapporto di Intrum Iustitia, le imprese italiane pagano a 52 giorni contro 37 della media europea, la pubblica amministrazione addirittura a 95 giorni quando la media europea è 41. L’Italia resta nelle posizioni di coda nonostante il miglioramento registrato nel 2017, con le imprese che hanno ridotto i ritardi medi di oltre 12 giorni (da 20 a 7) e la Pubblica Amministrazione di 21 giorni (da 45 a 27).
I ritardi elevati dei pagamenti in Italia si traducono in uno svantaggio per gli operatori e in una penalizzazione per le imprese produttive. Secondo le norme europee di vigilanza prudenziale, infatti, oltre i 90 giorni dalla scadenza un credito diventa automaticamente “deteriorato”, andando ad incidere sui requisiti di capitale imposti al sistema creditizio. Gli operatori dei Paesi con i ritardi più pesanti, come è il caso dell’Italia, si trovano quindi ad avere maggiori costi di capitale rispetto ai concorrenti dei Paesi virtuosi. Assifact propone di modificare, in sede di riforma della normativa attualmente in corso a livello europeo, l’articolo che definisce il default del debitore: si potrebbero escludere i debiti commerciali dalla regola dei 90 giorni oppure, in alternativa, consentire di calcolare i 90 giorni non a partire dalla data di scadenza facciale della fattura ma dalla data di pagamento attesa. Secondo Assifact si potrebbero liberare in questo modo circa 2,25 miliardi di maggiore finanziamenti alle imprese italiane.
Come accennato, le performance del settore (che attualmente vale circa il 12% del Pil) in questo avvio di 2017 sono state molto positive. Da gennaio a maggio, infatti, il giro d’affari complessivo ha raggiunto 81 miliardi di euro, con un incremento pari al 16,2% rispetto al corrispondente periodo dell’anno scorso. In crescita è anche per il monte dei crediti in essere (+4,61%) e per gli impieghi (+6,38%). Per il prosieguo del 2017, gli operatori del comparto si attendono una continuità del trend di crescita: al prossimo 31 dicembre i volumi dovrebbero far registrare, secondo le stime Forefact, una crescita pari al 7,79% rispetto al 2016.
L’analisi dei dati rilevati da Assifact per il primo trimestre 2017 vede a livello di ripartizione territoriale la Lombardia e il Lazio confermarsi come le regioni nelle quali si concentra circa la metà del mercato italiano: da sole rappresentano, infatti, il 54,94% dei crediti in essere se si considerano i creditori che hanno ceduto i propri crediti e il 47,48% rispetto ai debitori i cui debiti sono stati ceduti. Segue il Piemonte con il 12,28% rispetto ai cedenti e il 7,38% rispetto ai debitori ceduti L’Italia rappresenta il quinto mercato mondiale, dopo Regno Unito, Cina, Francia e Germania.
Pubblica amministrazione: il peggior pagatore delle imprese
Nello specifico del mercato italiano, è la pubblica amministrazione a pesa per quasi un quarto (23%) sul totale dei debiti ceduti dalle imprese alle società di factoring. Si tratta di crediti vantati da imprese fornitrici nei confronti soprattutto del sistema sanitario nazionale e dell’amministrazione centrale. La quota di debiti della pubblica amministrazione scaduti è pari al 37%, e di questi il 60% risulta scaduto da oltre un anno. L’Italia continua a portare la poco invidiabile maglia nera anche nella classifica dei tempi effettivi di pagamento: secondo l’ultimo rapporto di Intrum Iustitia, le imprese italiane pagano a 52 giorni contro 37 della media europea, la pubblica amministrazione addirittura a 95 giorni quando la media europea è 41. L’Italia resta nelle posizioni di coda nonostante il miglioramento registrato nel 2017, con le imprese che hanno ridotto i ritardi medi di oltre 12 giorni (da 20 a 7) e la Pubblica Amministrazione di 21 giorni (da 45 a 27).
I ritardi elevati dei pagamenti in Italia si traducono in uno svantaggio per gli operatori e in una penalizzazione per le imprese produttive. Secondo le norme europee di vigilanza prudenziale, infatti, oltre i 90 giorni dalla scadenza un credito diventa automaticamente “deteriorato”, andando ad incidere sui requisiti di capitale imposti al sistema creditizio. Gli operatori dei Paesi con i ritardi più pesanti, come è il caso dell’Italia, si trovano quindi ad avere maggiori costi di capitale rispetto ai concorrenti dei Paesi virtuosi. Assifact propone di modificare, in sede di riforma della normativa attualmente in corso a livello europeo, l’articolo che definisce il default del debitore: si potrebbero escludere i debiti commerciali dalla regola dei 90 giorni oppure, in alternativa, consentire di calcolare i 90 giorni non a partire dalla data di scadenza facciale della fattura ma dalla data di pagamento attesa. Secondo Assifact si potrebbero liberare in questo modo circa 2,25 miliardi di maggiore finanziamenti alle imprese italiane.
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