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Profili di criticità nella norma sul whistleblowing

Seconda parte - Un documento Ivass in consultazione fino al 21 febbraio interviene sui presidi di natura procedurale e organizzativa, da adottare entro il mese di giugno, per la segnalazione di atti o fatti scorretti compiuti durante lo svolgimento dell’attività lavorativa

Profili di criticità nella norma sul whistleblowing hp_vert_img
In aggiunta ai regimi di segnalazione interna, il documento di consultazione 5/2019, intitolato Schema di regolamento Ivass recante disposizioni in materia di sistemi di segnalazione delle violazioni, prevede poi la possibilità per il personale delle imprese e degli intermediari e per gli intermediari iscritti alle sezioni A, B, D ed E, indipendentemente dalla forma giuridica, che operino in Italia in regime di stabilimento, con personale inferiore alle 10 unità, per gli intermediari persone fisiche o costituiti in forma di società di persone e per i produttori diretti nonché per gli intermediari a titolo accessorio, di rivolgere le proprie segnalazioni direttamente (ed esclusivamente) a Ivass, che trasmetterà il riscontro al segnalante entro tre o sei mesi dalla data di ricezione della segnalazione, in ragione della complessità o meno del caso.
Alla luce di quanto sopra è  opportuno chiedersi in che rapporto si ponga il sistema così delineato, rispetto alle previsioni in materia di whistleblowing contenute nel dlgs 231 del 2001  (art. 6, commi 6bis, 6ter e 6quater). In quest’ultimo, in particolare, è previsto che i modelli organizzativi debbano prevedere uno o più canali che consentano ai soggetti apicali o subordinati di presentare in condizioni di riservatezza segnalazioni circostanziate a tutela dell’integrità dell’ente.
Le segnalazioni devono concernere condotte illecite, rilevanti ai sensi del dlgs 231/01, e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, ovvero violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente, apprese in ragione delle funzioni svolte. 

I rischi del nuovo sistema
Inoltre è fatto obbligo all’ente di predisporre almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante. 
L’importanza del contributo che può giungere attraverso la segnalazione interna è di tutta evidenza così come i rischi a esso connessi. In ragione di ciò il legislatore si è preoccupato di garantire il funzionamento del sistema prevedendo:

  1. sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante attraverso atti ritorsivi o discriminatori connessi alla segnalazione;
  2. sanzioni a carico di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelino infondate.
A tutela del whistleblower, il decreto include inoltre due previsioni di natura squisitamente giuslavoristica. È stabilito che il segnalante (o anche l’organizzazione sindacale indicata dal medesimo) possa sporgere denuncia all’ispettorato nazionale del lavoro per i provvedimenti di propria competenza. In secondo luogo è esplicitamente sancita la nullità del licenziamento ritorsivo o discriminatorio del soggetto segnalante. Altrettanto nulli sono il mutamento di mansioni ai sensi dell’art 2103 del Codice civile, nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. In caso di controversie è dunque onere del datore di lavoro dimostrare che le misure di cui sopra (licenziamento, demansionamento) siano fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa.

La posizione dell'organo di vigilanza
Il decreto nulla  dispone circa le modalità di gestione della segnalazione né chi debba esserne il destinatario, tuttavia di prassi si ritiene che si tratti dell’Organismo di vigilanza (Odv). Rispetto a quanto sopra sommariamente riportato, c’è da chiedersi in che rapporto si ponga il documento di consultazione.
In quest’ultimo, a una preliminare analisi, sembrerebbe permanere un’ambiguità di fondo in ordine alla posizione dell’Odv, peraltro mai citato nel documento. Invero, in assenza di previsioni specifiche nel documento, non parrebbero esservi elementi testuali che inducano a conclusioni diverse da quelle registrate circa la prassi di applicazione del decreto. Anzi, la circostanza che anche in questo caso l’Odv potrebbe essere il destinatario delle segnalazioni parrebbe desumersi dall’oggetto delle violazioni previste dal documento, che sembrerebbero ricomprendere anche fatti e/o anomalie potenzialmente in grado di determinare la responsabilità dell’ente ai sensi del decreto.
Tuttavia non può non osservarsi come il documento ampli in misura significativa il novero delle fattispecie passibili di possibile segnalazione, rispetto al decreto e, laddove si volesse concludere individuando nell’Odv il destinatario di ogni segnalazione, ci si esporrebbe al rischio di responsabilizzare oltremisura lo stesso, finendo per pregiudicare la sua funzione di vigilanza e prevenzione rispetto a ipotesi di reato. 

Come gestire i flussi informativi
Per contro, se è vero che è fatta salva per i destinatari del documento la possibilità di attribuire a un’altra funzione (e non all’Odv) il ruolo di gestore del sistema delle segnalazioni, quand’anche ciò dovesse accadere, si dovrà pur sempre prevedere una forma di coinvolgimento dell’Odv, al fine di evitare che ci possano essere flussi informativi, di fatti penalmente rilevanti, che sfuggano del tutto al controllo dell’Odv.      
Quale che sia il destinatario prescelto, si deve infine valutare se dal documento derivino spunti nel senso dell’introduzione di elementi di dettaglio per il miglioramento dell’impianto di gestione dei flussi informativi rispetto a quanto già stabilito dal decreto. 
Sul punto, il documento non stravolge il sistema di segnalazione del decreto ma sicuramente impone agli enti di intervenire prontamente con alcuni accorgimenti sul sistema  (quali, ad esempio, l’introduzione di un avviso di ricezione della segnalazione al segnalante entro sette giorni dal ricevimento della stessa, come previsto dall’articolo 5 del documento). 

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