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Polizze, la carica dei consulenti finanziari

Sempre più professionisti lavorano alla distribuzione di polizze assicurative. Serve adesso uno sforzo maggiore per fugare il rischio di disintermediazione e garantire un’offerta proattiva

Polizze, la carica dei consulenti finanziari hp_vert_img
Dai monitoraggi che ogni anno Finer realizza coinvolgendo oltre 7.000 consulenti finanziari, private banker, gestori bancari, agenti e sub-agenti assicurativi, emergono alcuni dati sorprendenti.
La soddisfazione per i prodotti assicurativi del ramo vita e danni non auto registra dati molto più positivi tra i consulenti finanziari (64%), i gestori bancari (52%) e i private banker (41%) rispetto ad agenti e sub-agenti assicurativi (34%). Perché queste differenze? È indubbio che, pur trattandosi di professionisti solo in parte equiparabili, tutti operino in due settori, quello del risparmio gestito e quello della protezione, che risultano sempre di più sovrapposti e sovrapponibili. Inoltre entrambi i settori hanno ampi spazi di miglioramento in Italia: solo il 25% dei risparmiatori gestisce il proprio risparmio e solo il 10% ha adeguate coperture assicurative.

Banca e assicurazione
Oggi è dunque sempre più diffuso il mantra wealth & protection, che poi altro non è una rivisitazione moderna del concetto di bancassicurazione. Effettivamente è dagli anni ‘90 che si parla di bancassicurazione, ma allora le banche puntavano soprattutto sugli impieghi, e sappiamo poi come è andata tra non performing loan e crisi dei mutui sub-prime.
Per salvare i propri bilanci, le banche devono puntare oggi sui prodotti di gestione del risparmio e di protezione, che offrono margini interessanti e, by the way, potrebbero avere anche un impatto sociale positivo. Da qui un’inversione di rotta prima sul risparmio gestito e poi, soprattutto a causa del perdurare dei tassi negativi, anche sulla protezione.  

Un’offerta poco proattiva
Molti ritengono che gli italiani siano poco assicurati e poco inclini alla gestione dei propri risparmi a causa della loro scarsa educazione finanziaria. Pochi ammettono che sia in larga parte colpa di un’offerta scarsamente proattiva e in debito di fiducia. Gli agenti assicurativi, con qualche nobile eccezione, hanno vissuto sulle rendite di posizione derivanti dalla vendita di polizze Rc auto, ora con margini in picchiata. I consulenti finanziari, pur godendo di salute decisamente migliore, sono anche loro alle prese con una sfida epocale legata al cambio generazionale dei loro clienti.
Il rischio è quello di essere progressivamente disintermediati da una nuova generazione di clienti più digitalizzati che potrà contare su un’offerta sempre più ampia grazie all’evoluzione fintech del cosiddetto direct investing. Non si tratta quindi di tifare per l’uno o per l’altro professionista, ma per un’intera industria e per il nostro Paese. In questo senso, se possono dare un contributo alla causa, ben vengano anche i tabaccai. 

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