Il concorso di colpa nell’invasione di corsia
Una sentenza della Corte di Cassazione ha recentemente ribadito che la presunzione di colpa ex articolo 2054 del Codice civile può essere superata di fronte alla gravità della condotta automobilistica di una delle due parti
05/10/2022
In tema di responsabilità civile per i sinistri occorsi nella circolazione stradale, la presunzione di colpa prevista a carico di ciascuno dei conducenti ai sensi dell’articolo 2054, comma 2, del Codice civile ha funzione meramente sussidiaria, giacché opera solo ove non sia possibile l’accertamento in concreto delle rispettive responsabilità.
Ne deriva che, anche quando sia allegata la colpa esclusiva di uno solo dei due conducenti, l’altro non per questo si libera automaticamente dalla presunzione di corresponsabilità, ma è necessario che dimostri di aver osservato le norme sulla circolazione e quelle di comune prudenza, al fine di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, dovendo altrimenti presumersi anche il suo colpevole concorso.
L’infrazione, quindi, quand’anche grave, non dispensa l’altro conducente dal fornire prova circa la correttezza della propria condotta, né esime il giudice dal verificarla al fine di stabilire se, in rapporto alla situazione di fatto accertata, sussista un concorso di colpa nella determinazione dell’evento dannoso.
L’accertamento in concreto della colpa di uno dei soggetti non esclude quindi la presunzione di colpa concorrente dell’altro, ove non sia stata da quest’ultimo fornita la prova liberatoria. Prova che, peraltro, non potrà derivare dal maggior grado di certezza raggiunto in ordine alla colpa del conducente antagonista, ma dovrà concretarsi nel positivo accertamento dell’assenza di ogni possibile addebito.
Tale previsione, tuttavia, non esclude che per alcuni limitati casi la prova liberatoria possa dirsi raggiunta anche solo indirettamente, mediante la valutazione in concreto operata dal giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, in relazione all’assorbente valenza causale di una condotta rispetto all’altra. Trattasi naturalmente di ipotesi limitate, in cui la gravità della condotta è tale da elidere l’efficacia di qualsiasi altro apporto causale, come ad esempio l’invasione della corsia opposta a quella di marcia da parte di un conducente di un veicolo.
A stabilirlo è la VI Sezione Civile della Corte di Cassazione che con la recente ordinanza n. 4201 del 2022, ha rigettato il ricorso proposto dai danneggiati di un sinistro stradale e confermato la sentenza resa dalla Corte d’appello di Lecce.
RIGETTATA LA RICHIESTA DI RISARCIMENTO BASATA SUL CONCORSO DI COLPA
Con sentenza 389/2020, la Corte d’appello rigettava la domanda di risarcimento danni proposta da N. M., nonché da C. e L. M., i quali convenivano in giudizio S. V. e la di lui compagnia di assicurazione al fine di chiederne la condanna, in solido, al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un sinistro stradale occorso in Gallipoli, allorquando, C. M. alla guida del proprio veicolo, nell’effettuare una manovra di svolta collideva con l’autovettura di S. V. proveniente dall’opposto senso di marcia.
Il giudice d’appello, sulla base delle risultanze istruttorie, rigettava la domanda di risarcimento danni, statuendo che dalla valutazione delle prove era emerso il comportamento colposo di uno solo dei due conducenti, le cui violazioni giustificavano il superamento della presunzione del concorso di colpa ex art. 2054, comma 2, c.c..
Avverso la summenzionata sentenza le ricorrenti proponevano ricorso in Cassazione, denunciando con il terzo motivo la violazione o falsa applicazione dell’art. 2054, comma 2, c.c., e sostenendo che, “una corretta applicazione della summenzionata norma non avrebbe consentito una completa e totale esclusione di responsabilità del sig. S. V. in assenza di elementi, anche presuntivi, che consentissero di affermare che nessun profilo di colpa era ascrivibile a quest’ultimo”.
La Suprema Corte rigettava il ricorso, dichiarava il summenzionato motivo infondato e statuiva che “la prova liberatoria di cui all’art. 2054, II comma, c.c., può ritenersi raggiunta anche indirettamente, in base alla valutazione, in concreto, della assorbente efficacia eziologica della condotta dell’altro conducente”.
LA PROVA LIBERATORIA PUÒ ESSERE RICONOSCIUTA IN MODO INDIRETTO
Nel caso in esame, evidenziano gli Ermellini, il giudice d’appello aveva valutato il carattere colposo e l’efficacia causale della condotta di guida della vittima, ma, sulla scorta di una complessiva valutazione delle risultanze istruttorie, aveva correttamente accertato l’esclusiva responsabilità di C. M., rilevando che l’inosservanza dell’obbligo di dare la precedenza aveva avuto una assorbente valenza causativa nella dinamica dell’occorso.
Con detta pronuncia, dunque, la Suprema Corte ha statuito ancora una volta il principio secondo il quale la prova liberatoria di cui all’art. 2054 II comma c.c., può ritenersi raggiunta anche in modo indiretto, in base alla valutazione dell’efficacia eziologica della condotta dell’altro conducente, così condividendo l’orientamento già seguito in passato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale “in tema di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del giudice di merito, in ordine alla ricostruzione delle modalità di un incidente e al comportamento delle persone alla guida dei veicoli in esso coinvolti, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta insindacabile in sede di legittimità, quando sia adeguatamente motivato e immune da vizi logici e da errori giuridici , e ciò anche per quanto concerne il punto se il conducente di uno dei veicoli abbia fornito la prova liberatoria di cui all’art. 2054 c.c. (Cass. 15/09/2020 n. 19115; 19/07/2018 n. 19203; 22/09/2015 n. 18609; 12/10/2012, n. 17409; 02/03/2004, n. 4186; 25/02/2004, n. 3803; 30/01/2004, n. 1758; 05/04/2003, n. 5375.).
© RIPRODUZIONE RISERVATA