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Guida in stato di ebbrezza: la corresponsabilità del trasportato

Con sentenza n. 1386 del 2023 la Cassazione ha chiarito che la persona che si è consapevolmente esposta al rischio di salire a bordo di un veicolo il cui conducente era in stato di alterazione psicofisica può essere ritenuta corresponsabile del danno ai sensi dell’articolo 1227 C.c.

Guida in stato di ebbrezza: la corresponsabilità del trasportato hp_vert_img
A distanza di qualche anno la Cassazione si è finalmente espressa su di una questione di assoluto rilievo che era già stata posta (in via meramente incidentale) dalla sentenza n.17893 del 4 giugno 2020, e cioè se l’articolo 13 della Direttiva 2009/103/CE - nella parte in cui prevede che il contratto di assicurazione Rc auto non possa escludere la copertura del terzo trasportato, ove questi si sia esposto consapevolmente al rischio di salire a bordo di veicolo condotto da persona in stato di alterazione psicofisica - impedisca al giudice nazionale di addebitare al trasportato qualsivoglia responsabilità o quantomeno gli consenta di applicare il concorso di colpa ai sensi dell’articolo 1227 C.c.
Ebbene, con sentenza n.1386 del 18 gennaio 2023, la Corte ha chiarito che la sopra richiamata disposizione comunitaria non esonera tout court il trasportato da eventuali responsabilità, ma gli garantisce solo ed esclusivamente che “gli effetti della sua responsabilità non pervengano all’assoluta esclusione dalla tutela assicurativa”.
Almeno a una prima lettura, il principio di diritto espresso dalla Cassazione risulta condivisibile e del tutto coerente col tenore letterale dell’articolo 13 della Direttiva 2009/103/CE.
D’altro canto, per cogliere appieno la portata della pronuncia occorre tener conto di uno specifico aspetto, ovvero che la normativa comunitaria esplica i suoi effetti unicamente sul piano assicurativo (definendo l’ambito di copertura minimo che dev’essere garantito dall’assicurazione obbligatoria), mentre “le norme sul concorso colposo della vittima, di cui all’art. 1227 C.c., pertengono alla materia del diritto delle obbligazioni, e in quanto tali sfuggono alla competenza comunitaria” (così Cass. 17893/2020). 
In altri termini, una volta chiarito che la normativa comunitaria non impedisce al giudice nazionale di addebitare al trasportato un concorso di responsabilità, occorre comunque verificare se, per la legislazione nazionale, l’accettazione del rischio di salire a bordo di un veicolo condotto da persona in stato di alterazione psico-fisica possa integrare o meno un concorso di colpa del trasportato. Ed è anche su tale aspetto che la pronuncia in commento merita di essere attentamente analizzata.

ACCETTAZIONE DEL RISCHIO E CONCORSO: I PRECEDENTI
Su tale specifica questione la Cassazione ha espresso nel tempo due orientamenti contrastanti.
Dapprima è intervenuta Cass. 27010/2005, con cui la Corte ha escluso fermamente che possa configurarsi un concorso del trasportato per mera accettazione del rischio, dovendosi piuttosto accertare una condotta (da parte del danneggiato) che abbia attivamente contribuito alla causazione dell’evento dannoso (tipico il caso del trasportato che non abbia regolarmente allacciato le cinture di sicurezza).
A distanza di alcuni anni è però intervenuta una seconda sentenza (Cass. 11928/2014), con cui la Corte, al contrario, ha pienamente ammesso che l’accettazione del rischio possa configurare un concorso di colpa, in quanto l’articolo 1227 C.c. andrebbe a disciplinare il concorso del danneggiato non nella mera produzione dell’evento dannoso (che è solo uno dei tasselli di cui si compone la catena causale), ma, più in generale, nella produzione del danno quale conseguenza finale dell’illecito complessivamente inteso.

UN’INTERPRETAZIONE BASATA SULLA NORMA CODICISTICA
Successivamente, la Corte è poi tornata a esprimere la propria preferenza per l’orientamento del 2005, evidenziando come la sentenza del 2014, nell’affermare che l’accettazione del rischio può integrare a tutti gli effetti il concorso di colpa, fosse evidentemente condizionata dalle peculiarità del caso concreto, atteso che la Cassazione, in quel precedente, era stata chiamata a pronunciarsi su di un caso in cui il pericolo accettato dal trasportato era costituito non dall’alterazione psico-fisica del conducente ma dal fatto che il veicolo avrebbe partecipato a una gara clandestina (come a dire che la gravità del rischio accettato dal trasportato, in quel caso, era tale da costringere la Corte ad applicare l’articolo 1227 C.c.).
È dunque in tale contesto giurisprudenziale che si inscrive la sentenza in commento, la quale, dopo aver smarcato l’aspetto più strettamente assicurativo (che, come detto, attiene alla corretta interpretazione della normativa comunitaria), si pronuncia altresì sull’articolo 1227 C.c., giungendo ad affermare che l’esposizione volontaria o comunque consapevole a un rischio “è idonea a integrare una corresponsabilità del danneggiato” e ciò in forza di una lettura sistematica della norma codicistica che, andando oltre l’ortodossia “causalistica”, tiene conto dei più generali principi che ispirano e governano i comparti di responsabilità soggetti all’obbligo di assicurazione (quale, appunto, quello della Rc auto).

ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA RC AUTO: UN SISTEMA DI RILEVANZA “SOCIALE”
E infatti, precisa la Corte, tale scelta ermeneutica “risponde al principio di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost. avuto riguardo alle esigenze di allocazione dei rischi (riferibili, nella specie, all’ambito della circolazione stradale) secondo una finalità comune di prevenzione, nonché al correlato obbligo di ciascuno di essere responsabile delle conseguenze dei propri atti”.
Ebbene, tale passaggio cristallino parrebbe rievocare quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.235 del 2014, con cui la Consulta difese la legittimità dell’articolo 139 Cap dichiarando a chiare lettere che “in un sistema, come quello vigente, di responsabilità civile per la circolazione dei veicoli obbligatoriamente assicurata, in cui le compagnie assicuratrici, concorrendo ex lege al Fondo di garanzia per le vittime della strada, perseguono anche fini solidaristici (…) l’interesse risarcitorio particolare del danneggiato deve comunque misurarsi con quello, generale e sociale, degli assicurati ad avere un livello accettabile e sostenibile dei premi assicurativi”.
Volendo sintetizzare, potremmo dunque affermare che il principio di solidarietà sociale, se da un lato giustifica il calmieramento dei risarcimenti (di modo che tutti possano accedere a un ristoro certo), dall’altro impone ai potenziali beneficiari dell’assicurazione obbligatoria di assumere comportamenti responsabili (e in quanto tali meritevoli di tutela). Ed è proprio lungo tali direttrici che evolve il sistema dell’assicurazione obbligatoria Rc auto, quale sistema di rilevanza “sociale”. 

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