Riforma dell’arbitrato, cosa cambia dopo la riforma Cartabia
Il diritto processuale italiano potrà essere percepito come più chiaro e prevedibile grazie soprattutto all’efficienza del processo arbitrale, che potrà essere preferito sempre di più al ricorso al giudice ordinario
30/08/2023
Già diffuso per le transazioni commerciali internazionali, anche le parti domestiche tendono a scegliere più spesso l’arbitrato, ritenendo che, in alcune materie specialistiche, lo stesso possa rappresentare uno strumento più efficiente della giustizia ordinaria. La predisposizione di regole procedurali sempre più sofisticate da parte delle principali istituzioni arbitrali gioca un ruolo importante.
In questo contesto, l’Italia ha attuato una riforma di diverse aree del Codice di procedura civile (Cpc) attraverso il decreto legislativo 149, riforma Cartabia. Inter alia, si è registrato il tentativo di rendere l’ordinamento italiano un hub più attraente per gli operatori nazionali e stranieri che intendono ricorrere all’arbitrato.
Il potere di emettere provvedimenti cautelari
Il nuovo articolo 818 del Cpc conferisce agli arbitri il potere di adottare provvedimenti cautelari. Si tratta di un cambiamento storico. Invero, sebbene i principali regolamenti di note istituzioni arbitrali italiane già prevedessero che gli arbitri potessero ordinare misure cautelari, in assenza di una disposizione del codice tali misure non potevano essere eseguite dai tribunali italiani nel caso in cui la parte destinataria dell’ordine cautelare si fosse rifiutata di adempiere spontaneamente. Tuttavia, rimangono alcune limitazioni al potere cautelare degli arbitri: (i) è necessario il consenso delle parti, espresso nella clausola arbitrale o in un documento separato; (ii) i provvedimenti cautelari sono impugnabili in Corte d’appello; (iii) se la parte destinataria dell’ordine cautelare non adempie spontaneamente, l’altra parte non ha alternativa che chiederne l’esecuzione dinanzi al giudice ordinario; secondo la legge italiana, gli arbitri non sono autorizzati a esercitare poteri coercitivi, che tradizionalmente erano e restano di competenza esclusiva dei tribunali.
Ricusazione per gravi motivi di convenienza
La riforma Cartabia ha introdotto alcune modifiche alla nomina degli arbitri e ai loro obblighi di rivelare informazioni e circostanze che potrebbero comprometterne l’imparzialità.
In primo luogo, la riforma ha introdotto una nuova disposizione “generale” che consente alle parti di contestare la nomina di un arbitro (cosiddetta ricusazione) non più solo per circostanze tassative predeterminate, ma anche per “gravi ragioni di convenienza”. La giurisprudenza non ha ancora avuto modo di interpretare la disposizione. Tuttavia, se si prendesse in prestito l’interpretazione offerta per l’articolo 51 del codice, che utilizza la stessa formulazione come motivo di astensione dei giudici, i “gravi motivi di convenienza” potrebbero ricorrere quando: (i) pur non corrispondendo a nessuna dei casi tassativi di astensione, una determinata circostanza rappresenti comunque una minaccia per l’imparzialità; oppure, (ii) sebbene non vi sia un’apparente compromissione dell’imparzialità, alcune ragioni facciano ritenere che sia opportuna l’astensione.
Obblighi di disclosure più stringenti
L’impatto sulla procedura potrebbe avere una doppia valenza. Da un lato, gli arbitri saranno soggetti a obblighi di disclosure più stringenti, con evidente garanzia per le parti e la procedura; dall’altro, la ricusazione per “gravi ragioni di convenienza” potrebbe determinare un aumento dei ricorsi, anche impropri o pretestuosi, nei confronti degli arbitri, potenzialmente rallentando l’intero procedimento.
In secondo luogo, con l’accettazione di nomina, gli arbitri devono depositare tempestivamente una dichiarazione rivolta a rendere noti tutti i fatti potenzialmente rilevanti per la loro imparzialità o indipendenza.
L’omissione di un fatto rilevante in questa dichiarazione renderà nulla l’accettazione e potrà comportare la rimozione dell’arbitro, una sanzione più severa che in precedenza non era prevista dal codice.
Anche in tal caso, già prima della riforma, nei regolamenti delle principali istituzioni arbitrali già si imponevano sanzioni per la mancata comunicazione da parte degli arbitri di fatti concernenti l’imparzialità. Tuttavia, tali norme erano applicabili solo ai procedimenti condotti secondo le regole istituzionali e non agli arbitrati ad hoc disciplinati dal codice. La riforma ha dunque il merito di uniformare tale aspetto, ma l’efficacia concreta di questi sviluppi si percepirà nella loro applicazione pratica.
Maggiore chiarezza, prevedibilità ed efficienza del processo arbitrale
La riforma ha espressamente codificato alcuni principi consolidati nella giurisprudenza. In primo luogo, la notifica di una domanda di arbitrato avrà ora gli stessi effetti dell’avvio di un procedimento giudiziario. Prima della riforma, nessuna sezione del codice prevedeva espressamente tale equipollenza. In secondo luogo, la riforma migliora l’interazione tra arbitrato e procedimento ordinario. Ai sensi del nuovo articolo 819 quater del codice, le parti possono ora “fare salvi e trasferire” gli effetti di una domanda giudiziale o di arbitrato quando la giurisdizione è negata dalla relativa autorità. Si ritiene che l’obiettivo della riforma sia quello di istituire un meccanismo più efficiente e più rapido per riassumere i procedimenti nel foro corretto, sia che siano stati erroneamente avviati davanti al giudice ordinario, sia dinanzi agli arbitri e viceversa. In aggiunta, nei contesti in cui la nomina degli arbitri è delegata a tribunali o altri organismi, la riforma prevede che le autorità si attengano a criteri trasparenti, efficienti e di rotazione. Ciò può includere la raccolta e la pubblicazione di un elenco di arbitri disponibili per la selezione.
Si auspica che il diritto processuale italiano sarà percepito come maggiormente arbitration-friendly, generando maggiore chiarezza, prevedibilità ed efficienza del processo arbitrale, con l’obiettivo ultimo di rassicurare gli operatori e promuovere il ricorso all’arbitrato quale alternativa al giudice ordinario.
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