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Abuso del potere contrattuale e strumenti a tutela dei consumatori

Due recenti sentenze, una della Corte di Giustizia Ue e l’altra della Cassazione, hanno riacceso il dibattito sul tema. Dalla discussione dottrinale emergono tre orientamenti riguardanti cosa si debba intendere per protezione del cliente

Abuso del potere contrattuale e strumenti a tutela dei consumatori hp_vert_img
I principi affermati dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 17 maggio 2022, e dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 9479 del 6 aprile 2023 sul potere del giudice di controllare la presenza di eventuali clausole abusive anche nei contratti tra imprese e consumatori nella fase monitoria e in quella esecutiva, hanno riacceso il dibattito in dottrina sulla portata della nozione di consumatore e sull’efficacia dei rimedi previsti dalla normativa comunitaria e nazionale per una sua tutela. 

Tre orientamenti
Dalla discussione in essere, si possono ricavare tre orientamenti. Il primo, ispirato a un’ideologia neoliberista che sta riemergendo soprattutto negli ordinamenti di common law, ritiene errata la strada sinora percorsa dall’Unione Europea e dalle normative nazionali volta alla protezione del contraente debole di fronte a possibili abusi del potere contrattuale da parte delle imprese.
Il principio di trasparenza imposto alle imprese attraverso gli obblighi informativi precontrattuali, contrattuali e successivi alla stipulazione dei contratti, nonché il potere che spetta al giudice di integrare, modificare o dichiarare la nullità delle clausole contrattuali, minerebbe, infatti, la libertà contrattuale delle imprese e, dunque, la loro autonomia negoziale. 
Secondo questo orientamento, una protezione dei consumatori adeguata si attua perseguendo solo l’obiettivo dell’efficienza del mercato come avviene nel modello americano.

Se il diritto non riesce a controllare l’economia e la tecnica
Il secondo orientamento di segno completamente opposto, ritiene che gli strumenti normativi posti a tutela dei consumatori nell’ambito contrattuale siano inefficaci di fronte al potere di un mercato sempre più globalizzato e frammentato in molteplici settori (merci, servizi, banche, intermediazione finanziaria ecc.) che necessita di forme di tutela diverse.
Secondo i fautori di questo orientamento, il diritto non riesce a controllare l’economia e la tecnica, e la costituzionalizzazione della figura del consumatore con l’affermazione dei suoi diritti (da noi avvenuta con diverse leggi tra le quali spicca il Codice del consumo) non è riuscita a tutelare le persone che sarebbero sempre più sole e indifese nei confronti del mercato.
Leggendo le analisi di questi autori, mi tornano alla mente le parole del filosofo Emanuele Severino sul potere dell’economia, e soprattutto della tecnica, che il mondo del diritto non sarebbe più in grado di contrastare. Un grande giurista come Natalino Irti, però, nei colloqui avuti con lo stesso Severino su questi temi, era di diverso parere ritenendo che il diritto sia ancora in grado di controllare la tecnica.
Nel prossimo futuro, però, con l’espansione dell’intelligenza artificiale non sappiamo se il diritto riuscirà a controllare i rischi legati agli sviluppi della tecnica. Torneremo su questo argomento in un prossimo articolo.

L’orientamento condivisibile
C’è poi un terzo orientamento (che io condivido) il cui referente è Guido Alpa, secondo il quale nell’ambito contrattuale (ma anche in relazione alla tutela della salute, della sfera privata e dell’accesso alla giustizia dei consumatori), la normativa comunitaria e quella nazionale che ha recepito le direttive comunitarie, ha diminuito l’asimmetria informativa tra imprese e consumatori, e ha reso questi ultimi più consapevoli dei loro diritti di fronte al rischio di abusi contrattuali.
Questo orientamento è favorevole all’estensione da parte del legislatore della nozione di consumatore alle microimprese avvenuto, ad esempio, con l’articolo 7 del dl n. 1/2012 limitatamente alle pratiche commerciali scorrette. Ed è favorevole anche all’estensione della nozione di consumatore attuata da parte della giurisprudenza che in alcune sentenze ha affermato che il libero professionista o l’operatore economico che conclude un contratto per esigenze della sua vita quotidiana rientra nell’alveo della nozione di consumatore.
Inoltre, come rileva Guido Alpa in un suo libro sul contratto (Il contratto in generale, ed. Giuffrè), il Codice del consumo assicura un livello elevato di tutela dei consumatori e degli utenti contro le insidie del mercato in due direzioni: da una parte, nell’affermare una serie di diritti dei consumatori (all’informazione, all’educazione, alla qualità e sicurezza dei prodotti, alla salute, allo sviluppo dell’associazionismo, alla difesa in giudizio, ecc.); dall’altra parte, nell’obbligare le imprese a rapporti contrattuali conformati ai principi di correttezza, trasparenza e equità. Alcuni di questi diritti sono già riconosciuti e garantiti dalla Costituzione e da leggi statali, ma certamente tutti rappresentano valori che secondo Alpa (e secondo me) formano una base solida per contrastare (almeno sino a oggi) qualsiasi forma di abuso del potere contrattuale da parte delle imprese.

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