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Il diritto privato riscopre l’interesse generale

Il richiamo alla valorizzazione dell’ambiente e del sociale, insiti nell’orientamento alla sostenibilità, che dalla produzione normativa è calata nelle imprese, nelle associazioni e nelle istituzioni, ha dato origine a una rinnovata sensibilità verso l’impegno sociale di cui la giurisprudenza deve tenere conto

Il diritto privato riscopre l’interesse generale hp_vert_img
La riforma dell’articolo 9 della Costituzione che ha introdotto la tutela dell’ambiente tra i diritti fondamentali della persona, i documenti elaborati nel contesto delle Nazioni Unite sul concetto di sostenibilità e sviluppo sostenibile, la normativa comunitaria in materia di sostenibilità, che ha avuto uno sviluppo dal 2019 con la Comunicazione della Commissione sul Green deal europeo, la legislazione nazionale e le iniziative di imprese e cittadini per la cura dei beni ambientali, nonché le azioni civili promosse dai cittadini ed enti del terzo settore a tutela dell’ambiente, testimoniano un cambiamento che si sta verificando negli istituti del diritto privato, la crisi della dicotomia pubblico/privato e soprattutto la constatazione che nel diritto privato si possono realizzare anche interessi generali.

L’impegno delle imprese verso l’interesse generale

Oggi una parte della dottrina afferma che il diritto privato sta riscoprendo il sociale e l’interesse collettivo per effetto delle novità normative che ho richiamato all’inizio.
Ma c’è un aspetto che è poco considerato dalla dottrina e che è rappresentato dal fenomeno dell’autoregolazione dei soggetti privati e dalle nuove istituzioni privatistiche per una maggiore sostenibilità ambientale e sociale anche in assenza di leggi che fissano obblighi di condotta alle imprese e ai cittadini.
Ecco qualche esempio. Nella prassi societaria, già da diversi anni, e comunque ancor prima della Comunicazione della Commissione sul Green deal europeo e del Regolamento Ue 2020/852, che ha fissato i criteri per stabilire se un’attività economica è ecosostenibile e conforme agli scopi di tale regolamento, molte imprese hanno adottato codici etici nei rapporti con gli stakeholder con i quali si sono impegnate a rispettare principi e valori come la mutualità, il rispetto dell’ambiente, il benessere dei dipendenti e, dunque, interessi generali e non soltanto la massimizzazione del profitto.
Basta leggere i codici etici adottati da diverse compagnie assicurative, ad esempio, per verificare la presenza di regole etiche e di sostenibilità ambientale e sociale che le imprese devono rispettare.
Sulla stessa scia dei codici etici, occorre oggi registrare anche la presenza di clausole di sostenibilità negli atti costitutivi e negli statuti di molte imprese. Con queste clausole gli amministratori si impegnano a perseguire anche interessi generali come la tutela dell’ambiente e l’interesse degli stakeholder, oltre all’interesse privatistico alla massimizzazione del profitto a favore dei soci. Questo interesse va perciò, in teoria, bilanciato con altri interessi generali (salute, ambiente, mutualità).
Queste clausole statutarie rispettano i principi enunciati dai novellati articoli 9 e 41 della Costituzione, in forza dei quali la tutela dell’ambiente è divenuto un diritto fondamentale delle persone e l’esercizio di un’attività economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana.

I patti di collaborazione tra cittadini ed enti locali

Un altro esempio di istituzione creata dai privati per la tutela dei beni ambientali è rappresentato dai patti di collaborazione tra cittadini attivi e la pubblica amministrazione (in particolare i Comuni) per la tutela e la rigenerazione dei beni ambientali e sociali come i giardini, i parchi, le fontane, le scuole e i quartieri.
Ormai sono più di 300 i Comuni che hanno stipulato questi patti con i cittadini, associazioni, enti del terzo settore e imprese. E anche questa istituzione, che approfondirò in un prossimo articolo, dimostra la tesi sostenuta all’inizio secondo la quale il diritto privato sta cambiando e sta scoprendo e riscoprendo (come era avvenuto negli anni ‘70 del secolo scorso) il sociale e l’interesse generale, come insegnavano allora grandi giuristi tra cui Rodotà, Perlingieri e Lipari.

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