Sempre più aggressioni in corsia negli ospedali italiani
Sono il sintomo di un male assai grave che colpisce il nostro paese: un sondaggio di Anaao Assomed rivela la drammatica situazione in cui versa il nostro settore sanitario pubblico, con molte ripercussioni anche per gli assicuratori

30/09/2024
Nel corso dell’ultimo anno, all’interno degli ospedali pubblici e privati accreditati, i posti di polizia sono aumentati da 120 a 196 e il numero di poliziotti da 299 a 432. Il delitto di lesioni nei confronti di medici ed esercenti le professioni sanitarie è ora procedibile d’ufficio (indipendentemente quindi dalla volontà della vittima di sporgere denuncia) ed è prevista l’installazione di sistemi di videosorveglianza nelle strutture, per proteggere medici, infermieri e professionisti della salute in genere.
Ma come siamo arrivati a questo? Le aggressioni verbali e fisiche ai danni di chi lavora in ospedale sono ormai un fatto quotidiano e, a quanto pare, all’onore delle cronache giunge solo una piccola parte dei casi effettivamente occorsi. Anaao Assomed, uno dei principali sindacati di settore, ha sottoposto a un campione rappresentativo dei propri iscritti un sondaggio al riguardo, e ne è emerso un quadro semplicemente drammatico. Hanno risposto medici di tutte le discipline e si è appurato che le specialità di Psichiatria, col 13%, e quelle di Pronto soccorso e medicina d’emergenza-urgenza, con l’11%, rappresentano le due discipline a maggior rischio di aggressione, anche se con dinamiche del tutto differenti. Nei reparti di psichiatria è il paziente ad aggredire, se in preda a crisi psicopatologiche e non ancora compensato dalla terapia farmacologica, o quando soggetto a intossicazione da sostanze. Ma nei dipartimenti di emergenza sono soprattutto i parenti ad aggredire il personale sanitario, esprimendo una violenza e una frustrazione tali da far dubitare che si tratti di un paese civile, quello di cui raccontiamo.
COSA ACCADE AL PERSONALE SANITARIO
Si discute sulle ragioni, ovviamente, e sono molto diverse, ma quali che siano le origini di questi atteggiamenti, sembra che i professionisti sanitari non siano più visti come coloro che si prendono cura degli ammalati ma come quelli che, colpevolmente, li trascurano, mettendone addirittura a rischio la vita. L’81% di coloro che hanno risposto al sondaggio riferisce di essere stato vittima di aggressioni fisiche o verbali. Di questi, il 23% denuncia aggressioni fisiche e il 77% verbali. Inoltre, ben il 75% avrebbe assistito personalmente ad aggressioni a colleghi. Il 69% dei sanitari non denuncia gli aggressori, vuoi per sfiducia, vuoi perché una denuncia causerebbe spese legali, udienze in tribunale e ulteriori minacce da parte degli stessi. Solo nel 26% dei casi le aggressioni sono state denunciate e hanno richiesto l’intervento delle forze dell’ordine: il 73% dei professionisti sanitari, invece, ha preferito gestire la questione da solo o con l’aiuto di colleghi. E non si tratta di violenze di poco conto: il 10% degli intervistati ha precisato il numero di giorni di prognosi derivato dall’aggressione e il 29% ha riferito di essere a conoscenza di casi da cui sarebbe scaturita un’invalidità permanente o perfino il decesso di un collega.
LE CAUSE DELLE AGGRESSIONI, SECONDO LE VITTIME
Per la maggior parte dei professionisti intervistati, le cause degli attacchi non sarebbero attribuibili direttamente agli aggressori. Il 31,4% individua come motivazione la mancanza di finanziamenti al settore sanitario, che spingerebbe i pazienti a ritenere i medici direttamente responsabili della qualità delle prestazioni erogate. Il 16,7% attribuisce il fenomeno alle carenze organizzative delle strutture, il che riporta parzialmente alla motivazione precedentemente espressa, e per il 6,7% sarebbe un’informazione inadeguata a scatenare l’ira dei pazienti e dei loro cari. Il 35,5% degli intervistati attribuisce le aggressioni a fattori di carattere socio-culturale, tra questi la deprivazione sociale e lo svilimento del ruolo del medico.
Un’evidenza abbastanza sintomatica è che più della metà degli intervistati non è a conoscenza del fatto che questo argomento è oggetto di discussione ai tavoli sindacali e dunque non sa di essere al centro dell’attenzione degli organi dirigenti delle strutture. Questo punto è di una certa rilevanza, perché rappresenta un sintomo inequivocabile della scarsa fiducia che i professionisti sanitari nutrono nei confronti delle aziende per cui lavorano. Non dobbiamo dimenticare che uno dei punti focali che ispirarono i promulgatori della legge Gelli consistette proprio nel tentativo di restaurare il rapporto tra i professionisti della salute e gli ospedali per i quali lavoravano, accusati di voler attribuire loro tutte le colpe degli eventuali errori medici che si verificavano, e pretendendo che medici e infermieri se ne prendessero carico sulle loro polizze di assicurazione personali.
QUALI SOLUZIONI, IN UN PAESE AD ALTISSIMA LITIGIOSITÀ?
La questione, in pratica, affonda le sue radici su una serie di problemi ormai annosi che interessano un Servizio sanitario nazionale troppo a lungo orbato di sostegno da parte dello Stato. Si trattava di uno dei fiori all’occhiello dell’Italia, oltre che di un segnale inequivocabile di civiltà per il nostro paese, ma pare che si sia superato il punto di non ritorno. Per contrastare il fenomeno vergognoso degli attacchi ai sanitari serve potenziare i servizi e non solo quelli di psichiatria. È necessario aumentare i posti letto per acuti e cronici, riorganizzare il territorio e soprattutto incrementare gli organici. Ciò comporterebbe un aumento del tempo dedicato alla comunicazione con i parenti e alla cura dei pazienti. Ci sarebbero attese più brevi nei Pronto soccorso e potrebbe aumentare il personale addetto alla sicurezza nelle strutture più a rischio, quelle ubicate in aree dove il fenomeno della deprivazione sociale è più allarmante.
L’aggressività di pazienti e loro parenti è anche fomentata da un dibattito pubblico violento, soprattutto sui social, che spesso amplificano i casi di presunta malasanità e, purtroppo, anche da sedicenti società di liquidazione dei danni, che attuano un vero e proprio sciacallaggio nei confronti del personale sanitario, invogliando i pazienti a ricorrere alla giustizia. È noto che il livello di litigiosità in Italia è particolarmente elevato. Si tratta di un fenomeno che preoccupa ampiamente gli assicuratori e non interessa solo il campo medico. Nella sola area di Milano sono presenti più avvocati di quanti ve ne siano in tutto il territorio francese, il che è tutto dire, ma non è possibile pensare che i professionisti sanitari esercitino una professione così delicata e impegnativa in un clima di paura, per le continue cause legali o per le aggressioni fisiche. Nel nostro paese coloro che si dedicano alla medicina, come medici, infermieri, Oss e tutti i professionisti che lavorano nelle strutture sanitarie a vario titolo, sono numerosissimi.
Si tratta della macro-categoria professionale più importante, con poco meno di un milione di unità, complessivamente (seguita da ingegneri e, guarda caso, avvocati). Non sono importanti solo perché si dedicano a un lavoro che si colloca al centro degli interessi della nazione, trattandosi di salute pubblica, ma perché producono una fetta importante del reddito del paese e votano. Ed è sorprendente che in Parlamento sembrano non essersene ancora accorti.
INVESTIMENTI IN SANITÀ, ITALIA SOTTO LA MEDIA EUROPEA
La salute è un diritto fondamentale, sancito dalla nostra costituzione e l’accesso alla sanità, sia in termini curativi che preventivi, è uno dei diritti fondamentali riconosciuti dall’Unione europea. Poiché tutti gli stati membri devono garantire servizi gratuiti e di qualità ai propri cittadini, analizzare la spesa sanitaria è un modo per valutare se e in che misura gli stessi vengano erogati.
Secondo uno studio di Openpolis, elaborato su dati forniti da Eurostat e aggiornato al 2021, nel nostro continente esistono molti divari sotto questo aspetto e il nostro paese risulta decisamente inferiore alla media. Mentre nell’Europa occidentale e settentrionale la spesa sanitaria è elevata ed è in buona parte direttamente gestita dallo stato, in quella meridionale e orientale la stessa è ancora bassa e pesa fortemente sulle famiglie. In termini assoluti la Germania è il primo paese nell’Unione europea per spesa sanitaria: con quasi 466 miliardi di euro, su 84,4 milioni di abitanti (dati del 2021). Segue la Francia, con circa 308 miliardi su 68,2 milioni di abitanti: l’Italia ne investe solo 168, su circa 59 milioni di abitanti: si parla in media di circa 3.500 euro per abitante all’anno.
Il divario cambia anche se si considerano le uscite in rapporto al prodotto interno lordo. l’Italia, sfortunatamente, si trova al di sotto della media europea in entrambi i casi: il rapporto tra spesa sanitaria e Pil si attesta, nel nostro paese, al 9,2%, contro una media pari al 10,9%. Le uscite pro capite invece sono di 2.837 euro, inferiori ai citati 3.500 euro.
In tutta Europa la sanità è gestita soprattutto a livello pubblico. Complessivamente oltre l’80% delle uscite in questo settore sono riconducibili a finanziamenti statali, anche se la quota varia, dall’86% della Repubblica Ceca e Lussemburgo, fino al 62% della Grecia. Ma i costi per le famiglie sono notevoli: parliamo in media del 14,5%, ovvero più di 231 miliardi di euro che le famiglie spendono direttamente, senza l’intermediazione di assicurazioni, per ottenere i servizi sanitari di cui hanno bisogno. In Bulgaria e Grecia, ad esempio, la quota di spesa sanitaria che proviene direttamente dalle famiglie pesa per oltre il 33% del totale. L’Italia, con il 21,9%, è comunque ben al di sopra della media Ue, mentre agli ultimi posti si trovano Lussemburgo e Francia, entrambi con l’8,9%.
Tutto questo vuol dire che la sanità non consuma il reddito delle famiglie attraverso il prelievo fiscale, anzi. Una sanità pubblica e decentemente gestita comporta invece un più agiato livello economico delle famiglie, a dispetto di chi crede che il servizio pubblico impoverisca i cittadini, a causa del prelievo fiscale che serve a sostentarlo. I costi del male che interessa il servizio sanitario nazionale, cioè, sono altissimi per ogni settore della società, incluso il comparto assicurativo che, in questo particolare ambito, si è trovato a più riprese coinvolto nelle difficoltà che ben conosciamo.
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