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La sorte del “caso fortuito”

L’ipotesi di evento fortuito è prevista nel nostro Codice Civile, ma essa richiede una serie di verifiche a controprova che rendono molto limitato il ricorso al suo utilizzo

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Che cosa si intende per “caso fortuito”? Come questo evento può determinare una giustificazione nella condotta potenzialmente colpevole di una persona e, ancor più, nella disciplina della responsabilità da circolazione stradale?
Per caso fortuito, nel gergo lessicale, intendiamo una circostanza fortunosa e imprevista che – normalmente – ci porta un beneficio.
Trasferito il concetto in un contesto giuridico, scopriamo invece che lo stesso si riferisce ad un evento che determina la non imputabilità di un individuo accusato di un’azione illecita e di avere quindi arrecato un danno ai terzi od alla collettività.

Ci spieghiamo con un esempio.
Un autotreno viaggia su una strada statale su un rettilineo e con piena visibilità.
Ad un tratto, inspiegabilmente, il mezzo devia la traiettoria e si mette contromano occupando la corsia opposta di marcia, così collidendo con un altro veicolo che viaggiava regolarmente nel proprio senso di marcia.
Ci viene da pensare che il responsabile del sinistro stradale sia il conducente dell’autotreno e così accadrà nella stragrande maggioranza dei casi.
Ma potrebbe capitare che l’improvvisa deviazione del veicolo contromano sia stata causata dalla imprevedibile foratura di una ruota gemellare del pesante autotreno che, facendo perdere aderenza al veicolo, lo abbia costretto ad una deviazione anomala senza che il conducente potesse fare alcunché.
È questa una tipica (diremmo scolastica) ipotesi di caso fortuito.

Proprio per l’assoluta eccezionalità di un evento siffatto è la causa per la quale – nell’ipotesi dell’esempio – la giurisprudenza non attribuisce alcuna colpa al conducente dell’autoveicolo che nulla abbia potuto fare per evitare la manovra inconsulta.

La verifica della casualità

Certo vi sono delle condizioni ben precise poste dalla stessa
magistratura per riconoscere la scusante del “caso fortuito”: occorre cioè che il conducente del veicolo che invochi tale esimente giuridica non abbia minimamente concorso con alcun profilo di negligenza alla determinazione del sinistro.
Così, per rimanere nell’esempio, se il conducente dell’autotreno risulti aver condotto il veicolo pesante con stato psicofisico alterato per avere assunto sostanze alcoliche, ovvero risulti che stesse tenendo una velocità eccessiva rispetto ai limiti ed alle condizioni della strada, nessuna scusante per “caso fortuito” potrà essere invocata.

La giurisprudenza ha sempre sostenuto, infatti, che “il conducente di un veicolo a motore, per liberarsi dalla presunzione di colpa di cui all’art. 2054, comma primo, Cod. Civ., non può limitarsi ad allegare e provare che il sinistro sia stato preceduto dallo scoppio di un pneumatico, ma ha l’onere di provare sia che lo scoppio non sia dovuto a difetto di manutenzione, sia che lo sbandamento seguito allo scoppio sia stato inevitabile ed abbia precluso qualsiasi manovra di emergenza” (così tra tante, Cassazione n. 14959 del 6 settembre 2012).
È questa la regola che regge tutte le ipotesi di scriminante per “caso fortuito”: il conducente del veicolo o l’autore dell’illecito per invocare a propria discolpa di avere agito per la presenza di un fattore esterno imprevedibile ed inevitabile che abbia condizionato il proprio comportamento, deve altresì dimostrare che nessuna censura possa comunque essere sollevata nei confronti della sua condotta, del tutto esente da negligenza ed imprudenza.

Fortuità solo se la condotta è integerrima

Non senza dimenticare che, nel caso della conduzione dei veicoli a motore, sul proprietario grava altresì l’onere previsto dall’ultimo comma dell’art. 2054 C.C. e quindi dovrà dimostrare che anche l’improvviso scoppio del pneumatico non sia a lui imputabile per un difetto di manutenzione del mezzo.
Non potrà quindi essere invocata la scriminante in argomento se, per esempio, lo scoppio fu provocato proprio dal fatto che il pneumatico era fortemente usurato e quindi soggetto a possibile scoppio.
Il conducente dovrà quindi dimostrare che anche la foratura dipese da un fattore esterno non prevedibile (grosso chiodo sulla carreggiata, profonda buca non avvistabile e così via).
Il nostro ordinamento, insomma, limita in modo sensibile le ipotesi in cui l’indagato può invocare come scusante l’esistenza di un fattore causale estraneo alla propria sfera di influenza e di intervento ed è questa la ragione per la quale solo in rarissimi casi il conducente del veicolo stradale sia riuscito a rimanere assolto per una ipotesi fortuita che il nostro ordinamento considera residuale ed altamente improbabile.


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