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La barriera architettonica può determinare un danno risarcibile

La presenza di barriere architettoniche che riducono l’accessibilità ai mezzi di trasporto pubblici ha causato una richiesta di risarcimento al Comune di Milano per discriminazione. Non è un’attenuante l’attività in essere di riduzione degli ostacoli per i disabili

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Il Comune di Milano e l’azienda di trasporti municipalizzata sono stati condannati dal Tribunale di Milano (ordinanza ex art. 702 cpc del 20 novembre 2014) a risarcire i danni non patrimoniali ad un soggetto disabile per non avere predisposto nella fermata di riferimento del portatore di handicap le opportune misure di accessibilità e di abbattimento delle barriere.
I due enti sono altresì stati condannati ad eliminare gli elementi architettonici che impediscono l’accesso alla carrozzina del disabile ed a porre in essere tutti gli accorgimenti necessari al viaggiatore per la salita e discesa dal veicolo pubblico.

La vicenda nasce dal ricorso presentato da un portatore di handicap, il quale lamentava comportamenti discriminatori posti in essere ai propri danni da parte del Comune di Milano e dell'Azienda Trasporti Milanese Servizi s.p.a..
Il ricorrente riferiva, in particolare, alcuni episodi discriminatori subiti nel corso degli ultimi tempi:

  • che il macchinista del convoglio della metropolitana, nonostante le richieste del ricorrente, non si era attivato per far spostare i passeggeri che occupavano lo spazio riservato alle carrozzine, con il risultato che non aveva potuto salire a bordo del treno;
  • che in altra occasione non gli era stato possibile accedere all'autobus in quanto il conducente non era munito della chiave che attivava il meccanismo della pedana di sollevamento delle carrozzine per disabili;
  • che, ancora, alla fermata Stazione Centrale era rimasto bloccato per circa mezz'ora sul servo scala che consente di risalire in superficie;
  • che in altra data, dovendo scendere dal tram alla propria fermata, era stato informato dal conducente che non era possibile attivare la pedana per la discesa in quanto la fermata in questione non era idonea per l'operazione e aveva dovuto attendere circa 25 minuti per scendere dal tram dopo che la centrale operativa aveva autorizzato l'attivazione della pedana e l'unità di pronto intervento era giunta sul posto.

Omissione e discriminazione

Il Comune e la municipalizzata si difendevano contestando la rilevanza di tali fatti come discriminatori.
In esito alla attività istruttoria espletata, dunque, il tribunale di Milano (Giudice Dott.ssa Miccichè) rilevava, nei contesti denunciati, l'inerzia del Comune di Milano, che aveva determinato - e determina tutt'ora - l'impossibilità per il disabile di accedere o scendere dal tram alla fermata.
Tali fatti dunque costituiscono una condotta omissiva che pone il disabile in una posizione di svantaggio rispetto al passeggero normodotato, impedendogli di fatto la discesa dal (e la salita al) tram.

L'illiceità della condotta dell'Amministrazione non viene meno – nota il Tribunale - per il fatto che nel corso degli ultimi anni il Comune di Milano abbia effettuato numerosi interventi viabilistici a favore delle utenze deboli (ivi compresa la manutenzione di scale mobili e montascale) e che l'area di piazza Castello sia interessata da un più ampio progetto di pedonalizzazione che avrà riflessi anche sulla messa a norma della fermata in questione, né tanto meno dal fatto che la linea tranviaria sia completamente idonea alla salita e discesa delle carrozzine con la sola eccezione della fermata del ricorrente.

L’inerzia come causa prima dell’accusa

Se per un verso appare evidente che l'Amministrazione comunale debba gestire con pianificazione unitaria e coerente gli interventi viabilistici – ciò al fine di evitare sprechi di denaro pubblico e continui disagi per gli utenti –, è altresì evidente che il Comune di Milano ben avrebbe potuto realizzare un semplice intervento temporaneo quale una rampa in corrispondenza delle porte del tram, che avrebbe rappresentato un'opera di facile ed economica realizzazione, che certamente non avrebbe importato oneri sproporzionati o eccessivi per il Comune di Milano e che al contempo avrebbe garantito al ricorrente l'esercizio del proprio diritto di muoversi autonomamente.

A mente di quanto sopra osservato l'inerzia del Comune e dell’azienda trasporti, con particolare riguardo al mancato adeguamento della fermata di utilizzo corrente per il disabile costituisce condotta discriminatoria ai danni dello stesso.
Appurato quindi che la gran parte dei comportamenti e degli episodi denunciati dal ricorrente avesse natura discriminatoria, il Tribunale ha condannato non solo le amministrazioni locali a risolvere le carenze strutturali denunciate, ma anche a risarcire i danni non patrimoniali patiti, per la sofferenza arrecata all’attore nella misura di complessivi € 4.000, oltre alle spese legali.




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