Cpi, quando le dichiarazioni sono false
Ai sensi dell’art. 1892, comma 3 C.C., in caso di inesattezze o reticenze dell’assicurato in sede di stipula della polizza, l’assicuratore ha la facoltà di annullare il contratto. Ma esistono alcuni limiti, di carattere temporale e non solo, che ostacolano la possibilità di rifiutare la liquidazione del sinistro
24/07/2015
In materia di polizze Cpi, un aspetto di notevole rilievo nella giurisprudenza riguarda l’insieme delle previsioni contenute nell’art. 1892 del Codice Civile che disciplina i casi in cui l’assicurato abbia rilasciato dichiarazioni inesatte e/o reticenti (con dolo o colpa grave) in sede di stipula del contratto assicurativo.
La norma consente all’assicuratore di tutelarsi in quanto non avrebbe assunto in copertura il rischio o lo avrebbe assunto a condizioni differenti nel caso in cui fosse stato a conoscenza del vero stato delle cose (art. 1892, comma 1). All’assicuratore viene così attribuita la facoltà di annullare il contratto rendendo in tal modo inefficace la copertura e, per contro, dovendone restituire il premio, se non altro nella misura non goduta sino a quel momento. Tale prerogativa è tuttavia assoggettata ad un termine di decadenza di tre mesi dalla scoperta (art. 1892, comma 2) la cui brevità costituisce un primo limite all’utilizzo di questo strumento da parte dell’assicuratore.
Servono prove inconfutabili
Un secondo limite è dovuto al fatto che normalmente l’assicuratore viene a conoscenza delle inesattezze o reticenze solo successivamente al verificarsi del sinistro, ovvero quando l’assicurato, o i suoi eredi richiedono la liquidazione dell’indennizzo e la compagnia esamina i documenti che le pervengono a supporto di tale richiesta. In casi di questo tipo, l’assicuratore nella impugnazione del contratto ai fini del suo annullamento trova migliore tutela nella seconda parte del terzo comma dell’art. 1892 secondo cui “Se il sinistro si verifica prima che sia decorso il termine indicato dal comma precedente [tre mesi dalla scoperta della reticenza, ndr.] egli [l’assicuratore, ndr.] non è tenuto a pagare”.
La previsione consente infatti di rifiutare la liquidazione del sinistro sic et simpliciter evidenziando l’inesattezza o la reticenza nella dichiarazione resa in sede di stipula del contratto (polizza individuale) o di adesione allo stesso (polizza collettiva). Il rifiuto può essere quindi opposto ed eccepito anche in sede giudiziale, con possibilità non remote di vedere accolta una simile linea difensiva da parte del giudice. Occorre naturalmente che l’inesattezza/reticenza nella dichiarazione sia ben dimostrata, mediante documentazione medica e/o consulenza tecnica medico-legale e che essa abbia avuto rilevanza determinante nell’indurre l’assicuratore ad assumere in copertura un rischio che altrimenti avrebbe rifiutato o preso in carico dietro un premio di importo maggiore.
Orientamenti favorevoli da parte dei Tribunali
Va certamente tenuto in conto che, di fronte ad un’eccezione di questo tipo, l’assicurato, i suoi eredi o gli aventi diritto potranno replicare che in realtà non si possa parlare di vere e proprie inesattezze o falsità ma di semplici divergenze interpretative dovute all’assenza o ad una non gravità dei sintomi accusati prima della decorrenza della copertura. Accade spesso, infatti, di assistere a controdeduzioni basate sull’assunto che in realtà l’assicurando “si sentiva bene”, “godeva di buona salute” o “aveva un tenore di vita assolutamente normale” o simili.
Quando però l’eccezione dell’assicuratore è ben documentata e l’inesattezza o reticenza ha assunto rilevanza determinante ai fini del consenso dell’assicuratore stesso, questi può avere, come si è detto, possibilità non trascurabili di uscire vittorioso in sede contenziosa. A tale proposito può risultare interessante, per quel che concerne la colpa grave, quanto stabilito dal Tribunale di Milano, Sez. XII, secondo cui: “Essendo la compagnia venuta a conoscenza della reticenza delle dichiarazioni solo dopo il sinistro, ne risulta che non è tenuta, ai sensi dell’art. 1892 c.c., ad adempiere alla sua obbligazione”; orientamento condiviso anche dal Tribunale di Napoli, Sez. XII, secondo cui “può ritenersi sussistente la coscienza del valore determinante della dichiarazione reticente o falsa sul consenso dell’altra parte, qualora, come nel caso di specie, l’assicurato abbia avuto contezza che lo stato di salute influiva sulla validità dell’assicurazione […] il cattivo stato di salute non può certamente ritenersi indifferente per l’assicuratore […] è legittimo il rifiuto della compagnia convenuta di corrispondere l’indennizzo di cui è causa”. Sotto altro profilo il Tribunale di Velletri, Sez. II, ha recentemente stabilito che: “…la colpa grave può invece desumersi ex art. 2727 c.c. dalla natura degli accertamenti compiuti dall’attrice e sottaciuti all’assicuratore che certamente non potevano essere stati “dimenticati” al momento della stipula. Poiché il contratto di assicurazione si fonda, nella descrizione del rischio sulla massima buona fede dell’assicurando, questi ha l’obbligo di riferire all’assicuratore qualsiasi circostanza astrattamente idonea ad incidere sul rischio: sicché è in colpa l’assicurato quando, […] ometta di riferire degli accertamenti che per causa vicinanza temporale ed esami eseguiti non possano considerarsi un fatto routinario. Sussiste quindi la colpa grave dell’assicurato e la domanda […] va dunque rigettata, non essendo tenuto l’assicuratore, a pagare l’indennizzo ai sensi dell’art. 1892 c.c.”.
Polizze, evitare le compilazioni frettolose
Si conclude che situazioni di questo tipo risultano assai diffuse, molto più di quanto non si possa pensare. Non è raro, infatti, che l’assicuratore realizzi ex post che la stipula della, o l’adesione alla polizza sia stata accompagnata dal rilascio da parte dell’assicurando di false dichiarazioni di buono stato di salute o dalla compilazione inesatta di questionari medici. Pertanto anche in assenza di un dolo specifico, sicuramente rilevante, semplici sviste nella compilazione o sottoscrizioni frettolose acquistano rilevanza di colpa grave e possono precludere il diritto alla liquidazione dell’indennizzo. Tale evenienza va senz’altro evidenziata all’assicurando mediante apposite avvertenze da riportare tanto nel fascicolo informativo, quanto nel certificato di polizza o modulo di adesione, senza trascurare il ruolo dell’intermediario che deve senz’altro mettere l’assicurando in condizione di comprendere, bene, quale sia l’importanza della veridicità della dichiarazione e delle conseguenze di dichiarazioni che non corrispondano al vero.
La norma consente all’assicuratore di tutelarsi in quanto non avrebbe assunto in copertura il rischio o lo avrebbe assunto a condizioni differenti nel caso in cui fosse stato a conoscenza del vero stato delle cose (art. 1892, comma 1). All’assicuratore viene così attribuita la facoltà di annullare il contratto rendendo in tal modo inefficace la copertura e, per contro, dovendone restituire il premio, se non altro nella misura non goduta sino a quel momento. Tale prerogativa è tuttavia assoggettata ad un termine di decadenza di tre mesi dalla scoperta (art. 1892, comma 2) la cui brevità costituisce un primo limite all’utilizzo di questo strumento da parte dell’assicuratore.
Servono prove inconfutabili
Un secondo limite è dovuto al fatto che normalmente l’assicuratore viene a conoscenza delle inesattezze o reticenze solo successivamente al verificarsi del sinistro, ovvero quando l’assicurato, o i suoi eredi richiedono la liquidazione dell’indennizzo e la compagnia esamina i documenti che le pervengono a supporto di tale richiesta. In casi di questo tipo, l’assicuratore nella impugnazione del contratto ai fini del suo annullamento trova migliore tutela nella seconda parte del terzo comma dell’art. 1892 secondo cui “Se il sinistro si verifica prima che sia decorso il termine indicato dal comma precedente [tre mesi dalla scoperta della reticenza, ndr.] egli [l’assicuratore, ndr.] non è tenuto a pagare”.
La previsione consente infatti di rifiutare la liquidazione del sinistro sic et simpliciter evidenziando l’inesattezza o la reticenza nella dichiarazione resa in sede di stipula del contratto (polizza individuale) o di adesione allo stesso (polizza collettiva). Il rifiuto può essere quindi opposto ed eccepito anche in sede giudiziale, con possibilità non remote di vedere accolta una simile linea difensiva da parte del giudice. Occorre naturalmente che l’inesattezza/reticenza nella dichiarazione sia ben dimostrata, mediante documentazione medica e/o consulenza tecnica medico-legale e che essa abbia avuto rilevanza determinante nell’indurre l’assicuratore ad assumere in copertura un rischio che altrimenti avrebbe rifiutato o preso in carico dietro un premio di importo maggiore.
Orientamenti favorevoli da parte dei Tribunali
Va certamente tenuto in conto che, di fronte ad un’eccezione di questo tipo, l’assicurato, i suoi eredi o gli aventi diritto potranno replicare che in realtà non si possa parlare di vere e proprie inesattezze o falsità ma di semplici divergenze interpretative dovute all’assenza o ad una non gravità dei sintomi accusati prima della decorrenza della copertura. Accade spesso, infatti, di assistere a controdeduzioni basate sull’assunto che in realtà l’assicurando “si sentiva bene”, “godeva di buona salute” o “aveva un tenore di vita assolutamente normale” o simili.
Quando però l’eccezione dell’assicuratore è ben documentata e l’inesattezza o reticenza ha assunto rilevanza determinante ai fini del consenso dell’assicuratore stesso, questi può avere, come si è detto, possibilità non trascurabili di uscire vittorioso in sede contenziosa. A tale proposito può risultare interessante, per quel che concerne la colpa grave, quanto stabilito dal Tribunale di Milano, Sez. XII, secondo cui: “Essendo la compagnia venuta a conoscenza della reticenza delle dichiarazioni solo dopo il sinistro, ne risulta che non è tenuta, ai sensi dell’art. 1892 c.c., ad adempiere alla sua obbligazione”; orientamento condiviso anche dal Tribunale di Napoli, Sez. XII, secondo cui “può ritenersi sussistente la coscienza del valore determinante della dichiarazione reticente o falsa sul consenso dell’altra parte, qualora, come nel caso di specie, l’assicurato abbia avuto contezza che lo stato di salute influiva sulla validità dell’assicurazione […] il cattivo stato di salute non può certamente ritenersi indifferente per l’assicuratore […] è legittimo il rifiuto della compagnia convenuta di corrispondere l’indennizzo di cui è causa”. Sotto altro profilo il Tribunale di Velletri, Sez. II, ha recentemente stabilito che: “…la colpa grave può invece desumersi ex art. 2727 c.c. dalla natura degli accertamenti compiuti dall’attrice e sottaciuti all’assicuratore che certamente non potevano essere stati “dimenticati” al momento della stipula. Poiché il contratto di assicurazione si fonda, nella descrizione del rischio sulla massima buona fede dell’assicurando, questi ha l’obbligo di riferire all’assicuratore qualsiasi circostanza astrattamente idonea ad incidere sul rischio: sicché è in colpa l’assicurato quando, […] ometta di riferire degli accertamenti che per causa vicinanza temporale ed esami eseguiti non possano considerarsi un fatto routinario. Sussiste quindi la colpa grave dell’assicurato e la domanda […] va dunque rigettata, non essendo tenuto l’assicuratore, a pagare l’indennizzo ai sensi dell’art. 1892 c.c.”.
Polizze, evitare le compilazioni frettolose
Si conclude che situazioni di questo tipo risultano assai diffuse, molto più di quanto non si possa pensare. Non è raro, infatti, che l’assicuratore realizzi ex post che la stipula della, o l’adesione alla polizza sia stata accompagnata dal rilascio da parte dell’assicurando di false dichiarazioni di buono stato di salute o dalla compilazione inesatta di questionari medici. Pertanto anche in assenza di un dolo specifico, sicuramente rilevante, semplici sviste nella compilazione o sottoscrizioni frettolose acquistano rilevanza di colpa grave e possono precludere il diritto alla liquidazione dell’indennizzo. Tale evenienza va senz’altro evidenziata all’assicurando mediante apposite avvertenze da riportare tanto nel fascicolo informativo, quanto nel certificato di polizza o modulo di adesione, senza trascurare il ruolo dell’intermediario che deve senz’altro mettere l’assicurando in condizione di comprendere, bene, quale sia l’importanza della veridicità della dichiarazione e delle conseguenze di dichiarazioni che non corrispondano al vero.
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