Delimitare il rischio si può
Non possono essere considerate vessatorie le clausole che circoscrivono l’oggetto della garanzia prestata sotto il profilo temporale. Secondo una recente sentenza del giudice di merito di Roma, queste specificano il contenuto e i limiti della copertura assicurativa
02/02/2016
Spesso, si ritiene (erroneamente) che la delimitazione dell’oggetto della prestazione assicurativa debba ricadere all’interno dell’alveo delle clausole vessatorie ex art. 1341 c.c., confondendo il concetto di delimitazione del rischio con quello di limitazione dell’oggetto.
In realtà, il contratto assicurativo è individuato anche dal disposto degli artt. 1882 e 1905 c.c., i quali prevedono quale suo elemento essenziale, i limiti dell’obbligazione indennitaria dell’assicuratore, rimettendo all’autonomia privata la concreta determinazione di tali limitazioni.
Ciò che contraddistingue dalle altre le clausole che definiscono l’oggetto del contratto di assicurazione, è il preciso riferimento ad uno o più aspetti dell’evento dannoso (modalità di accadimento, ammontare dell’indennizzo, identità del danneggiato, causa o tipologia del danno, tempo di verificazione ed altri ancora), mentre debbono ritenersi limitative della responsabilità dell’assicuratore quelle clausole che fanno riferimento ad elementi di fatto estranei all’evento dannoso stesso (e ricadono, quindi, nella previsione degli artt. 1229 e 1341 c.c.).
Così, in un recente caso trattato, il giudice di merito di Roma ha rigettato la domanda dell’assicurato che eccepiva l’asserita vessatorietà di una clausola che escludeva dalla copertura assicurativa le richieste di risarcimento pervenute all'assicurato, per effetto di errate analisi strumentali, trascorsi tre anni dalla consegna degli elaborati ai clienti.
Specificare il rischio garantito
Il giudice di merito - in linea con quanto già chiarito in passato dalla Suprema Corte con sentenza n. 10619/2012 - ha escluso che soggiacciano al regime previsto dal comma 2 dell’art. 1341 c.c., le clausole che riguardano il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa, in quanto meramente atte a specificare il rischio garantito.
Dunque, al momento della redazione del contratto assicurativo, va considerato che non hanno carattere vessatorio quelle clausole che mirano soltanto a delimitare l'oggetto della garanzia prestata sotto il profilo temporale, fissando, ad esempio, la durata entro cui i rischi restano assicurati, o, ancora, il tetto massimo di indennizzo. Tali clausole, dunque, riguardano il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, specificano il rischio garantito (cfr., Cass. 16 marzo 2012, n. 4254 e Cass. 7 aprile 2010, n. 8235).
La vessatorietà, solo nei contratti unilaterali
In particolare, essendo siffatta clausola contenuta nelle condizioni particolari di polizza - specificamente approntate per l'assicurato/contraente e non contenute in un modulo e formulario già predisposto, bensì in un foglio firmato in originale anche dal contraente - non necessita di una espressa doppia sottoscrizione. In materia, i giudici di legittimità sono chiari nel ritenere che la vessatorietà ex art. 1341 c.c., comma 2, attiene a contratti unilateralmente predisposti da un contraente in base a moduli o formulari in vista dell'utilizzazione per una serie indefinita di rapporti, senza che all'altro contraente sia utilmente consentito di richiedere e apportare eventuali modifiche con riferimento alla specifica vicenda contrattuale, dopo averne apprezzato il contenuto (cfr. Cass. n. 3184/2006; Cass. n. 4241/2003).
Così, ad esempio, qualora si volesse fornire protezione contro gli infortuni (generalmente morte e invalidità permanente grave), appare pienamente valida, anche se non doppiamente sottoscritta, la clausola che limiti la somma assicurata, al saldo in linea capitale e interessi risultante dalle evidenze contabili del contraente al giorno precedente a quello in cui si è verificato l'infortunio. Essendo altresì consigliabile precisare, ad esempio, che l'ammontare dell'indennizzo è pari alla somma assicurata, con il massimo di € *** per ogni rapporto. Qualora risultino in essere più rapporti intestati alla medesima persona, la somma degli indennizzi non potrà essere comunque superiore ad € *** complessivi.
In realtà, il contratto assicurativo è individuato anche dal disposto degli artt. 1882 e 1905 c.c., i quali prevedono quale suo elemento essenziale, i limiti dell’obbligazione indennitaria dell’assicuratore, rimettendo all’autonomia privata la concreta determinazione di tali limitazioni.
Ciò che contraddistingue dalle altre le clausole che definiscono l’oggetto del contratto di assicurazione, è il preciso riferimento ad uno o più aspetti dell’evento dannoso (modalità di accadimento, ammontare dell’indennizzo, identità del danneggiato, causa o tipologia del danno, tempo di verificazione ed altri ancora), mentre debbono ritenersi limitative della responsabilità dell’assicuratore quelle clausole che fanno riferimento ad elementi di fatto estranei all’evento dannoso stesso (e ricadono, quindi, nella previsione degli artt. 1229 e 1341 c.c.).
Così, in un recente caso trattato, il giudice di merito di Roma ha rigettato la domanda dell’assicurato che eccepiva l’asserita vessatorietà di una clausola che escludeva dalla copertura assicurativa le richieste di risarcimento pervenute all'assicurato, per effetto di errate analisi strumentali, trascorsi tre anni dalla consegna degli elaborati ai clienti.
Specificare il rischio garantito
Il giudice di merito - in linea con quanto già chiarito in passato dalla Suprema Corte con sentenza n. 10619/2012 - ha escluso che soggiacciano al regime previsto dal comma 2 dell’art. 1341 c.c., le clausole che riguardano il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa, in quanto meramente atte a specificare il rischio garantito.
Dunque, al momento della redazione del contratto assicurativo, va considerato che non hanno carattere vessatorio quelle clausole che mirano soltanto a delimitare l'oggetto della garanzia prestata sotto il profilo temporale, fissando, ad esempio, la durata entro cui i rischi restano assicurati, o, ancora, il tetto massimo di indennizzo. Tali clausole, dunque, riguardano il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, specificano il rischio garantito (cfr., Cass. 16 marzo 2012, n. 4254 e Cass. 7 aprile 2010, n. 8235).
La vessatorietà, solo nei contratti unilaterali
In particolare, essendo siffatta clausola contenuta nelle condizioni particolari di polizza - specificamente approntate per l'assicurato/contraente e non contenute in un modulo e formulario già predisposto, bensì in un foglio firmato in originale anche dal contraente - non necessita di una espressa doppia sottoscrizione. In materia, i giudici di legittimità sono chiari nel ritenere che la vessatorietà ex art. 1341 c.c., comma 2, attiene a contratti unilateralmente predisposti da un contraente in base a moduli o formulari in vista dell'utilizzazione per una serie indefinita di rapporti, senza che all'altro contraente sia utilmente consentito di richiedere e apportare eventuali modifiche con riferimento alla specifica vicenda contrattuale, dopo averne apprezzato il contenuto (cfr. Cass. n. 3184/2006; Cass. n. 4241/2003).
Così, ad esempio, qualora si volesse fornire protezione contro gli infortuni (generalmente morte e invalidità permanente grave), appare pienamente valida, anche se non doppiamente sottoscritta, la clausola che limiti la somma assicurata, al saldo in linea capitale e interessi risultante dalle evidenze contabili del contraente al giorno precedente a quello in cui si è verificato l'infortunio. Essendo altresì consigliabile precisare, ad esempio, che l'ammontare dell'indennizzo è pari alla somma assicurata, con il massimo di € *** per ogni rapporto. Qualora risultino in essere più rapporti intestati alla medesima persona, la somma degli indennizzi non potrà essere comunque superiore ad € *** complessivi.
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