Sanità: chieste nuove precisazioni sul ddl 2224
La 12esima Commissione Igiene e sanità del Senato ha raccolto le audizioni sul disegno di legge dedicato alla responsabilità professionale del personale sanitario: tra queste le osservazioni di Responsabilitasanitaria.it
25/05/2016
Si è completata il 13 aprile la lunga serie di audizioni presso la 12esima Commissione “Igiene e Sanità” del Senato nell’ambito dell’esame del Ddl n. 2224 in tema di Responsabilità Sanitaria, già approvato alla Camera dei Deputati ed ora all’esame del secondo ramo del Parlamento.
L’audizione che ha aperto i lavori dell’ultima giornata, impegnando i Senatori membri della Commissione, è stata riservata ai rappresentanti dell’associazione Responsabilitasanitaria.it, che aveva già precedentemente depositato il proprio documento consultivo contenente una articolata serie di commenti e suggerimenti al Ddl in questione.
Umberto Genovese, RC Medicina Legale e delle Assicurazioni dell’Università Statale di Milano, Filippo Martini e Marco Rodolfi, dello Studio Mrv di Milano, Attilio Steffano, broker di assicurazioni e ceo di Assimedici, Mario Vatta, broker di assicurazioni e studioso di Sociologia del Rischio, si sono soffermati su alcuni degli aspetti critici del testo di legge già approvato alla Camera, sintetizzando alcuni suggerimenti pratici e sostanziali nell’ottica di un possibile miglioramento del provvedimento in discussione.
Responsabilitasanitaria.it è una associazione, apartitica e aconfessionale, che non persegue fini di lucro, né sindacali, avendo come obiettivo primario le finalità educative in ambito socio-sanitario. Essa coopera da anni con l’Università degli Studi di Milano nell’attività formazione e in quella convegnistica. In particolare l’associazione si propone di promuovere e favorire lo sviluppo della ricerca tecnico-scientifica nell'ambito della responsabilità professionale e del danno alla persona, progettando e promuovendo convegni, seminari, pubblicazioni scientifiche al fine di garantire la miglior qualità formativa nell’ottica e delle regole dei piani sanitari nazionali e regionali.
Con questa esperienza dottrinale ed accademica sono stati portati alla attenzione dei senatori in Commissione alcuni aspetti che a giudizio dei referenti risultano critici della manovra in discussione, suggerendo evoluzioni emendative che rendano efficace la disciplina anche in tali passaggi.
I rischi di un contenzioso parallelo
Tra i molti temi affrontati, si è voluto fermare l’attenzione sulle criticità della norma legata all’azione contro i responsabili del danno sanitario, con particolare riferimento alla esperibilità dell’azione di rivalsa delle strutture verso i medici (nei limiti dell’atto doloso o della colpa grave) solo dopo che la struttura stessa abbia pagato il danno in sentenza, ovvero per accordo stragiudiziale (art. 9).
La criticità dell’impianto della norma (pur condivisa nella scelta di canalizzare il contenzioso verso la dialettica danneggiato – struttura), rischia invece di generare un doppio binario nella disciplina della responsabilità e del contenzioso.
Ove, infatti, il presunto danneggiato agisca verso la sola struttura, non sussistono questioni: il meccanismo previsto consentirà all’azienda di recedere parte del proprio debito risarcitorio una volta consolidatosi il titolo (giudiziale o stragiudiziale) nei confronti della vittima accertata dell’errore clinico.
Ma se il danneggiato intenda agire contestualmente (avvalendosi dei principi propri della responsabilità solidale tra coobbligati) nei confronti della struttura e del (o dei) medico coinvolto, si verrà a creare una dicotomia di disciplina sostanziale e procedurale difficilmente compatibile con le regole del sistema.
In questo caso appena delineato (che per Responsabilitasanitaria.it risulta tutt’altro che improbabile, specie se si tiene conto che il medico potrebbe essere dotato di coperture assicurative persino più efficaci di quelle della struttura) i limiti sostanziali (danno risarcibile pari al triplo della retribuzione lorda annua) e quelli procedurali (decadenze temporali e condizioni di azionabilità della domanda di rivalsa) non saranno predicabili in giudizio, con la conseguenza che il medico sarà esposto per l’intero in solido con la struttura.
Limitare il diritto di rivalsa
Il suggerimento è stato quello di introdurre un meccanismo per il quale solo l’azienda sanitaria abbia diritto di agire (in rivalsa e secondo i limiti previsti dall’articolo in discussione) verso il medico operatore coinvolto nella vicenda. In questo modo verrebbe ad essere determinata per legge l’unicità dell’azione risarcitoria, canalizzata nei confronti della sola struttura, mantenendo coerenza applicativa della disciplina sostanziale e processuale.
Altre criticità dell’art. 9 sono state evidenziate nella sottrazione dell’azione di rivalsa verso il medico dipendente della struttura pubblica alla giurisdizione della Corte dei Conti (che non appare conforme a dettami costituzionali ed ordinamentali della specialità della giurisdizione stessa) e nel limite di tre annualità lorde quale tetto patrimoniale alla rivalsa verso l’esercente che potrebbe risultare spesso incongruente. Qui il suggerimento è stato quello di introdurre un tetto minimo alla azione di rivalsa ed uno massimo pari alle dette tre annualità lorde.
Più regole per definire il mercato delle coperture
Anche il contenuto dell’art. 10 è stato oggetto di osservazioni, laddove si propone di disciplinare in dettaglio l’obbligo assicurativo per la copertura dei danni cagionati ai pazienti, non solo in capo all’esercente la professione sanitaria, ma anche questa volta in capo alle strutture, le quali sono tenute a divulgare in internet i dati delle proprie garanzie ed il loro contenuto.
In verità, si è osservato durante l’audizione che, mentre non sussistono allo stato attuale insormontabili resistenze verso l’assunzione di rischi riferiti alle coperture dei singoli operatori sanitari (siano essi dipendenti o non delle strutture) rispetto alle rispettive specificità di garanzie richiedibili, continuano in tutta la loro già nota persistenza le rigidità antagoniste all’assunzione dei rischi legati alle strutture sanitarie.
Ciò, ha sostenuto Mario Vatta, non deriva certamente da condizioni genericamente pregiudiziali da parte delle compagnie assicuratrici, bensì da combinate incompatibilità derivanti, ad esempio:
La “misura analoga” può non proteggere
Una potenziale criticità nella norma è stata allora evidenziata (pur in assenza del Decreto Ministeriale che disciplinerà vigilanza ed i requisiti minimi delle polizze), nella previsione per le aziende, in alternativa alla copertura assicurativa, di dotarsi “di altre analoghe misure per la responsabilità civile verso terzi e verso prestatori d’opera”.
Tale locuzione – che attiene alla facoltà delle aziende di riservare risorse finanziarie ai fini risarcitori in luogo dell’attivazione di una copertura assicurativa – ove non porti ad una disciplina regolamentare rigida delle stesse procedure di ritenzione finanziaria in capo alle strutture, determinerebbe una minor tutela a favore dei danneggiati ed un’alea finanziaria sulla stessa azienda.
L’audizione che ha aperto i lavori dell’ultima giornata, impegnando i Senatori membri della Commissione, è stata riservata ai rappresentanti dell’associazione Responsabilitasanitaria.it, che aveva già precedentemente depositato il proprio documento consultivo contenente una articolata serie di commenti e suggerimenti al Ddl in questione.
Umberto Genovese, RC Medicina Legale e delle Assicurazioni dell’Università Statale di Milano, Filippo Martini e Marco Rodolfi, dello Studio Mrv di Milano, Attilio Steffano, broker di assicurazioni e ceo di Assimedici, Mario Vatta, broker di assicurazioni e studioso di Sociologia del Rischio, si sono soffermati su alcuni degli aspetti critici del testo di legge già approvato alla Camera, sintetizzando alcuni suggerimenti pratici e sostanziali nell’ottica di un possibile miglioramento del provvedimento in discussione.
Responsabilitasanitaria.it è una associazione, apartitica e aconfessionale, che non persegue fini di lucro, né sindacali, avendo come obiettivo primario le finalità educative in ambito socio-sanitario. Essa coopera da anni con l’Università degli Studi di Milano nell’attività formazione e in quella convegnistica. In particolare l’associazione si propone di promuovere e favorire lo sviluppo della ricerca tecnico-scientifica nell'ambito della responsabilità professionale e del danno alla persona, progettando e promuovendo convegni, seminari, pubblicazioni scientifiche al fine di garantire la miglior qualità formativa nell’ottica e delle regole dei piani sanitari nazionali e regionali.
Con questa esperienza dottrinale ed accademica sono stati portati alla attenzione dei senatori in Commissione alcuni aspetti che a giudizio dei referenti risultano critici della manovra in discussione, suggerendo evoluzioni emendative che rendano efficace la disciplina anche in tali passaggi.
I rischi di un contenzioso parallelo
Tra i molti temi affrontati, si è voluto fermare l’attenzione sulle criticità della norma legata all’azione contro i responsabili del danno sanitario, con particolare riferimento alla esperibilità dell’azione di rivalsa delle strutture verso i medici (nei limiti dell’atto doloso o della colpa grave) solo dopo che la struttura stessa abbia pagato il danno in sentenza, ovvero per accordo stragiudiziale (art. 9).
La criticità dell’impianto della norma (pur condivisa nella scelta di canalizzare il contenzioso verso la dialettica danneggiato – struttura), rischia invece di generare un doppio binario nella disciplina della responsabilità e del contenzioso.
Ove, infatti, il presunto danneggiato agisca verso la sola struttura, non sussistono questioni: il meccanismo previsto consentirà all’azienda di recedere parte del proprio debito risarcitorio una volta consolidatosi il titolo (giudiziale o stragiudiziale) nei confronti della vittima accertata dell’errore clinico.
Ma se il danneggiato intenda agire contestualmente (avvalendosi dei principi propri della responsabilità solidale tra coobbligati) nei confronti della struttura e del (o dei) medico coinvolto, si verrà a creare una dicotomia di disciplina sostanziale e procedurale difficilmente compatibile con le regole del sistema.
In questo caso appena delineato (che per Responsabilitasanitaria.it risulta tutt’altro che improbabile, specie se si tiene conto che il medico potrebbe essere dotato di coperture assicurative persino più efficaci di quelle della struttura) i limiti sostanziali (danno risarcibile pari al triplo della retribuzione lorda annua) e quelli procedurali (decadenze temporali e condizioni di azionabilità della domanda di rivalsa) non saranno predicabili in giudizio, con la conseguenza che il medico sarà esposto per l’intero in solido con la struttura.
Limitare il diritto di rivalsa
Il suggerimento è stato quello di introdurre un meccanismo per il quale solo l’azienda sanitaria abbia diritto di agire (in rivalsa e secondo i limiti previsti dall’articolo in discussione) verso il medico operatore coinvolto nella vicenda. In questo modo verrebbe ad essere determinata per legge l’unicità dell’azione risarcitoria, canalizzata nei confronti della sola struttura, mantenendo coerenza applicativa della disciplina sostanziale e processuale.
Altre criticità dell’art. 9 sono state evidenziate nella sottrazione dell’azione di rivalsa verso il medico dipendente della struttura pubblica alla giurisdizione della Corte dei Conti (che non appare conforme a dettami costituzionali ed ordinamentali della specialità della giurisdizione stessa) e nel limite di tre annualità lorde quale tetto patrimoniale alla rivalsa verso l’esercente che potrebbe risultare spesso incongruente. Qui il suggerimento è stato quello di introdurre un tetto minimo alla azione di rivalsa ed uno massimo pari alle dette tre annualità lorde.
Più regole per definire il mercato delle coperture
Anche il contenuto dell’art. 10 è stato oggetto di osservazioni, laddove si propone di disciplinare in dettaglio l’obbligo assicurativo per la copertura dei danni cagionati ai pazienti, non solo in capo all’esercente la professione sanitaria, ma anche questa volta in capo alle strutture, le quali sono tenute a divulgare in internet i dati delle proprie garanzie ed il loro contenuto.
In verità, si è osservato durante l’audizione che, mentre non sussistono allo stato attuale insormontabili resistenze verso l’assunzione di rischi riferiti alle coperture dei singoli operatori sanitari (siano essi dipendenti o non delle strutture) rispetto alle rispettive specificità di garanzie richiedibili, continuano in tutta la loro già nota persistenza le rigidità antagoniste all’assunzione dei rischi legati alle strutture sanitarie.
Ciò, ha sostenuto Mario Vatta, non deriva certamente da condizioni genericamente pregiudiziali da parte delle compagnie assicuratrici, bensì da combinate incompatibilità derivanti, ad esempio:
- da appesantite storie statistiche di sinistri subiti dalle strutture,
- da pretese giustificabili da parte delle compagnie di introduzione di franchigie, limiti di risarcimento e altri strumenti di contenimento ed esclusione del risarcimento stesso,
- da premi di assicurazione ritenuti dalle singole aziende di soggettiva insostenibilità all’interno dei propri bilanci.
La “misura analoga” può non proteggere
Una potenziale criticità nella norma è stata allora evidenziata (pur in assenza del Decreto Ministeriale che disciplinerà vigilanza ed i requisiti minimi delle polizze), nella previsione per le aziende, in alternativa alla copertura assicurativa, di dotarsi “di altre analoghe misure per la responsabilità civile verso terzi e verso prestatori d’opera”.
Tale locuzione – che attiene alla facoltà delle aziende di riservare risorse finanziarie ai fini risarcitori in luogo dell’attivazione di una copertura assicurativa – ove non porti ad una disciplina regolamentare rigida delle stesse procedure di ritenzione finanziaria in capo alle strutture, determinerebbe una minor tutela a favore dei danneggiati ed un’alea finanziaria sulla stessa azienda.
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ddl 2224,
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