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Risarcimento diretto e pluralità di veicoli: la Cassazione va oltre la Card

La Suprema Corte afferma un principio tutt’altro che ovvio e che, anzi, era disatteso dalla prassi quotidiana della liquidazione dei sinistri. Il commento dell’ordinanza del 7 febbraio scorso dell'avvocato Maurizio Hazan, managing partner dello Studio legale Taurini-Hazan

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(SECONDA PARTE)

Perché si possa dar luogo a indennizzo diretto, dunque, ci dovremmo trovare, secondo tale tesi, innanzi a un’ipotesi secca di scontro tra due veicoli, le cui cause sono esclusivamente ascrivibili a uno o entrambi i veicoli coinvolti.
Tale soluzione non pareva, invero, convincente, dal momento che il sistema di indennizzo diretto prevede in maniera assolutamente pacifica che l’assicuratore del danneggiante possa talvolta essere costretto a definire i rapporti con i danneggiati in modo non unitario: si pensi al caso del danno occorso anche al terzo trasportato, quando questi si sia trovato a bordo del veicolo del danneggiato/vettore. E si ponga attenzione, ancora, all’ipotesi in cui da un medesimo sinistro siano derivati danni al veicolo, danni alla persona del conducente (diverso dal proprietario) e a cose trasportate di sua proprietà. Ebbene, le tre partite di danno potrebbero del tutto normalmente essere regolate in tempi diversi e in modo non unitario, attesa la diversità dei soggetti danneggiati e considerati i differenti termini di proponibilità previsti per i danni a cose e i danni a persone.

Coinvolti i non responsabili
A parere di chi scrive, dunque, la posizione della Cassazione è certamente da preferirsi: quel che rileva non è il fatto in sé dell’eventuale coinvolgimento nel sinistro di altri veicoli bensì la qualificazione di tale coinvolgimento, dovendosi distinguere se lo stesso sia o meno rilevante sul piano causale. Solo in caso affermativo (laddove, cioè, nel sinistro siano stati coinvolti anche uno o più ulteriori veicoli corresponsabili) dovremo escludere l’applicazione dell’articolo 149 del Codice delle assicurazioni.
La procedura diretta sarà dunque perfettamente applicabile nell’ipotesi di coinvolgimento meramente materiale di altri veicoli o altri soggetti non responsabili: si pensi al caso di una vettura regolarmente parcheggiata, o di un pedone, che abbiano patito danni a seguito della collisione tra altri due veicoli. Ebbene in tali casi il ruolo assunto nella dinamica del sinistro dalla vettura o dal pedone incolpevole è del tutto equiparabile a quello (assolutamente neutrale) ricoperto dal terzo trasportato, la cui eventuale domanda risarcitoria, svolta ai sensi e per gli effetti dell’articolo 141 del Cap nei confronti dell’assicuratore del veicolo vettore, non interferisce (per espressa previsione dell’articolo 3 del decreto attuativo) con l’indennizzo diretto.
I limiti applicativi
Nel caso, poi, in cui una vettura abbia cagionato, con una medesima manovra, due danni a due diversi veicoli (magari entrambi fermi a un semaforo), ci troveremmo di fronte a un sinistro con tre mezzi coinvolti e, potenzialmente, con due diverse procedure d’indennizzo diretto esperibili, l’una indipendente dall’altra, nei confronti di due distinte imprese gestionarie (ferma l’unicità del responsabile e della sua compagnia assicuratrice, in veste di debitrice). La soluzione del problema sta, dunque, nella disamina dei presupposti eziologici di applicabilità della procedura di risarcimento diretto. Ma vi è di più.
Andando anche oltre a quanto statuito dalla Suprema Corte si potrebbe sostenere, in termini più generali, che l’indennizzo diretto non sia applicabile in tutti i casi in cui la responsabilità di un sinistro che ha coinvolto due veicoli a motore possa essere concorsualmente ascritta anche a soggetti diversi dai loro conducenti (siano essi conducenti di altri veicoli non a motore, semplici pedoni o altri terzi). In tali ipotesi, i criteri di ricostruzione eziologica previsti dall’articolo 12 del decreto attuativo, concepiti nell’ambito di un riparto bipolare e cioè limitato ai due conducenti coinvolti nel sinistro, faticherebbero a trovare una razionale applicazione.
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Un caso pratico
Pensiamo a un caso materiale: il veicolo A tampona il veicolo B, fermo al semaforo, dopo aver compiuto una (non ottimale) manovra di emergenza per evitare un ciclista che gli ha improvvisamente tagliato la strada. Se l’incidente fosse, come parrebbe, ascrivibile sia al conducente del veicolo tamponante che al ciclista (in via tra loro solidale ex articolo 2055 del Codice civile) verrebbe da chiedersi come (applicando l’indennizzo diretto) dar corso ai meccanismi di regresso tra condebitori solidali. Chi avrebbe titolo: l’impresa gestionaria, quella debitrice (nei limiti del forfait) o entrambe pro quota?
Qui, davvero, esigenze di semplificazione parrebbero prevalere, inducendo a render preferibile che il pagamento sia fatto da chi, essendo davvero responsabile, possa poi a titolo proprio agire in via di regresso verso il corresponsabile terzo.

Card da aggiornare
Si tratta, tuttavia, di una conclusione non testualmente autorizzata dalla legge, a differenza di quella fatta propria dalla Cassazione. Quel che, invece, oggi senza tema di smentita può già affermarsi è che, diversamente da quanto previsto dalla Card (che dovrà essere ragionevolmente aggiornata sul punto), l’accesso alla procedura è possibile anche nei casi in cui lo scontro abbia riguardato ulteriori veicoli, purché agli stessi non sia ascrivibile alcuna corresponsabilità nella causazione del sinistro.
Vi è, in fine, da chiedersi se maggior flessibilità applicativa possa esser suggerita laddove il terzo veicolo corresponsabile sia assicurato presso quella stessa impresa assicuratrice che, laddove si fosse trattato di indennizzo diretto, avrebbe assunto la veste di debitrice. In questo caso il rapporto tra compagnie potrebbe rimaner rigorosamente bipolare, ragion per la quale, sul piano opportunistico, l’accesso alla procedura diretta potrebbe non esser affatto disdicevole.

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