Polizze Tampering: assicurare la contaminazione degli alimenti
L’esposizione più insidiosa che il settore food & wine si trova a dover contrastare è il rischio di corruzione accidentale dei prodotti, che può avere molteplici origini. Le coperture specifiche prevedono il recupero dei costi di recall e di gestione del danno per il brand
09/04/2018
La comparsa sulla stampa di avvisi sul ritiro di prodotti difettosi è sempre più comune.
Com’è noto, il maggior numero dei richiami riguarda l’industria automobilistica, ma quasi tutti i settori sono ormai soggetti a questo fenomeno.
Le conseguenze per le imprese interessate sono notevoli: il ritiro di un prodotto può avere effetti devastanti, non solo dal punto di vista finanziario, ma anche e soprattutto sull’immagine del produttore.
Sotto questo profilo gli alimenti, che hanno un impatto diretto sulla salute del consumatore, risultano particolarmente esposti, in particolare se parliamo del prodotto alimentare italiano, che vanta un livello qualitativo elevato e su questo basa la propria fortuna e popolarità in tutto il mondo.
E dal momento che la salvaguardia del brand costituisce oggi una delle preoccupazioni principali per i risk manager e per chi dirige un’azienda in genere, si pone in modo sempre più incalzante il bisogno di controllare e gestire questo tipo di rischio ed eventualmente di trovare opportune soluzioni per il suo trasferimento.
Più accidentale che doloso
In quest’ottica si inquadra la copertura definita come Tampering.
Il termine deriva dal verbo inglese contaminare, e indica l’alterazione di prodotti alimentari, cosmetici o farmaceutici, di solito operata per screditare l’azienda che ne è vittima. L’azione del tampering implica cioè un ricatto nei confronti di un’industria alimentare, anche attuato attraverso la minaccia di sabotaggio dei suoi prodotti. Questo tipo di copertura è stato originariamente introdotto, infatti, per assicurare la contaminazione dolosa, quando episodi di sabotaggio dei prodotti alimentari si verificavano a causa dei rapporti problematici esistenti tra le aziende e i loro dipendenti, oppure tra competitor.
La polizza copriva quindi la presunta, minacciata o reale manipolazione del prodotto assicurato da parte di terzi (inclusi i dipendenti), attuata con l’intenzione di rendere il prodotto pericoloso per la salute del consumatore. Ma il rischio da contaminazione dolosa o malicious tampering interessa oggi casi sporadici e sembra ormai appartenere ad un passato lontano, mentre l’esposizione più comune riguarda invece la contaminazione accidentale o accidental tampering.
L’origine della contaminazione
I casi più preoccupanti, infatti, interessano l’eventualità che l’alimento venga accidentalmente in contatto con la sostanza che può inquinarlo e renderlo nocivo, perché il rischio di contaminazione è presente lungo tutta la filiera alimentare, dall’azienda agricola alla tavola, e rende necessari interventi di prevenzione e controllo continui e accurati. Alcune componenti del prodotto finito, inoltre, possono provenire da Paesi nei quali i controlli sono assai meno rigorosi che in Europa e in Italia. Certi tipi di contaminazione possono anche essere causati da difetto nel confezionamento, perché i materiali utilizzati non sono adatti all’uso alimentare, o a causa di rotture e difetti che rendono la confezione inadatta allo scopo.
Un esempio abbastanza tipico è costituito dall’alluminio, che è uno dei metalli con riconosciuta pericolosità per la nostra salute. L’alluminio interferisce con diversi processi biologici (stress ossidativo cellulare, metabolismo del calcio, etc.) e può indurre effetti tossici in diversi organi e sistemi. Si tratta di un metallo che ha una biodisponibilità orale piuttosto bassa nei soggetti sani, ma la dose assorbita ha una certa capacità di accumulo. Così, poiché la sua eliminazione avviene essenzialmente tramite i reni, avremo un maggiore bioaccumulo (e una conseguente maggiore tossicità) nei soggetti con funzionalità renale immatura o diminuita, come bambini piccoli, anziani e, naturalmente, nefropatici. La via primaria di esposizione all’alluminio per l’uomo è proprio quella alimentare e il principale fattore diretto è la contaminazione del cibo per contatto, ad esempio per il tramite di utensili per la cottura o imballaggi. Tale contaminazione diventa particolarmente marcata quando i materiali a base di alluminio vengono in contatto con cibi acidi (ad esempio, contenenti acido citrico) o contenenti sale. Alcuni studi effettuati su alimenti avvolti in fogli di alluminio e sottoposti a differenti tipi di cottura (in forno, o grigliati sulla carbonella) hanno dimostrato che l’elevata temperatura comporta l’aumento della concentrazione dell’alluminio nell’alimento.
Le insidie dell’imballaggio
Analoghi problemi sono riscontrabili anche in altri materiali comunemente utilizzati per il confezionamento alimentare, come quelli plastici.
In genere, gli imballaggi per uso alimentare si suddividono in tre tipologie:
- primario: è detto imballaggio per la vendita cioè concepito per costituire l’unità di vendita per il consumatore (ad esempio, una scatola di caramelle, una confezione di sottilette, etc);
- secondario: è un imballaggio che, nel punto di vendita (negozio o supermercato), raggruppa un certo numero di unità di vendita e che può essere o non essere venduto insieme al prodotto (come il film di plastica che avvolge le bottiglie di acqua minerale);
- terziario: è l’imballaggio che serve per il trasporto di un certo numero di unità di vendita, favorendone la manipolazione e proteggendole durante le operazioni di carico e scarico (come casse e cartoni).
A seconda del tipo di alimento e della tecnica di conservazione da applicare (la pasta si può mettere nel cartone, ma un succo di frutta dovrà essere posto in una bottiglia di vetro sigillata), vengono utilizzati diversi materiali, dalla carta al vetro, dai metalli (come l’alluminio) ai materiali plastici, ai poliaccoppiati (come il tretrapak). Quasi tutti possono comportare dei problemi.
Le materie plastiche, ad esempio, essendo ricavate dalla lavorazione del petrolio o del gas naturale, implicano particolari svantaggi sul piano della tossicità e biodegradabilità, per quanto offrano costi di produzione ridotti, leggerezza e capacità di essere prodotte in una molteplicità di forme.
Se da un lato, infatti, l’imballaggio deve garantire la sicurezza alimentare, proteggendo l’alimento dalle contaminazioni esterne (chimiche, fisiche e microbiologiche) e impedendo che gli stessi materiali utilizzati interferiscano con il contenuto, dall’altro deve possedere importanti requisiti che consentano la sua ottimale commercializzazione, come essere comodo e funzionale per il trasporto e lo stoccaggio.
Gli obblighi di comunicazione e recall
Una volta riscontrato negli alimenti posti in circolazione un problema di non conformità, gli operatori del settore alimentare hanno l’obbligo di informare i propri clienti e di ritirare il prodotto dal mercato. Qualora il prodotto fosse già stato venduto al consumatore, è obbligatorio provvedere al richiamo, informando i consumatori circa i prodotti a rischio, anche mediante appositi avvisi nei punti vendita.
Il produttore deve anche dare notizia del richiamo nella specifica area dedicata all’interno del portale del ministero della Salute. La pubblicazione del richiamo nel portale internet del ministero è a cura della Regione competente per territorio, che lo riceve direttamente dall’operatore, previa valutazione della Asl.
Oltre ai richiami di prodotti alimentari, sono pubblicate on line anche le revoche dei richiami successivi a risultati di analisi favorevoli, o dovute ad altri motivi.
Sono autentici e assolvono agli obblighi di informazione ai consumatori soltanto i richiami (e le loro revoche) pubblicati nel portale del ministero della Salute.
Le coperture Tampering
A questo punto la tradizionale polizza di responsabilità civile del prodotto difettoso non è in grado di risolvere il problema incontrato dagli operatori del settore alimentare. Essa potrà infatti coprire i danni eventualmente causati a terzi, ma non centrerà l’obiettivo primario di tutelare la solidità finanziaria dell’azienda produttrice, attraverso una copertura di tipo diretto.
Entra quindi in gioco l’assicurazione tampering, in grado di supportare un’operazione di ritiro che potrebbe assumere dimensioni globali e rappresentare un costo imprevisto molto elevato, con conseguenze anche disastrose.
In questi frangenti è vitale che l’azienda sia in grado di reagire prontamente, definendo un piano specifico di ritiro del prodotto e di gestione della crisi, per salvaguardare la propria continuità produttiva e, soprattutto, il brand e i proventi finanziari.
E infatti le principali garanzie prestate da questo tipo di polizza vanno dal rimborso delle spese di consulenza necessarie nelle fasi precedenti e seguenti la crisi, incluse quelle sostenute per contrastare gli effetti dell’eventuale pubblicità negativa generata dall’evento dannoso, ai costi direttamente affrontati per il ritiro dei prodotti difettosi, per l’informazione da fornire ai consumatori e per la redistribuzione di prodotti integri.
È anche possibile coprire la perdita di profitto originata dalla contaminazione, ma ciò che più conta è la possibilità per l’azienda colpita di beneficiare del supporto di un team di professionisti specializzati nella gestione della crisi che un evento di contaminazione del prodotto può determinare.
Come sempre, l’adeguatezza della copertura è proporzionale alla quantità di informazioni che l’azienda produttrice fornisce al sottoscrittore all’atto della stipula, compilando il relativo questionario. La valutazione di questo rischio può essere infatti assai complessa, a seconda della diffusione del prodotto contaminato e della tracciabilità dei flussi distributivi, ma anche e soprattutto in base alla piena comprensione dell’intera filiera del processo produttivo. Non è sempre facile, infatti, scoprire l’origine della contaminazione e intervenire con rapidità e precisione su di essa.
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