Quanto è ampia la responsabilità genitoriale
Il Codice Civile definisce le implicazioni del controllo sulle azioni dei soggetti in minore età: una recente sentenza ricorda che esse riguardano l’educazione nel complesso, non solo il ruolo nell’evento oggetto di giudizio, e che il risarcimento può includere i danni non patrimoniali
09/04/2018
La responsabilità delle persone che esercitino il potere/dovere di controllo e di indirizzo verso altri soggetti o beni è un settore molto importante nel nostro ordinamento e attiene ai principi distributivi degli oneri comportamentali propri di una società civile.
Così, il nostro Codice Civile illustra una serie di obblighi che coinvolgono altrettanti destinatari di uno specifico onere di governo verso le cose e le persone che dipendono dal proprio dominio. Ad esempio, l’articolo 2051 del Codice Civile obbliga il custode di un bene a porre in essere tutti gli accorgimenti idonei a evitare che la cosa posseduta possa ingenerare danno ai terzi (danno cagionato da cose in custodia); oppure, l’art. 2052 C.C. riversa sul proprietario di animale le conseguenze dei danni provocati dallo stesso; ancora, chi detiene un immobile è destinatario di un severo obbligo di conservazione dello stesso per evitare che la sua cattiva manutenzione produca danni alla collettività (art. 2053 C.C., rovina di edificio).
Vi sono poi una serie di persone fisiche alle quali l’ordinamento attribuisce un obbligo di controllo su altre persone: è così per la responsabilità dei “padroni o committenti” per i danni provocati da domestici o commessi (art. 2049 C.C.) e, soprattutto, per le persone che esercitino il controllo sui minori ovvero sugli incapaci (“responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte”, ex art. 2048 C.C.).
Una calunnia infondata
Proprio l’applicazione di quest’ultima norma ha portato alla definizione di un caso interessante deciso dal tribunale di Savona (sentenza n. 79120 del 22 gennaio 2018), nel quale una coppia di genitori è stata condannata a pagare il danno patrimoniale e non patrimoniale arrecato dal proprio figlio minorenne ad altro coetaneo, per effetto di una condotta illecita ascrivibile nel contesto di un reato di calunnia.
La vicenda è quasi da cronaca quotidiana, con una accusa rivolta da un minore a un altro per atti di bullismo, accuse rivelatesi poi false e frutto di fantasia dell’accusatore.
Il procedimento di indagine per il reato specifico venne dunque archiviato per effetto dell’ammissione del denunciante di essersi inventato tutto, ma la vertenza proseguiva sulla domanda risarcitoria che i genitori del ragazzo ingiustamente accusato rivolgevano ai genitori dell’accusatore sotto il duplice profilo della culpa in educando e della responsabilità per fatto del minore ex art. 2048 C.C..
La responsabilità dell’opera educativa
Ricostruita la vicenda cronologica, il tribunale riteneva sussistenti i presupposti per accogliere la domanda risarcitoria in ragione di una duplice presunzione di colpa di natura specifica (c.d. culpa in vigilando e culpa in educando), “la quale non consiste tanto nel non aver impedito il verificarsi del fatto ma in una condotta anteriore alla commissione dell’illecito, consistente nella violazione dei doveri inderogabili posti a loro carico dall’art. 147 C.C. (obbligo di istruire, mantenere ed educare la prole) a mezzo di una costante opera educativa, finalizzata a correggere comportamenti non corretti e a realizzare una personalità equilibrata, consapevole della relazionalità della propria esistenza e della protezione della propria e altrui persona da ogni accadimento consapevolmente illecito”.
Risarcire anche i danni non patrimoniali
La gravità di una falsa denuncia avanti alla autorità di polizia e la conseguente apertura di un fascicolo contro un soggetto poi risultato del tutto estraneo a ogni imputazione, determina dunque l’astratto reato di calunnia in capo al denunciante dal quale consegue il diritto al risarcimento di tutti i danni da fatto illecito derivati da detta condotta intenzionale. Di tale danno devono rispondere i genitori sul presupposto, come detto, di essere palesemente venuti meno dei propri doveri, di controllo ed educativi.
I danni sono risarcibili tanto, se esistenti, nel contesto strettamente patrimoniale, quanto in ambito non patrimoniale, per la sofferenza e l’ansia indotte anche nei genitori del ragazzo falsamente accusato.
Osserva il tribunale che “la vicenda presenta profili di particolarità, in quanto è presumibile che gli attori abbiano vissuto i giorni successivi alla denuncia, tra ansia e paura, subendo uno sconvolgimento delle proprie abitudini di vita e una perdita di stima”.
Né deve essere sottaciuto il fatto che l’accusato si vide “indicato a scuola come un potenziale “bullo”, mentre la madre ha vissuto, in quanto genitrice di un piccolo delinquente, il fallimento del proprio ruolo genitoriale”. È quindi credibile, conclude il tribunale, che gli attori abbiano vissuto, quanto meno per il tempo necessario per l’archiviazione del fascicolo, in ansia e nella paura, subendo un peggioramento delle proprie condizioni abituali di vita.
Di tale turbamento esistenziale devono rispondere in proprio i genitori del minore, autore di una condotta illecita e calunniosa.
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