La Cassazione chiarisce sulla compensatio lucri cum damno
Le Sezioni Unite hanno emesso quattro sentenze attese da tempo sul tema della contiguità tra obbligazione risarcitoria e indennitaria. Dalla lettura congiunta si evince un’impostazione che porta a escludere il cumulo dei benefici, definendo una linea più chiara per i risarcimenti soprattutto delle polizze infortuni
12/06/2018
Con il deposito delle quattro sentenze rese dalle Sezioni Unite della Cassazione nn. 12564/5/6/7 del 22 maggio 2018 si compone un lungo conflitto interpretativo in tema di applicabilità della compensatio lucri cum damno alle ipotesi di contiguità tra obbligazione risarcitoria (dell’autore dell’illecito) e indennitaria (dell’assicuratore privato o sociale).
Le quattro sentenze gemelle del 22 maggio erano dunque attese da tempo.
Le ordinanze di rimessione risalivano tutte al 22 giugno dell’anno scorso e la pubblica udienza si era tenuta in data 13 febbraio di quest’anno.
Ma, soprattutto, la materia oggetto del decidere e del contrasto interpretativo in risoluzione presentava aspetti di impatto in numerosi settori: dalla responsabilità civile, agli istituti risarcitori del danno da fatto illecito; dai principi regolatori delle surroghe assicurative, fino all’impatto che proprio sugli enti assistenziali e sugli assicuratori pubblici e privati la materia avrebbe dovuto produrre i suoi effetti sostanziali.
L’attesa era accompagnata non di meno da una certa apprensione per gli effetti che, in via indiretta, le decisioni del 22 maggio avranno ora sullo stesso mercato assicurativo privato e sulle partite di giro che il sistema innovato della surroga e del limite risarcitorio alla vittima determinerà, una volta sedimentati gli effetti ed assimilati i principi affermati nel decisum.
Il beneficio deve equivalere al solo valore del danno
Il tema generale, che riguarda tutte le quattro decisioni emanate, è quello, in sostanza, che consiste nello stabilire se, nella liquidazione del danno da fatto illecito del terzo, dal computo del pregiudizio (patrimoniale e non) subito dalla vittima vadano defalcate le partite creditorie che sorgano, a diverso titolo, in favore dello stesso danneggiato, sotto forma di indennizzo assicurativo, tanto da enti e assicuratori sociali, quanto da imprese private con le quali il rischio dal quale era disceso il danno era stato garantito.
Ci si chiede quindi se il cumulo tra i benefici di carattere indennitario e risarcitorio (e quindi la somma tra le erogazioni contrattualmente o socialmente dovute alla vittima e le partite economiche del comparto risarcitorio civilistico) determini nei fatti un arricchimento del danneggiato, che sarebbe, secondo le ultime prospettazioni della dottrina e della giurisprudenza, strutturalmente incompatibile con la natura meramente reintegratoria della responsabilità civile.
Questo orientamento (sempre più avvallato da una recente giurisprudenza di legittimità che, distaccandosi da sue antiche posizioni, ha portato all’attuale esigenza solutoria del conflitto), parte dal presupposto generale che il risarcimento del danno complessivamente erogato dal sistema alla vittima non può creare a favore del danneggiato una situazione migliore di quella in cui si sarebbe trovato se il fatto dannoso non fosse avvenuto, immettendo nel suo patrimonio un valore economico complessivamente maggiore della differenza patrimoniale negativa (ovvero compensativa del pregiudizio non patrimoniale in caso di lesioni di beni immateriali) indotta dall’illecito.
Compensatio ammessa se la funzione dei benefici è la medesima
Le quattro decisioni che classificheremo come uno dei pilastri del moderno sistema risarcitorio nel nostro ordinamento, traggono spunto da quattro diverse fattispecie di potenziale cumulo.
Si accede per esse così alla complessa tematica che attiene alla detraibilità dal risarcimento di partite economiche a beneficio della stessa vittima in caso di erogazione di una pensione di reversibilità a favore del coniuge della vittima (n. 12564/18), di un indennizzo assicurativo per effetto di una polizza danni (n. 12565/18), di una rendita Inail a favore del lavoratore infortunatosi nel mentre si recava al lavoro (n.12566/18) e, infine, al caso di erogazione di indennità sociali assistenziali da parte dell’Inps a favore di un macroleso (n.12567/18).
Le regole tracciate dalle decisioni qui riferite possono essere estremamente sintetizzate come segue:
- La compensatio è sempre ammessa nell’ordinamento quando, nel rapporto bilaterale debitore / creditore la prestazione risarcitoria, si sommino, in tutto o in parte, i benefici ai pregiudizi, nella valutazione globale degli effetti dell’atto dannoso.
- Nelle ipotesi in cui si presenti invece una situazione di terzietà del vincolo obbligatorio, nel senso che il creditore abbia una posizione attiva verso due distinti soggetti obbligati alla corresponsione di un vantaggio che derivi da differenti fonti (il responsabile e l’assicuratore), per procedere con la compensatio e quindi con il defalco della partita indennitaria da quella risarcitoria, occorre che i due benefici da corrispondere al danneggiato abbiano il medesimo collegamento funzionale.
- Questa coincidenza funzionale è tale in tutti i casi in cui la causa della prestazione economica sia da rinvenire in una funzione destinata alla rimozione degli effetti pregiudizievoli del danno, trovi essa fonte sia in una obbligazione risarcitoria, piuttosto che indennitaria.
- Infine, condizione di accessibilità della compensatio, è che l’ordinamento abbia previsto legislativamente un meccanismo di surroga a favore dell’assicuratore (pubblico o privato) mediante il quale possa essere valorizzata e realizzata la regola dell’indifferenza del risarcimento verso la vittima, evitando in questo modo che di tale scomputo benefici l’autore dell’illecito.
Le condizioni perché possa operare la compensatio dunque, e in estrema sintesi, sono che l’indennizzo possa essere ritenuto funzionale alla rimozione degli effetti del danno e che l’ordinamento abbia previsto un meccanismo di surroga (si badi bene in via astratta e non quindi condizionato dalla effettività del suo esercizio) che consenta di rendere effettiva e completa l’obbligazione risarcitoria dell’autore dell’illecito.
Le decisioni sui casi specifici
In ragione di tali principi sono state assunte le seguenti decisioni relative ai casi specifici sottoposti alla attenzione del supremo collegio.
Cass. SSUU n. 12564 del 22 maggio 2018: “dal risarcimento del danno patrimoniale patito dal famigliare di persona deceduta per colpa altrui non deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità accordata dall’Inps al famigliare superstite in conseguenza della morte del congiunto”. Ciò in quanto, alla luce dei principi tracciati, non si rinviene medesima finalità tra la stessa contribuzione pensionistica ed il risarcimento del danno da fatto illecito.
Cass. SSUU n. 12565 del 22 maggio 2018: “il danno da fatto illecito deve essere liquidato sottraendo dall’ammontare del danno risarcibile l’importo dell’indennità assicurativa derivante dalla assicurazione contro i danni che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto” (Quesito relativo alla detraibilità dell’indennizzo assicurativo ricevuto dalla compagnia aerea, titolare del velivolo abbattuto nel disastro di Ustica, dalla liquidazione complessiva del danno relativo al valore dell’aeromobile).
Cass. SSUU n. 12566 del 22 maggio 2018: “l’importo della rendita dell’inabilità permanente corrisposta dall’Inail per l’infortunio in itinere occorso al lavoratore va detratto dall’ammontare del risarcimento dovuto, allo stesso titolo, al danneggiato da parte del terzo responsabile del fatto illecito”.Cass. SSUU n. 12567 del 22 maggio 2018: “dall’ammontare del danno subito da un neonato in fattispecie di colpa medica e consistente nelle spese da sostenere vita natural durante per l’assistenza personale, deve sottrarsi il valore capitalizzato dell’indennità di accompagnamento che la vittima abbia comunque ottenuto dall’Inps in conseguenza di quel fatto”.
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