Life skills: la negoziazione
Spesso il termine viene usato in modo errato: non è compromesso, non è cedere e neppure imporsi. È un metodo per il quale si ottiene ciò che si vuole senza scontentare la controparte
23/11/2018
Mi occupo di negoziazione da più di 13 anni ormai. Nel 2005 questa scelta è stata pionieristica. Si trattava di una competenza sottovalutata dalle persone, dalle aziende e in generale dal mercato italiano. Negli anni ci siamo spesi, attraverso la società che ho fondato, per diffondere una sana cultura negoziale, il cui concetto di base è semplice: scambio di valore e soddisfazione delle parti coinvolte.
Col tempo, la consapevolezza e la sensibilità verso quella che considero la madre delle competenze relazionali sono cresciute. Una semina lenta e costante che sta dando i suoi frutti.
Cinque anni fa ho avviato la collaborazione con Cineas che, come scuola di formazione sulla gestione dei rischi, ha introdotto un master sulle competenze trasversali, tra le quali non poteva mancare la negoziazione. Anche in questo caso si è trattato di una scelta avanguardistica: nei settori specialistici di ambito del consorzio, viene data grande prevalenza alle competenze tecniche e non è stato facile far capire la connessione tra rischio e soft skills. Le più recenti evoluzioni del mercato del lavoro hanno fatto vacillare queste convinzioni e dimostrato come non occuparsi delle abilità trasversali possa essere inteso con un vero fattore di rischio per tutti i professionisti che vogliano avere un soddisfacente sviluppo di carriera, in questo momento di costante e rapido cambiamento.
Negoziare è vincere
Nell’ambito delle strategie negoziali occorre sfatare anche altri falsi miti, le trappole o le bufale che inquinano il concetto stesso di negoziazione. Iniziamo dal primo e più importante equivoco.
Negoziare non ha nulla a che vedere con il compromesso. Non sono sinonimi.
La pericolosa e spesso trascurata differenza tra negoziare e compromesso ha effetti devastanti sui conti economici delle aziende e sul bilancio personale. I termini sono confusi da tutti, media inclusi. La stessa confusione avviene nella pratica: pensiamo di negoziare ma in realtà facciamo improduttivi compromessi. Il compromesso ha in sé una duplice rinuncia: io voglio pagare 100, tu vuoi ottenere 200, ci accordiamo per 150. Conti alla mano, entrambi ci rimettiamo 50. Confusione verbale, confusione nel fare. I canali di comunicazione di massa, giornali, radio, TV e web, abusano costantemente delle parole, facendo un’impropria e, a tratti, dannosa campagna di (dis)educazione. Le parole vanno spese con responsabilità.
Non ci stancheremo mai di dirlo: il compromesso non ha nulla a che vedere con la negoziazione. I due concetti non sono sovrapponibili. Negoziare non è dire di No, neanche mentalmente, a una richiesta per noi difficile da accontentare. Non è neppure dire di Sì a tutto, fatto che potrebbe alimentare appetito e non l’attesa riconoscenza. Negoziare è dire di Sì alle nostre condizioni, ossia dare agli altri ciò che soddisfa i loro veri bisogni, ottenendo in cambio qualcosa che abbia valore per noi e assenza o poco costo per loro. Non è quindi sinonimo di condurre una trattativa. È riduttivo e fuorviante.
C’è differenza tra metodo e istinto
Negoziare è una delle modalità con cui dirimere interessi diversi, di certo il più efficace nel generare valore e patrimonio relazionale. Non è sinonimo di concedere, frutto di un sacrificio, che spesso non viene né compreso, né tantomeno apprezzato dalla controparte. Non è fare a metà venendosi incontro con reciproche rinunce, figlie di un compromesso. Negoziare non è sinonimo di imporsi, che ha un impatto negativo sul piano relazionale. Imporsi, cedere e compromettere sono puro istinto e non richiedono nessuna capacità. Riprova ne è che non ci sono corsi sul compromesso e vorrà dire qualche cosa, no?
Nessuno nel proprio curriculum scrive di essere abile a fare compromessi. È evidente quindi che non servano capacità particolari, e che, sul mercato, persone capaci quanto o più di noi se ne trovano, e anche a minor costo. Negoziare è una scienza che non si può improvvisare. Istinto, talento ed esperienza non bastano. Trovarsi a condurre delle trattative non vuol dire negoziare, né tantomeno saperlo fare. Spesso si confondono mere attitudini relazionali o aspetti caratteriali con capacità che in realtà richiedono competenze approfondite e strutturate al pari, se non superiori, di quelle tecniche. Limitarsi a valutare positivamente l’efficacia dei propri e altrui comportamenti negoziali solo perché si è raggiunto un determinato obiettivo o un certo accordo, è ingannevole. Il punto non sta nel chiudere un accordo, il punto è come lo si è raggiunto. Per analizzare il come ci vuole un metodo, strumento di guida, misura e analisi.
Spesso mi sono sentita ripetere un concetto che riassumo in una frase: “Negozio sempre, da quando sono nato, niente da imparare!”. Ho coniato un nome per la patologia del negoziatore innato: la sindrome del commissario tecnico della nazionale. Il valore di un metodo è legato alla consapevolezza: solo dando un nome e cognome ai nostri comportamenti negoziali possiamo analizzarci, misurarci e quindi migliorare.
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