Le asimmetrie contrattuali tra le imprese
Molte forme di rapporto codificato tra aziende vedono i contraenti posizionati su differenti piani di forza determinati dalle rispettive capacità economiche: in questi casi si possono determinare nei contratti delle clausole vessatorie che il legislatore tende a riequilibrare
23/11/2018
Nel precedente articolo (vedi Insurance Daily n. 1348, 28 maggio 2018) sono state prese in considerazione le asimmetrie informative nei rapporti tra le imprese e i consumatori e, in particolare, ho esaminato la disciplina sulle clausole vessatorie e alcuni esempi di dette clausole presenti nei contratti assicurativi. Va rilevato, però, che l’asimmetria contrattuale può presentarsi anche nei rapporti tra le imprese e nei rapporti tra le imprese e i professionisti.
In questo articolo, mi occuperò dell’asimmetria contrattuale nei rapporti tra imprese, mentre nel prossimo articolo tratterò delle asimmetrie nei rapporti tra imprese e professionisti.
Nei rapporti tra le imprese si possono verificare molti casi nei quali un imprenditore si presenta in condizioni di dipendenza economica e, come tale, è il contraente debole rispetto all’impresa con maggior potere economico. Il caso più eclatante è quello relativo al contratto di subfornitura disciplinato dalla legge n. 192/1998. Questa norma prevede alcuni strumenti che hanno lo scopo di neutralizzare la disparità di potere economico nei rapporti tra committente e subfornitore. È prevista, a esempio, la nullità della condizione contrattuale che riservi al committente la facoltà di modificare unilateralmente uno o più clausole del contratto. È altresì prevista la nullità della clausola contrattuale che attribuisca ad una delle parti la facoltà di recedere senza un congruo preavviso. La stessa legge prevede, anche, la nullità dei patti attraverso i quali si realizza un abuso di dipendenza economica. Con una norma del 2001 (la legge n. 57), il legislatore ha poi modificato la disciplina in parola attribuendo anche all’Autorità garante della concorrenza e del mercato competenza allorquando accerti che un abuso di dipendenza economica abbia rilievo per la tutela della concorrenza e del mercato.
I contratti di franchising e di agenzia
Un altro caso nel quale il legislatore è intervenuto per tutelare il contraente debole nel rapporto tra imprese è il contratto di franchising. La legge n. 129 del 6 maggio 2004 prevede alcune disposizioni a tutela del franchisee tra le quali quella che obbliga, tra l’altro, il franchisor ad indicare espressamente l’ammontare degli investimenti e delle spese di ingresso che l’affiliato deve sostenere, le modalità di calcolo delle royalties e le condizioni relative al rinnovo, alla risoluzione del contratto e alla cessione dello stesso. In sostanza, queste disposizioni hanno lo scopo di consentire al franchisee di conoscere preventivamente tutti i costi e i rischi connessi all’adesione al network. La legge prevede anche un periodo di riflessione a favore del franchisee, affinché si possa riequilibrare il rapporto negoziale nella fase precontrattuale.
Un altro contratto nel quale il legislatore (prima comunitario e poi nazionale) è intervenuto per tutelare il contraente debole è senza dubbio il contratto di agenzia. La normativa vigente è il frutto del recepimento della direttiva comunitaria n. 86/653.
Sono molteplici gli strumenti di tutela introdotti dal nostro legislatore in questo settore. L’articolo 1479 del Codice civile stabilisce, ad esempio, che il proponente deve mettere a disposizione dell’agente la documentazione necessaria relativa ai beni o servizi trattati, deve fornire all’agente le informazioni necessarie all’esecuzione del contratto e, in particolare, deve avvertire l’agente, entro un termine ragionevole, nel caso di un calo del volume d’affari. L’articolo 1746, comma terzo del Codice civile, poi vieta il cosiddetto patto del star del credere, che ponga a carico dell’agente una responsabilità anche solo parziale, per l’inadempimento del terzo. Un’altra disposizione rilevante a tutela dell’agente è quella prevista dall’art. 1751 del Codice civile che, insieme ad altre norme, tende ad equiparare la tutela dell’agente a quella del lavoratore subordinato.
Tale articolo prevede, ad esempio, che, in caso di cessazione del rapporto, il preponente sia tenuto a corrispondere all’agente un’indennità equa al verificarsi di alcune condizioni.
Di particolare importanza è la disposizione di cui al sesto comma dell’art. 1751 del Codice civile, secondo il quale sono nulle le clausole che derogano alla disciplina relativa alla cessazione del rapporto di lavoro.
Il caso Renault
Un’altra fattispecie negoziale sulla quale un imprenditore si può trovare in condizioni di dipendenza economica rispetto a un altro imprenditore è il contratto di concessione di vendita, spesso indicato come contratto di distribuzione. In questo caso, un soggetto assume stabilmente l’incarico di curare la commercializzazione dei beni in una determinata zona per un fornitore/produttore a nome e rischio proprio.
In questo ambito la tutela maggiore al contraente debole è stata fornita dalla giurisprudenza, in particolare dalla Corte di Cassazione con una famosa sentenza del 2009 sul caso Renault. La vicenda aveva per oggetto una clausola che prevedeva la facoltà di Renault di esercitare il recesso da tutti i contratti di concessione di vendita. La Renault aveva esercitato il diritto di recesso e i concessionari che avevano investito molto, si erano trovati in gravi difficoltà economiche. Il tribunale di Roma e la Corte di appello di Roma avevano dato ragione alla Renault perché, avevano detto, che il giudice non può intaccare l’autonomia negoziale delle parti. La Cassazione, invece, cassò la sentenza della Corte d’appello, affermando che le modalità di esercizio dell’autonomia privata (nel caso specifico il recesso) possono essere sindacate dal giudice se abusive, ovvero contrarie al principio di buona fede previsto dal nostro Codice civile in combinato disposto con l’art. 2 della Costituzione sugli obblighi di solidarietà anche nei rapporti tra privati. La Cassazione affermò, in particolare, che la Renault avrebbe dovuto preventivamente informare i concessionari riconoscendo loro un’indennità.
In conclusione, sia il legislatore sia la giurisprudenza tutelano gli eventuali abusi che le imprese con maggior potere economico possono arrecare a danno di altre imprese.
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