Il tempo e il dovere di essere semplici nella società del rischio
La velocità delle comunicazioni e il richiamo alla semplificazione rischiano di collidere con la delicata materia assicurativa. Occorrono contratti senza tecnicismi, ma anche la possibilità di spiegare al cliente la sostanza di ciò che va ad acquistare: una sfida per tutto il settore (e non solo)
23/11/2018
L’accelerazione brusca e spasmodica del nostro stile di vita e di lavoro ci va consumando con una frenesia difficile da assecondare. Si vanno bruciando impietosamente quelli che fino a poco fa erano tempi fisiologici di attesa e di risposta, sacrificati sull’altare di relazioni telematiche tanto fulminee quanto impazienti.
Ora, sebbene lo stile della comunicazione 3.0 abbia il pregio di stressare le sinapsi e, forse, far evolvere anche le intelligenze più pigre, non mancano controindicazioni. Lasciando da parte i riflessi esistenziali (dell’ambizione a un vivere migliore), troppa fretta, così dicevano i nostri avi, potrebbe non esser buona consigliera. Specie laddove sia preferibile che gli impulsi lascino spazio a una certa ponderazione. È questo, venendo a temi più prosaici, uno dei grandi terreni su cui si gioca la partita della moderna educazione finanziaria/assicurativa e della corretta relazione tra i player del mercato e un’utenza sovente fragile e vittima di evidenti asimmetrie cognitive; asimmetrie acuite da una spiccata complessità tecnica e dalla propensione di certi attori del mercato a trarre vantaggio dal fisiologico sbilanciamento relazionale.
Ecco che, in questo contesto, il fattore tempo (a dispetto di Platone…) influisce eccome sulle idee (o quantomeno sulle scelte).
Parlare per farsi ascoltare e (capire)
Ebbene, in questo momento di cambiamento epocale nella disciplina della materia assicurativa, è forse sfuggito ai più il considerando 48 della direttiva Idd, nella parte in cui esprime un principio sacro: quello secondo il quale il diritto del cliente a ricevere un’informativa corretta ed esauriente esige, affinché possa esser davvero rispettato, che il distributore si prenda il tempo necessario per adempiere adeguatamente i propri obblighi (precontrattuali e contrattuali). Al di là delle suggestioni della instant insurance (che pur presuppone la corretta ed esaustiva spiegazione delle regole generali che ne disciplinano la fruizione), una polizza, per esser acquistata consapevolmente (apprezzandone le utilità protettive), deve esser capita e metabolizzata.
Anche i traffici più veloci chiedono, dunque, il rispetto di un tempo minimo, fisiologico a garantire la miglior comprensione, nel cliente, della sua scelta d’acquisto. A tal fine, e qui sta il secondo passo del ragionamento, occorre favorire soluzioni in qualche modo compromissorie e non anacronistiche. La regola della soddisfazione in tempo reale dell’esigenza assicurativa non può spingersi tanto in là da far ritenere ammissibile un deficit di comprensione nel cliente. D’altra parte, una troppo pedante illustrazione tecnica del prodotto rischierebbe di risultare non allineata alla nuova velocità richiesta al mercato nella copertura dei rischi.
È certo che il primo passo da fare, proprio in ottica di compromesso e con lo scopo di avvicinare una volta per tutte le parti del rapporto assicurativo, è abbandonare i frustranti avvitamenti lessicali che caratterizzano il linguaggio assicurativo e finanziario, oggi in voga. Proprio qui risiede una delle più grandi sfide mosse dai venti di riforma: nella necessità di cambiare stile e abito, di modificare il lessico, di provare a parlare a un utente considerandone le effettive capacità di ascolto.
La promessa della semplificazione
Il tema della (corretta) comunicazione infiltra, del resto, sempre più, e trasversalmente, il nostro ordinamento (si pensi alle responsabilità professionali), e non solo in ottica di prevenzione delle criticità e dei conflitti.
Rimanendo nel settore assicurativo, la tecnica della formulazione criptica dei contratti, in passato usata dalla parte forte (l’assicuratore) per manipolarne a suo piacimento i contenuti sostanziali in corso di esecuzione, oggi si ritorcerebbe inevitabilmente contro di lui, come del resto sancito in modo straordinariamente efficace dalla Cassazione (Sezione III civile, sentenza 668 del 2016). Meglio dunque parlar chiaro, da subito. E i contratti assicurativi daranno molto lavoro da fare, costituendo da sempre esempi paradigmatici di letterature precarie.
Entra dunque in scena, con prepotenza, il tema della semplificazione del linguaggio assicurativo, stigmatizzato dalla direttiva Idd e assunto dall’Ivass a livello programmatico di impegno per l’anno 2019 (si veda lettera al mercato del 14 marzo 2018). Entro la fine del prossimo anno dovremmo dunque (speriamo non chimericamente) assistere all’agognata revisione linguistica e semantica di tutti i testi di polizza oggi in commercio. Dato, quest’ultimo, non trascurabile atteso che alla revisione e semplificazione di ciascun testo di polizza fa da contraltare la necessità di dar vita, per ciascun prodotto, al complesso processo di implementazione della Pog.
Bando al linguaggio di settore
Attenzione, però: un’autentica semplificazione richiede un lavoro niente affatto facile di cesello e selezione delle parole (oltre che, evidentemente, di miglior coordinamento di Cga troppo spesso irte di contraddizioni e corti circuiti interpretativi).
Come principio di fondo dovrà assumersi la regola che tutto quel che non sarà chiaro al consumatore potrà essere usato (pur entro i limiti della buona fede) contro l’assicuratore o l’intermediario che abbia collocato o gestito il contratto in modo non adeguato o trasparente. E nella definizione del target market preso in considerazione dalla Pog (articolo 30-decies del Cap) dovranno essere organizzati test randomici su gruppi di consumatori onde verificarne l’effettiva capacità di comprensione dei testi di polizza e della documentazione precontrattuale (Eiopa – d&r dell’11 luglio scorso). E non è un caso che l’articolo 11 del regolamento di esecuzione sul Dip (articolo 5 del regolamento di esecuzione (Ue), 1469 del 2017) escluda espressamente l’utilizzo nella redazione dei testi precontrattuali di formule proprie del linguaggio tecnico settoriale.
La fiducia dell'uomo della strada
Se è vero, dunque, che Idd e la normativa nazionale di recepimento si fondano sull’affermazione di una nuova figura di impresa, quella dell’assicuratore responsabile e financo etico, è altrettanto vero che la sfida della semplicità (o meglio: delle complessità semplificate) costituisce il primo essenziale slancio in avanti. Ciò nel segno di una conquista della fiducia nell’uomo della strada, che da sempre vede l’assicuratore non come affidabile garante ma quale insidioso gestore di una tecnicalità oscura. Di più, l’educazione assicurativa, di cui tanto si parla, implica e sottende un’educazione dei consociati alla ricognizione e conoscenza dei rischi: operazione non semplice, se non si parla alla gente con il loro linguaggio e senza sacrificare il tempo necessario a garantire un effettivo ascolto.
Sia chiaro, semplicità non equivale a superficialità. La funzione sociale della moderna assicurazione postula e impone logiche di autentico servizio e protezione che non possono essere abdicate: non a caso il nuovo severissimo quadro sanzionatorio imposto da Idd chiude il cerchio delle riforme, ponendo gli interpreti di fronte al grave peso delle loro rinnovate responsabilità.
Una sfida per tutti
Ciò detto, mi sia permesso di chiudere con una considerazione di più largo respiro: la sfida della semplicità, e la sua calibratura con una corretta gestione dei tempi e dei modi della comunicazione, non può e non deve riguardare soltanto i distributori di prodotti assicurativi o finanziari: la parità delle armi e dei mezzi deve coinvolgere tutti gli attori coinvolti, a diverso titolo, nel settore. Il pensiero corre agli avvocati, chiamati a uno sforzo di chiarezza talvolta antinomico al loro modo di concepire la professione. Ma anche ai magistrati, e al legislatore (di primo o secondo livello), sovente inclini a tradire quelle stesse regole di chiara comunicazione alle quali pure anelano. Il tutto senza dire del tempo della giustizia, che collide amaramente con la velocità della nostra società del rischio.
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