Una sentenza della Corte Suprema apre il giudizio sulla natura delle polizze fideiussorie non limitandosi alla verifica della presenza o meno di clausole specifiche, ma andando ad analizzare in particolare quanto contenuto nell’accordo
La Suprema Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza n.4717/2019, pubblicata il 19/02/2019, è tornata a occuparsi delle garanzie atipiche contenenti clausole di pagamento “a prima richiesta” e “senza eccezione alcuna”, che troppo spesso la giurisprudenza di legittimità negli ultimi anni ha tout court equiparato a veri e propri contratti autonomi di garanzia, senza indagare troppo sul “contenuto altro” delle clausole contrattuali previste in ciascuna polizza fideiussoria: queste avrebbero invece potuto far propendere l’interprete per una qualificazione del contratto come avente natura accessoria seppure connotata dalla presenza di un patto di c.d. “solve et repete”.
Il nuovo arresto della Suprema Corte ci viene segnalato dagli avvocati Carlo Galantini e Cristina Forte, soci dello Studio Galantini & Partners di Milano, che ha patrocinato la compagnia coinvolta nella controversia ora decisa dalla Cassazione, i quali, sottolineando l’importanza della pronuncia in commento, ne riassumono come segue le statuizioni più rilevanti.
Con la citata sentenza n. 4717/2019 la Terza Sezione Civile della Suprema Corte ha invertito la rotta sinora seguita dalla giurisprudenza di legittimità dopo la nota sentenza n. 3497/2010 delle Sezioni Unite, non limitandosi a decidere sulla natura delle polizze fideiussorie in base alla semplice presenza di una clausola pagamento a prima domanda e con rinuncia a ogni eccezione o, peggio, liquidando la questione dell’interpretazione del negozio a mera quaestio facti, ma spingendosi a esaminare nel dettaglio le pattuizioni negoziali contenute nella polizza fideiussoria (nel caso di specie una polizza cauzionale emessa a garanzia dei finanziamenti previsti dalla legge 488/1992).
Per tale via, la Suprema Corte ha dato rilievo ad alcune pattuizioni negoziali presenti nel contratto oggetto della controversia, così come in molte altre della stessa tipologia diffuse sul mercato, accertando che la Corte di merito avrebbe violato i canoni di ermeneutica contrattuale qualificando la polizza come avente natura di contratto autonomo di garanzia, anziché attribuirle natura accessoria in presenza di precise pattuizioni contenute nel clausolario di polizza idonee a connotare la natura causale della stessa.
Contratto di garanzia incompatibile con il ramo
cauzioni
In tal senso, la Cassazione, al fine della suddetta qualificazione della polizza come avente natura accessoria, ha valorizzato le clausole contenenti cinque specificità: la precisazione che la richiesta di rimborso del contributo elargito deve essere corredata dall’indicazione dell’inadempienza riscontrata ed imputabile al debitore principale, e dunque motivata in base a ragioni attinenti al rapporto sostanziale; il richiamo nella premessa della situazione relativa al rapporto sottostante; le modalità di escussione della garanzia; la possibilità di svincolo della garanzia (in relazione alla progressione dello stato avanzamenti lavori); la facoltà per il fideiussore di surrogarsi, nei limiti delle somme pagate, all’ente garantito in tutti i diritti e le azioni di quest’ultimo nei confronti del contraente.
La Suprema Corte ha dunque cassato la sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Roma affinché proceda a un nuovo esame ermeneutico del clausolario di polizza tenuto conto dei principi ivi fissati, senza decidere e lasciando pertanto impregiudicata una questione fondamentale agitata nelle fasi di merito attinente a profili di ordine sistematico e regolamentare e concernenti la dedotta incompatibilità del contratto autonomo di garanzia con la gestione del ramo cauzioni, che rientra appieno nel novero dei rami assicurativi danni.
Come detto sopra, la sentenza assume un significato molto importante perché la Cassazione ha finalmente rinunciato ad appiattirsi rispetto ad una esegesi dei testi delle cauzioni o polizze fideiussorie che era per lo più parsa preconcetta, valorizzando quel “contenuto altro” che, in alcuni e non sporadici casi, debbono senz’altro orientare l’interprete verso una qualificazione delle polizze fideiussorie che non si limiti a una mera ricognizione dell’esistenza di una clausola di pagamento “a prima richiesta” o “senza eccezioni”.
La presenza di una simile pattuizione, infatti, caratterizza la fideiussione come atipica perché connotata da un patto del solve et repete ex art.1462 C.C., ma non ne snatura la causa di garanzia accessoria per ciò solo convertendola in un contratto autonomo di garanzia.
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