La pagliuzza e la trave
Uno dei comportamenti più naturali dell’essere umano è quello di evitare di parlare dei propri problemi e delle situazioni che lo mettono a disagio. E così come accade nel privato, questo succede anche nella vita professionale. Ci si diverte a parlare dei problemi degli altri, ma ci si imbarazza quando si viene messi sotto la lente di ingrandimento.
Questa premessa per sottolineare un fatto alquanto bizzarro, che ho potuto sperimentare personalmente durante la mia attività nel Regno Unito, ma che sono certo riguardi anche gli intermediari italiani. Tutti bravi a curare gli interessi dei loro clienti, facendo del loro meglio per proporre le coperture migliori alle condizioni più vantaggiose. Ma spesso sprovveduti quando si tratta di tutelare i loro stessi interessi.
Uno dei vantaggi nell’assicurare gli altri dovrebbe essere quello di vedere prima di tutto gli errori che noi stessi potremmo commettere. Ma spesso non è così. Se prendiamo, per esempio, le polizze di Rc professionale degli intermediari assicurativi, accade spesso che gli stessi agenti o broker acquistino basandosi solo sul prezzo. Un comportamento che gli stessi sconsiglierebbero a qualsiasi cliente.
Analizzando meglio la situazione, una delle maggiori problematiche risulta essere la scarsa consapevolezza di quelli che possono essere i danni che la propria attività professionale potrebbe arrecare a terzi. Spesso perché, anche all’interno di strutture medio-piccole, dipendenti e collaboratori tendono a non riportare ai titolari quelle che sembrano situazioni di ordinaria amministrazione, che potrebbero però tramutarsi in spiacevoli grattacapi per gli intermediari.
Fortunatamente, sia a livello nazionale che comunitario, la normativa sta aiutando da questo punto di vista. Se in Italia sono previsti dei minimi stabiliti dall’Ivass per quanto riguarda l’Rc professionale degli intermediari, in Inghilterra sia l’Insurance Act dello scorso anno che le linee guida dell’FCA (l’Autorità di Vigilanza) e della Biba (l’Associazione dei Broker) hanno delineato le best practice che gli intermediari devono attuare per non trovarsi nella situazione del “calzolaio con le scarpe rotte”.
Alla luce di quanto detto, mi fa però piacere vedere che il mercato si sta muovendo, proponendo agli stessi intermediari le coperture che vengono dipinte come fondamentali per le imprese clienti: cito, a titolo di esempio, il lancio da parte di London Global Limited (anche in Italia) della polizza D&O per gli intermediari assicurativi (articolo pubblicato su queste pagine l’11 gennaio: http://bit.ly/2lzpKXG).
Anche se la natura umana è complessa, in fin dei conti, ci si sta accorgendo che non è utile per nessuno nascondersi dietro un dito. E anche se può sembrare imbarazzante ammettere che l’attività di intermediazione, così complessa e ricca di sfaccettature, può essere fonte di problemi per chi la esercita, è ora di cominciare a imparare dall’esperienza. Per non rischiare di rimanere accecati dalla trave che sta nel proprio occhio, mentre si sta indicando con foga la pagliuzza nell’occhio altrui…
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