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La nuova previdenza complementare pan-europea

Secondo quanto dichiarato dalla Commissione europea, l’UE starebbe affrontando una sfida demografica senza precedenti che potrebbe portare nei prossimi cinquant’anni ad un insostenibile squilibrio fra il numero della popolazione in età lavorativa rispetto a quella in età pensionabile: si dovrebbe passare da un rapporto di quattro persone ad uno verso la ben più preoccupante proporzione di due persone in età lavorativa contro una in età pensionabile.
Come noto, questa proiezione demografica ha già portato alcuni Stati membri ad applicare negli ultimi anni impopolari riforme in materia pensionistica pubblica, incentivando nello stesso tempo il ricorso da parte dei propri cittadini al mercato della previdenza complementare. Quest’ultimo, come rilevato dalla stessa Commissione, risulterebbe piuttosto frammentato ed irregolare e, quindi, in palese contrasto con quel progetto volto alla realizzazione dell’Unione dei mercati dei capitali.
Consapevole di ciò, il legislatore europeo ha dato vita in quest’ultimo anno a direttive e progetti di riforma, il cui scopo sarà quello di rivoluzionare i sistemi di previdenza complementare su tutto il territorio dell’Unione europea.
Un primo passo verso questo obiettivo è stato senza dubbio l’emanazione della direttiva IORP II (dir. 2016/2341/UE) con la quale l’Unione Europea, rafforzando il sistema di governance e di gestione del rischio dei fondi pensione, vorrebbe eliminare quegli ostacoli all’attività transfrontaliera degli stessi fondi mediante l’armonizzazione delle normative nazionali dei Paesi membri.
La Commissione europea ha poi deciso di andare oltre la “classica strategia” di armonizzazione e, per poter garantire una maggior diffusione dei prodotti di previdenza complementare anche in quei Paesi dal mercato poco sviluppato, ha ideato una nuova linea di “prodotti pensionistici individuali” validi su tutto il territorio dell’Unione europea.
Così, dopo un lungo periodo di lavori preparatori, il 29 giugno scorso la Commissione Europea ha presentato una proposta di regolamentazione dei cosiddetti Pepp (Piani individuali pensionistici pan-europei - Pan-European pension product), i quali, a detta della stessa Commissione, potranno offrire «ai risparmiatori maggiori possibilità di scelta quando risparmiano per la vecchiaia e per fornire loro prodotti più competitivi».
Questi nuovi prodotti previdenziali potranno essere distribuiti in tutti i paesi dell’Unione europea ed avranno in ogni Stato membro le medesime caratteristiche standard in tema di trasparenza, norme di investimento, portabilità e trasferimento del risparmiatore in un altro paese della UE.
Affinché il progetto Pepp possa decollare secondo le previsioni, la Commissione ha ritenuto necessario che anche questi nuovi prodotti pan-europei possano beneficiare delle stesse agevolazioni fiscali che in ogni paese hanno permesso una migliore diffusione della previdenza complementare.
Nonostante ciò, la Commissione europea ha affrontato questo tema con un mezzo diverso da quello adottato per l’istituzione dei Pepp, formulando soltanto una “semplice”  raccomandazione con la quale si è voluto incoraggiare «gli Stati membri a riservare ai Pepp lo stesso trattamento fiscale concesso ai prodotti nazionali analoghi esistenti, anche se il Pepp non soddisfa pienamente i criteri nazionali per gli sgravi fiscali».
Tale soluzione potrebbe mostrare il fianco ad alcune critiche, secondo cui l’affidamento (volontario o meno) di un elemento centrale come quello degli sgravi fiscali ad un atto non vincolante (quale la Raccomandazione - art. 288 TFUE) potrebbe vanificare ogni sforzo adottato da Eiopa e dalla Commissione. Infatti, gli Stati membri potrebbero decidere liberamente di non allineare i rispettivi regimi fiscali finora adottati o di non destinare ai Pepp le stesse agevolazioni riconosciute ai prodotti “nazionali” di previdenza complementare. Il che, alla luce delle “spinte protezionistiche” promosse da numerosi paesi dell’Unione, potrebbe costituire più di una mera ipotesi.
Tuttavia, sarebbe anche l’ora di iniziare ad abbandonare quell’idea secondo cui la previdenza complementare costituisca soltanto uno strumento utile per conseguire un risparmio fiscale, dove poter conservare solo qualche piccolo risparmio anche se oggettivamente inutile per un’idonea pensione integrativa (si veda ad esempio il noto fenomeno, portato recentemente alla ribalta da Covip, sulle posizioni previdenziali “pari a zero” - http://www.covip.it/?p=12696).
Bisognerebbe, invece, iniziare a pensare ad un sistema di welfare complementare capace di fornire (anche grazie all’intervento del legislatore) dei servizi assistenziali e previdenziali (in aggiunta a quelli pubblici, essenziali ed irrinunciabili) veramente utili, che riescano ad attirare la clientela più per la qualità dei suoi prodotti che per gli annessi vantaggi fiscali. A tal fine, sarà comunque necessario promuovere una sana cultura previdenziale, soprattutto in un Paese come il nostro dove molta gente preferisce “gettare denaro dalla finestra” in attività poco lodevoli (gioco d’azzardo, cartomanzia, ecc.) anziché pensare ai propri bisogni futuri.
Le nuove riforme europee potrebbero dare una spinta verso questa direzione, ma, forse, è ancora troppo presto per dirlo.
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