Solvency II, un percorso in salita
26/09/2013
Se ne parla da anni e ancora se ne parlerà. Perché tale è la portata di Solvency II, a livello europeo e soprattutto per i mercati nazionali, che nulla può essere sottovalutato. Da anni si parla di armonizzazione" della direttiva e di necessità di renderla efficace (e soprattutto non dannosa) per i singoli Paesi. In più occasioni abbiamo assistito, con grande sollievo delle compagnie, a slittamenti nel tempo della sua entrata in vigore e delle fasi di implementazione. In Italia, le compagnie hanno investito molto e dedicato tempo e risorse per adeguarsi ai vari requisiti, con la giusta attenzione da parte dell'Ivass e dell'Ania, seguendo un percorso che si è rivelato spesso in salita. Quanto questo sia vero lo dimostra non tanto l'esperienza dei grandi gruppi assicurativi, che hanno più facilmente investito e trovato risorse per applicare modalità di intervento idonee, quanto quella delle compagnie medio-piccole. Difficile per loro, per evidenti differenze nelle capacità di investimento ma non solo, uscire dalla logica di realizzare esclusivamente quanto strettamente necessario, focalizzandosi solo sugli aspetti di compliance della norma.
L'impostazione della direttiva sembra però essere sulla strada giusta, e molto è già stato fatto. Ma molto resta ancora da fare. Perché, al di là degli orientamenti non proprio omogeni tra le diverse compagnie attive nel nostro Paese, diverse sono ancora le preoccupazioni e le questioni aperte. Tra le tante priorità, quella di prevedere meccanismi anticiclici in grado di salvaguardare il modello gestionale delle compagnie, attutendo l'impatto della volatilità dei mercati finanziari sulla solvibilità delle imprese assicurative. Il che significa principalmente preoccuparsi dell'esposizione delle compagnie verso il debito sovrano, ma anche far evolvere la capacità di gestire le passività in un'ottica di integrazione dei rischi e sulla base di una condivisione della cultura del rischio a livello trasversale (attraverso tutta l'impresa, cda compreso).
La strada da percorrere, tristemente tracciata proprio dalla prolungata crisi finanziaria, mette quindi sempre più in evidenza il ruolo strategico del risk management ed enfatizza l'importanza della governance.
Irrinunciabile risulta però la necessità di apportare aggiustamenti, bilanciando semplicità e facilità di applicazione. Con l'obiettivo finale di riuscire a riflettere il modello di business delle imprese di assicurazione consentendo loro di prendere impegni di investimento nel lungo periodo, senza penalizzare singole realtà o interi mercati.
L'impostazione della direttiva sembra però essere sulla strada giusta, e molto è già stato fatto. Ma molto resta ancora da fare. Perché, al di là degli orientamenti non proprio omogeni tra le diverse compagnie attive nel nostro Paese, diverse sono ancora le preoccupazioni e le questioni aperte. Tra le tante priorità, quella di prevedere meccanismi anticiclici in grado di salvaguardare il modello gestionale delle compagnie, attutendo l'impatto della volatilità dei mercati finanziari sulla solvibilità delle imprese assicurative. Il che significa principalmente preoccuparsi dell'esposizione delle compagnie verso il debito sovrano, ma anche far evolvere la capacità di gestire le passività in un'ottica di integrazione dei rischi e sulla base di una condivisione della cultura del rischio a livello trasversale (attraverso tutta l'impresa, cda compreso).
La strada da percorrere, tristemente tracciata proprio dalla prolungata crisi finanziaria, mette quindi sempre più in evidenza il ruolo strategico del risk management ed enfatizza l'importanza della governance.
Irrinunciabile risulta però la necessità di apportare aggiustamenti, bilanciando semplicità e facilità di applicazione. Con l'obiettivo finale di riuscire a riflettere il modello di business delle imprese di assicurazione consentendo loro di prendere impegni di investimento nel lungo periodo, senza penalizzare singole realtà o interi mercati.
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