Ricerca di sicurezza e stangate fiscali
09/06/2014
Come favorire lo sviluppo della previdenza complementare, la diffusione dei prodotti protection, e nel complesso una maggiore propensione degli italiani all'acquisto di polizze assicurative diverse dall'Rc auto obbligatoria?
La centralità di questa domanda non emerge solo attraverso le agende di convegni e seminari, nelle interviste e nei dibattiti tra esponenti del settore. Si tratta infatti di un interrogativo che esprime un'esigenza sociale, latente anche e soprattutto in tempi di crisi, a cui le compagnie e gli intermediari cercano di dare una risposta su più fronti. L'obiettivo è stimolare la domanda in un Paese sottoassicurato, dove però il supporto dello Stato non può più essere quello di una volta. I confronti tra l'Italia e gli altri Paesi europei, anno dopo anno, illustrano così un gap che sembra costantemente incolmabile. Una distanza che risulta ulteriormente aggravata dalla crescente leggerezza delle tasche di famiglie e aziende, oppresse dal bisogno di ricevere credito dalle banche.
Tramontati i tempi d'oro in cui l'attività delle compagnie di assicurazione e dei canali distributivi poteva limitarsi alla proposizione della polizza auto, negli ultimi anni si sono moltiplicate le strategie che puntano al riequilibrio del mix di portafoglio, con politiche commerciali e di marketing che spingono sulla diversificazione dell'offerta assicurativa, sul valore della protezione, sul potenziale della previdenza. Con un unico denominatore, sottolineato in tutte le sedi dall'Ania, dalle singole compagnie, dagli intermediari e dalle rappresentanze di categoria: il reale sviluppo delle polizze assicurative nel nostro Paese, con relativa maggiore sicurezza per la popolazione e per le imprese, deve essere favorito dal legislatore attraverso opportune e mirate agevolazioni fiscali. Un richiamo, un appello, un monito che regolarmente sembra cadere nel vuoto o comunque dimostrarsi inadeguato.
Alle banche e alle assicurazioni il Governo Renzi ha chiesto un contributo importante per riuscire a coprire finanziariamente il bonus ai lavoratori dipendenti.
La manovra (per cui l'Abi e l'Ania hanno chiesto a gran voce una revisione), secondo uno studio condotto dalla Cgia di Mestre, si tradurrebbe, per il 2014, in un esborso di 5,9 miliardi di tasse in più da parte del settore bancario, finanziario e assicurativo: l'addizionale Ires, che passa dal 27,5 al 36% pesa per 1,5 miliardi; 2,6 miliardi di euro sono dovuti alle nuove regole sulle svalutazioni dei crediti e 1,8 miliardi di euro a causa della rivalutazione delle quote di Banca d'Italia. Con questo aggravio la pressione fiscale crescerà del 0,2%.
In particolare, pesa l'impatto proveniente dall'innalzamento dell'aliquota dal 12 al 26 per cento sulla rivalutazione delle quote della Banca d'Italia: le aziende di credito e le assicurazioni azioniste della Banca centrale italiana dovranno versare entro il mese di giugno non più i 900 milioni preventivati, e già accantonati nei progetti di bilancio, ma un miliardo e 800 milioni.
In questo scenario resta da chiedersi quali saranno i reali benefici per gli italiani e per i lavoratori. E, soprattutto, fino a che punto dovranno pagare, prossimamente e sotto altre forme, la stangata in cui è coinvolto il settore finanziario.
La centralità di questa domanda non emerge solo attraverso le agende di convegni e seminari, nelle interviste e nei dibattiti tra esponenti del settore. Si tratta infatti di un interrogativo che esprime un'esigenza sociale, latente anche e soprattutto in tempi di crisi, a cui le compagnie e gli intermediari cercano di dare una risposta su più fronti. L'obiettivo è stimolare la domanda in un Paese sottoassicurato, dove però il supporto dello Stato non può più essere quello di una volta. I confronti tra l'Italia e gli altri Paesi europei, anno dopo anno, illustrano così un gap che sembra costantemente incolmabile. Una distanza che risulta ulteriormente aggravata dalla crescente leggerezza delle tasche di famiglie e aziende, oppresse dal bisogno di ricevere credito dalle banche.
Tramontati i tempi d'oro in cui l'attività delle compagnie di assicurazione e dei canali distributivi poteva limitarsi alla proposizione della polizza auto, negli ultimi anni si sono moltiplicate le strategie che puntano al riequilibrio del mix di portafoglio, con politiche commerciali e di marketing che spingono sulla diversificazione dell'offerta assicurativa, sul valore della protezione, sul potenziale della previdenza. Con un unico denominatore, sottolineato in tutte le sedi dall'Ania, dalle singole compagnie, dagli intermediari e dalle rappresentanze di categoria: il reale sviluppo delle polizze assicurative nel nostro Paese, con relativa maggiore sicurezza per la popolazione e per le imprese, deve essere favorito dal legislatore attraverso opportune e mirate agevolazioni fiscali. Un richiamo, un appello, un monito che regolarmente sembra cadere nel vuoto o comunque dimostrarsi inadeguato.
Alle banche e alle assicurazioni il Governo Renzi ha chiesto un contributo importante per riuscire a coprire finanziariamente il bonus ai lavoratori dipendenti.
La manovra (per cui l'Abi e l'Ania hanno chiesto a gran voce una revisione), secondo uno studio condotto dalla Cgia di Mestre, si tradurrebbe, per il 2014, in un esborso di 5,9 miliardi di tasse in più da parte del settore bancario, finanziario e assicurativo: l'addizionale Ires, che passa dal 27,5 al 36% pesa per 1,5 miliardi; 2,6 miliardi di euro sono dovuti alle nuove regole sulle svalutazioni dei crediti e 1,8 miliardi di euro a causa della rivalutazione delle quote di Banca d'Italia. Con questo aggravio la pressione fiscale crescerà del 0,2%.
In particolare, pesa l'impatto proveniente dall'innalzamento dell'aliquota dal 12 al 26 per cento sulla rivalutazione delle quote della Banca d'Italia: le aziende di credito e le assicurazioni azioniste della Banca centrale italiana dovranno versare entro il mese di giugno non più i 900 milioni preventivati, e già accantonati nei progetti di bilancio, ma un miliardo e 800 milioni.
In questo scenario resta da chiedersi quali saranno i reali benefici per gli italiani e per i lavoratori. E, soprattutto, fino a che punto dovranno pagare, prossimamente e sotto altre forme, la stangata in cui è coinvolto il settore finanziario.
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