Calamità naturali, dalla scienza alla prevenzione
04/06/2019
Il Bel Paese, dove fioriscono angoli di natura incontaminata e la bellezza di luoghi ancora espressione di una grandezza culturale e artistica ereditata negli anni. Ma anche l’Italia del territorio offeso da piani regolatori scellerati e dall’abusivismo edilizio, devastato da fenomeni naturali incuranti della presenza dell’uomo che proprio lì non doveva costruire insediamenti, attività produttive e commerciali.
Le catastrofi naturali non esistono, come ha sostenuto Mario Tozzi, geologo e divulgatore scientifico, nel suo intervento a un recente convegno sulla gestione delle emergenze, ma vengono provocate dalla noncuranza e dall’avidità dell’uomo.
Così, oggi non può che essere molto caro il conto che ci viene presentato prima da un passato inconsapevole e ignaro dei rischi che avrebbe provocato e, successivamente, da un’epoca dominata dal guadagno e dalla totale mancanza di preoccupazione circa le conseguenze che i cambiamenti climatici, i terremoti o le alluvioni avrebbero potuto rovesciare sull’arroganza degli uomini.
Se la catastrofe è causata dalle stratificazioni di errori che l’uomo ha seminato nel suo “progredire”, cosa è possibile fare oggi da parte del singolo cittadino, delle aziende e dei Paesi in tutto il mondo?
La strada per correre ai ripari è tracciata dagli appelli e dai provvedimenti caldeggiati a livello internazionale, che rischiano di risultare inascoltati e comunque insufficienti.
I rimedi evidenziati da Tozzi sottolineano l’importanza della conoscenza scientifica, dell’informazione, della memoria degli eventi e della pianificazione del territorio. Solo grazie a tutte queste componenti sarà possibile parlare di prevenzione che può salvare vite, beni e patrimoni.
Ecco allora che la centralità del settore assicurativo viene riscoperta alla luce di una valenza che non riguarda solo la diffusione di polizze “capienti”. Le assicurazioni hanno conoscenza dei rischi, collaborano con il mondo scientifico e, nelle analisi dei fenomeni accaduti in passato, conservano memoria degli eventi per valutarne scenari futuri.
Secondo un’indagine Ivass condotta tra luglio e dicembre dello scorso anno, le polizze per le catastrofi naturali risultano in aumento: un’attenzione che dovrebbe essere trainata dalle agevolazioni fiscali ma che ancora non si è tradotta, nel nostro Paese, nella necessaria diffusione di queste soluzioni assicurative.
Il dibattito sulla collaborazione tra pubblico e privato, che vede al centro l’obbligatorietà della polizza, sembra aver trovato un’apertura da parte dell’attuale governo, come ha rivelato Dario Focarelli, direttore generale dell’Ania, sempre nel corso del convegno sopra citato. Ma in attesa che le “aperture” del legislatore si traducano in interventi concreti, molto si potrebbe fare per trasformare il termine “prevenzione” in una serie di attività a tutela del territorio. Dalla collaborazione tra Comuni, e in generale tra enti pubblici, associazioni, rappresentanti del mondo imprenditoriale e assicuratori è possibile tracciare un percorso per conoscere il rischio e cercare di salvaguardare il nostro Paese. L’obiettivo è riuscire a introdurre come prassi i necessari interventi di ricostruzione, a seguito di un’emergenza, in un’ottica di capacità di porre riparo anche per l’eventualità di sinistri futuri. E trasformare, in prospettiva, l’urgenza in un’opportunità per garantire maggiore sicurezza. Parliamo in questo caso di un metodo sistematico di intervento, una sorta di ”autoregolamentazione” da condividere con tutti gli interlocutori, più o meno istituzionali, del mondo assicurativo. Un settore che possiede conoscenze, competenze e capacità tecniche tali da poter trasformare la diffusione di cultura in azioni di tutela del nostro Paese. A patto però che riesca a costruire un sistema virtuoso basato sulla condivisione e l’impegno tra tutti gli attori, oltre che sulla obbligatorietà della polizza.
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