Infortuni (polizza per l’assicurazione degli infortuni) - Seconda parte
La polizza tutela con un indennizzo gli assicurati, in caso di lesioni fisiche o morte causati da un evento accidentale. Alcuni aspetti sono oggetto di dibattito sul piano giurisprudenziale, in particolare per quanto attiene la possibilità per l’assicuratore di surrogarsi con altre coperture coesistenti
14/03/2023
Dal punto di vista giuridico, la polizza infortuni viene considerata un contratto tipico (cioè, previsto e disciplinato dalla legge), per quanto non si preveda una disciplina specifica all’interno del Codice civile. Essa è comunemente ritenuta una figura negoziale cristallizzata nella prassi.
Si è discusso a lungo sulla sua riconducibilità all’ambito dell’assicurazione contro i danni, secondo le norme previste agli articoli 1904-1918 del Codice civile, piuttosto che all’assicurazione sulla vita, normata agli articoli 1919-1927 del Codice stesso.
L’assimilazione all’assicurazione sulla vita dipenderebbe dall’essere questa una copertura dell’integrità psicofisica del soggetto assicurato, contrapposta a quella dei beni materiali e, in quanto tale, non monetizzabile. In molti mercati, come quello francese, ad esempio, l’assicurazione infortuni appartiene dichiaratamente ai rami vita.
In Italia, tuttavia, è progressivamente emersa la funzione indennitaria di questi contratti e le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza 5119 del 2002, hanno affermato che l’assicurazione contro gli infortuni è “partecipe della funzione indennitaria propria dell’assicurazione contro i danni”, anche se viene attribuita una sorte diversa all’assicurazione che copra il caso dell’infortunio mortale, inteso come evento che attiene esclusivamente alla vita umana, e non alla persona, come accade invece nell’infortunio invalidante. L’assicurazione che copre la morte dell’individuo, indipendentemente dalla causa che l’ha determinata, sia che si tratti di infortunio o malattia, attiene pacificamente al ramo vita. La questione non è di poco conto, perché da essa dipende l’applicazione della norma prevista dall’articolo 1916 del Codice civile, che prevede la possibilità dell’assicuratore di surrogarsi nei confronti di eventuali altre polizze e coperture esistenti contro gli infortuni, che possono a vario titolo interessare la persona assicurata.
SURROGAZIONE, UN TEMA COMPLESSO
Il meccanismo della surrogazione si pone alla base del cosiddetto principio indennitario, che permea il sistema assicurativo dei rami danni e prevede per le compagnie di assicurazione la possibilità di indennizzare la perdita sofferta dall’assicurato, senza determinarne un indebito arricchimento.
Si tratta di un problema molto discusso tra gli addetti ai lavori, soprattutto in seguito alle indicazioni previste dalla Suprema Corte, con sentenza 13233 del 2014, nella quale si confermava il concetto della compensatio lucri cum damno (letteralmente, compensazione del guadagno con il danno), ovvero il divieto di cumulare risarcimento del danno e indennizzo assicurativo, in presenza di diverse coperture che dovessero coesistere e operare contemporaneamente sul medesimo individuo.
In pratica, nel caso in cui un soggetto fosse vittima di un incidente d’auto, dal risarcimento effettuato a termini della polizza di responsabilità civile di chi avesse causato il danno andrebbe decurtato l’indennizzo spettante alla vittima per eventuali sue coperture infortuni.
Il principio dipende proprio dall’inquadramento dell’assicurazione degli infortuni non mortali nell’ambito dei rami danni, perché in tal caso il principio indennitario determina che l’indennizzo non possa mai eccedere il danno patito.
Se l’evento fosse stato mortale, invece, la surroga ex art. 1916 dell’assicuratore della responsabilità civile nei confronti di quello infortuni non sarebbe applicabile, poiché il beneficiario dell’indennizzo sarebbe un soggetto terzo. Ciò farebbe venir meno il presupposto stesso del diritto di surrogazione, che impedisce il cumulo di diritti derivanti da titoli diversi in una sola persona, cioè il diritto al risarcimento verso il responsabile e il diritto all’indennizzo verso l’assicuratore.
La questione è stata trattata in giurisprudenza a più riprese, con esiti abbastanza ondivaghi, in particolare con sentenza n. 12565/2018 delle Sezioni Unite, Cass. n. 18050/2019, Cass. n. 9380/2021, ed è possibile che altre decisioni delle corti di ogni grado continuino a discettare sull’applicabilità della compensatio lucri cum damno all’assicurazione contro gli infortuni non mortali, quando coesistano la funzione indennitaria prevista da tale polizza e la possibilità di applicare la surroga dell’assicuratore prevista dalla legge.
IL RAPPORTO CON LA RESPONSABILITÀ CIVILE
Sebbene il principio risulti teoricamente favorevole alle compagnie di assicurazione, non sono poche le incognite a esso sottese. Innanzitutto, la detrazione dell’importo assicurato nella polizza infortuni al risarcimento previsto nella polizza di responsabilità civile può essere vista come uno sconto a chi, dopo tutto, ha commesso l’illecito, cioè al danneggiante. Vi sono poi molte criticità nell’applicazione pratica del principio, perché le poste risarcitorie e quelle indennitarie non risultano sempre omogenee. Si rischia di trovarsi a detrarre le pere dalle mele, come direbbero gli anglosassoni, soprattutto in un sistema come il nostro, nel quale le poste risarcitorie che riguardano il danno alla persona sono assai varie, complesse e ancora oggetto di discussione fra i giuristi.
Per fare un esempio, nella sentenza 13233 del 2014 si stabilisce che “la detrazione del risarcimento del danno aquiliano (cioè, il danno da responsabilità civile) dell’indennizzo assicurativo percepito dalla vittima in virtù di un’assicurazione contro gli infortuni esige che il danno patito e il rischio assicurato coincidano”.
In pratica, se l’assicuratore della responsabilità civile coprisse il danno da perdita della capacità lavorativa (il danno patrimoniale) e la vittima dell’illecito subisse soltanto un danno biologico (danno non patrimoniale), non si potrebbe procedere ad alcuna detrazione per mancanza di omogeneità tra le poste di danno.
I PROBLEMI DI APPLICABILITÀ
Sono tutte problematiche enunciate proprio nelle sentenze richiamate, che illustrano quanto difficile sia applicare concretamente il principio della compensatio, anche nel contesto della valutazione medico legale del risarcimento. Se nel risarcimento del danno alla persona è nozione comune distinguere il danno non patrimoniale dal danno patrimoniale, nelle polizze infortuni queste categorie non vengono utilizzate.
E poi vi sono oggettivi problemi di applicabilità ove la stessa compagnia, ad esempio, copra la responsabilità civile e la garanzia infortuni dei trasportati. Insomma, il ricorso alla surroga previsto dall’articolo 1916 del Codice civile è cosa assai complessa, che i liquidatori delle compagnie conoscono e trattano con grande delicatezza e parsimonia.
In un mercato nel quale le polizze infortuni sono tanto diffuse, l’applicazione del principio della compensatio lucri cum damno può ricorrere soventemente e rendere la vita dei liquidatori (ma anche dei legali che difendono chi ha subito il danno e dei medici legali che lo devono accertare) alquanto difficile.
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