Class Action
Dopo molti anni di discussioni, le azioni collettive di risarcimento sono approdate anche da noi, sebbene le modalità previste rimangano abbastanza lontane da quelle in voga negli Usa. Per spingere la diffusione in Italia di questo tipo di procedimento, il dlgs 28/2023 ha introdotto nel nostro sistema giuridico alcuni meccanismi incentivanti
18/11/2024
L’espressione inglese class action indica un’azione legale collettiva, promossa da più soggetti appartenenti a una determinata categoria, per ottenere il riconoscimento di un diritto comune: il risultato dell’azione legale varrà per tutti gli appartenenti alla categoria.
Abbiamo dunque a che fare con un procedimento giudiziario che consente a un gruppo di individui di tutelare i propri diritti individuali lesi, ad esempio, dalla condotta di un’impresa o di un ente gestore di servizi pubblici o di pubblica utilità. I diritti restano individuali, ma l’azione è collettiva.
Questo strumento giuridico è nato e si è sviluppato in un sistema molto diverso dal nostro, anche se alcuni attenti osservatori hanno individuato una sorta di class action in nuce addirittura nel diritto romano. Il fatto è che, a distanza di qualche anno dalla riforma che ne avrebbe dovuto rendere più semplice l’utilizzo, in Europa (e in Italia in particolare) le azioni collettive di risarcimento stentano un po’ ad affermarsi. Tuttavia, alcune problematiche particolari, come quelle che riguardano le vertenze per la difesa dell’ambiente, e i recenti provvedimenti legati al recepimento della direttiva (Ue) 2020/1828 sembrano voler dare finalmente uno slancio alla class action anche nel nostro sistema.
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LA PRIMA AZIONE COLLETTIVA REGOLATA DAL CODICE DEL CONSUMO
Fino a qualche anno fa questo particolare tipo di procedimento era regolato dall’articolo 140 bis, commi 1-15, del Codice del Consumo, ed è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla legge 244/2007. Si riteneva, infatti, che la parte attiva dell’azione di classe dovesse essere principalmente il consumatore, che agiva verso comportamenti scorretti e anticoncorrenziali delle imprese. L’articolo140 bis del Codice del Consumo sanciva che i diritti individuali omogenei e gli interessi collettivi dei consumatori fossero tutelabili attraverso un’azione collettiva, e a tal fine ciascun componente della classe, anche mediante associazioni di consumatori o comitati, poteva agire per ottenere la condanna al risarcimento del danno.
Oggetto dell’azione di classe era quindi l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento in favore dei consumatori, nell’ambito di rapporti giuridici limitati:
- ai diritti contrattuali di una pluralità di soggetti, nei confronti di una medesima impresa, in una situazione considerabile come omogenea, inclusi i contratti stipulati mediante moduli e formulari ex articolo 1341 e 1342 c.c.;
- a diritti omogenei spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto o servizio, nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un effettivo e diretto rapporto contrattuale;
- al pregiudizio derivante da pratiche commerciali scorrette e da comportamenti anticoncorrenziali.
I consumatori potevano, in alternativa all’ordinaria procedura giudiziaria esperibile individualmente, far valere, con un’unica azione e in un unico giudizio, le loro pretese risarcitorie, purché avessero contenuto omogeneo. La condizione, insomma, era che vi fosse un’unica condotta illecita che richiedeva la risoluzione di una medesima questione di rilevanza collettiva.
Il consumatore che intendeva avviare un’azione di classe poteva farlo direttamente, ottenendo successivamente l’adesione di altri utenti, ma il singolo soggetto non avrebbe potuto disporre dei mezzi necessari per gestire un’azione di questo tipo. Da qui la necessità di affidarsi a un’entità in grado di farlo. L’associazione sarebbe stata il portatore dell’interesse collettivo della categoria dei consumatori rappresentata, mentre l’adesione del consumatore avrebbe comportato la rinuncia a ogni azione risarcitoria individuale, fondata sul medesimo titolo.
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LA RIFORMA PREVISTA DALLA LEGGE 31 DEL 12/4/2019
A partire dalla legge 31 del 12 aprile 2019 la class action non è stata più disciplinata dal Codice del Consumo, bensì dal Codice di procedura civile, all’interno del quale è stato introdotto il titolo VIII-bis del libro quarto, proprio in materia di azione di classe. Il passaggio all’interno del Codice di procedura civile ha permesso il potenziamento di questo istituto, il cui campo di applicazione è stato allargato, sia per quanto concerne i soggetti che possono accedervi, sia per le situazioni giuridiche che possono essere fatte valere in giudizio. Con l’azione di classe è divenuto possibile agire a tutela dei danni maturati a fronte di condotte lesive, non più per i soli casi di responsabilità contrattuale, ma anche per quella extracontrattuale, cioè relativa alla lesione di diritti estranei alla presenza di un eventuale accordo o contratto.
Possiamo quindi considerare questa come la prima e più importante novità nell’applicazione della class action prevista dalla legge 31/2019: la possibilità di essere esperita da tutti coloro che sono titolari di diritti individuali omogenei in tutte le ipotesi di responsabilità, sia essa contrattuale che extracontrattuale.
L’entrata in vigore della nuova disciplina della class action, inizialmente prevista per il mese di aprile del 2020 (dodici mesi dopo la pubblicazione della legge 31/2019 che l’aveva introdotta), è stata prorogata al mese di ottobre del 2020 e poi differita ulteriormente a novembre 2020 dalla legge n. 8 del 28 febbraio 2020, di conversione del suddetto decreto.
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L’ADESIONE ALL’AZIONE DI CLASSE IN BASE ALLA LEGGE DEL 2019
Ciascun cittadino che ritenesse lesi i propri diritti, riconoscendoli tra quelli promossi dall’azione di classe, può aderire all’azione tramite inserimento di una domanda nel fascicolo informatico presente nell’area dedicata del portale dei servizi telematici del ministero della Giustizia. La domanda si presenta su un modulo conforme al modello approvato dal ministro della Giustizia, che prevede anche le istruzioni per la sua compilazione. È possibile aderire alla classe anche senza l’aiuto di un avvocato. Il resistente (cioè l’ente o l’azienda contro cui viene promossa la class action) si difenderà come in un normale processo.
Il rappresentante comune dei soggetti che hanno aderito all’azione di classe predisporrà il progetto dei diritti individuali omogenei lesi, chiarendo per ciascuno le sue conclusioni e motivandole. Questo documento verrà depositato e comunicato agli aderenti e al resistente.
La riforma ha modificato la procedura di adesione all’azione di classe, che può essere effettuata sia prima sia dopo la sentenza di accoglimento o ammissione della class action, e perfino successivamente all’eventuale condanna comminata.
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COME FUNZIONA QUESTO TIPO DI AZIONE LEGALE
La domanda per la class action viene proposta con ricorso davanti alla sezione specializzata in materia di impresa, competente nel luogo in cui ha sede la parte resistente, cioè l’azienda o l’ente contro cui l’azione viene promossa. Il procedimento viene regolato dal rito sommario previsto all’articolo 702-bis e seguenti, ed è definito con sentenza, nel termine di 30 giorni successivi alla discussione orale della causa. Il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza verranno pubblicati entro 10 giorni dal deposito di quest’ultimo nell’area pubblica del portale dei servizi telematici, gestito dal ministero della Giustizia.
Decorsi 60 giorni dalla data di pubblicazione del ricorso, non potranno essere avanzate ulteriori azioni di classe sulla base dei medesimi fatti e nei confronti del medesimo resistente. Nel complesso, parliamo di tempi abbastanza stretti. Spetterà al tribunale decidere se il ricorso sia ammissibile o meno. Entro il termine di trenta giorni dalla prima udienza, infatti, la domanda sarà dichiarata inammissibile qualora risultasse manifestamente infondata, il tribunale non ravvisasse omogeneità dei diritti individuali tutelabili, il ricorrente si trovasse in stato di conflitto di interessi nei confronti del resistente o non fosse in grado di curare adeguatamente i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio. Se l’istanza fosse dichiarata inammissibile, il ricorrente potrà riproporre l’azione di classe, solo se vi fossero seri elementi di novità da sottoporre al giudice.
Una volta stabilita l’ammissibilità della class action, il tribunale pubblicherà un’ordinanza nel portale dei servizi telematici gestito dal ministero della Giustizia e fisserà un termine perentorio per aderire all’azione. Tale termine non potrà essere inferiore a sessanta giorni o superiore a centocinquanta giorni dalla data di pubblicazione dell’ordinanza. Anche in questo caso, parliamo di una tempistica piuttosto breve.
Quello descritto è un sistema che gli americani definirebbero come opt-in, nel quale cioè, per gli eventuali danneggiati, sarà possibile aderire all’azione promossa nei termini descritti. Lo stesso si differenzia dal sistema opt-out, nel quale invece i danneggiati e aventi diritto sarebbero tutti considerati automaticamente coinvolti, a meno che non manifestassero la volontà di uscire dal procedimento.
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IL PROCEDIMENTO, SECONDO LA LEGGE DEL 2019
Con la sentenza di accoglimento dell’azione di classe, il giudice dovrà accertare che il resistente (l’impresa o l’ente accusati di comportamento lesivo) abbia leso diritti individuali omogenei (cioè lo stesso diritto per tutto il gruppo di persone rappresentato dalla classe).
Il filtro dell’ammissibilità dell’azione di classe rappresenta il primo grado del giudizio. La seconda parte sarà dedicata all’accertamento della responsabilità del convenuto e del diritto dell’attore a ottenere il risarcimento del danno. Accolta, anche solo in parte, la domanda di adesione, il giudice delegato condannerà con decreto motivato il resistente a pagare le somme o le cose dovute a ciascun aderente, a titolo di risarcimento o di restituzione.
A differenza di quanto accade negli Stati Uniti, dove le class action fruttano agli uffici legali somme di denaro piuttosto ragguardevoli, a favore del difensore di cui l’aderente si sia avvalso sarà dovuto un compenso determinato con apposito decreto del ministro della Giustizia. Ciò può spiegare come mai le azioni collettive di risarcimento non esercitino per gli studi legali italiani lo stesso fascino che hanno in Usa.
Nell’ultima fase del procedimento verranno, infine, liquidati gli importi dovuti a coloro che hanno aderito all’azione. Ricordiamo che l’adesione è permessa anche successivamente alla condanna.
Una novità interessante è costituita dalla possibilità di raggiungere un accordo transattivo fra le parti. Il tribunale, infatti, formulerà, ove possibile, una proposta transattiva o conciliativa e, anche dopo la pronuncia della sentenza che accoglie l’azione di classe, il rappresentante comune, nell’interesse degli aderenti, potrà a sua volta predisporre con il resistente uno schema di accordo di natura transattiva. Quando non fosse possibile conseguire il soddisfacimento delle pretese degli aderenti, il giudice delegato dichiarerà chiusa la procedura di adesione con decreto motivato. Gli aderenti riacquisteranno in questo caso “il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi” e potranno procedere con esecuzioni forzate individuali. Da ricordare, inoltre, che per le condotte illecite poste in essere prima dell’entrata in vigore della riforma resta ferma l’applicabilità della disciplina dettata dal Codice del consumo.
IL DLGS 28/2023 E LE AZIONI RAPPRESENTATIVE
La direttiva (Ue) 2020/1828, relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori, ha introdotto alla parte V del Codice del consumo un nuovo titolo (articoli 140 ter - 140 quaterdecies), le cui disposizioni si sono applicate a decorrere dal 25 giugno 2023. Il dlgs 28/2023, che ha recepito tale direttiva ha quindi introdotto una nuova azione rappresentativa che si è affiancata alla procedura prevista dalla legge 31/2019. A partire dal 25 giugno del 2023 sono quindi diventate applicabili, nel nostro ordinamento, le azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori.
A differenza della class action delineata dal legislatore del 2019, finalizzata a tutelare i diritti individuali omogenei dei componenti di una classe, la nuova azione rappresentativa consiste in un’azione per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori, quelli cioè derivanti dalla violazione dei regolamenti e delle direttive emanate dall’Unione Europea ed elencati espressamente nell’allegato II del decreto legislativo. Tale azione deve essere promossa esclusivamente da enti legittimati, appositamente inseriti in un elenco depositato presso il ministero delle Imprese e delmade in Italy.
Un altro elemento di novità consiste nell’estensione della legittimazione passiva: l’azione rappresentativa potrà infatti essere promossa sia contro imprese ed enti pubblici, sia nei confronti di qualsiasi professionista, persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che agisca per fini relativi alla propria attività commerciale, imprenditoriale, artigianale o professionale. La stessa potrà essere nazionale o transfrontaliera. Quella nazionale si sovrappone alla disciplina generale già presente nel nostro ordinamento, prevedendo un doppio binario di tutela collettiva per i ricorsi domestici. Quella transfrontaliera permette alle associazioni di altri Stati Ue di promuovere class action in Italia e alle organizzazioni di consumatori italiane di fare altrettanto nei paesi Ue, anche insieme a enti di altri Stati membri.
Il procedimento di adesione all’azione da parte dei potenziali componenti della classe è stato reso più semplice, rispetto al passato, dato che la stessa non richiede l’assistenza di un avvocato, si può fare interamente online tramite il portale gestito dal ministero della Giustizia e può essere effettuata entro due distinte finestre temporali:
- la prima si apre in seguito alla pronuncia dell’ordinanza che dichiara ammissibile l’azione;
- la seconda si apre in seguito alla pronuncia della sentenza che accoglie nel merito l’azione.
La possibilità di adesione dei componenti della classe è prevista solo per le azioni nelle quali viene richiesto un provvedimento risarcitorio, restitutorio o compensativo, mentre non è prevista per le azioni meramente inibitorie.
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COME MASSIMIZZARE LA CONOSCENZA DEI PROCEDIMENTI PENDENTI
Nel Codice di procedura civile sono stati introdotti, tramite la legge n. 31/2019 e con effetto dal 19 maggio 2021, le regole che disciplinano un’azione di classe generale. Quest’ultima è esperibile da chiunque, persona fisica o persona giuridica, in relazione a violazioni di diritti individuali omogenei, senza particolari limitazioni di materia. Nel Codice del consumo, il dlgs. 28/2023, ha introdotto l’azione rappresentativa dei consumatori ossia un’azione di classe speciale. Quest’ultima è esperibile solo dalle associazioni dei consumatori che siano in possesso di determinati requisiti e che siano inserite in un apposito elenco presso il ministero delle Imprese e del made in Italy, nonché da organismi pubblici indipendenti (come la Banca d’Italia, la Consob, l’Ivass e il Garante della Privacy), in relazione a violazioni degli interessi collettivi dei consumatori, nelle materie inserite in un apposito elenco allegato al dlgs. 28/2023. Da notare che quest’ultimo include le disposizioni di legge in tema di clausole vessatorie, pratiche commerciali scorrette e pubblicità ingannevole (ed è dunque di importanza fondamentale per il comparto bancario e assicurativo).
Per massimizzare la conoscenza dei procedimenti pendenti e stimolare le adesioni dei soggetti lesi è stata inoltre istituita la pubblicazione e libera consultazione degli atti introduttivi e dei principali provvedimenti giudiziali emessi nel corso del procedimento (ad esempio l’ordinanza sull’ammissibilità dell’azione) sul portale telematico gestito dal ministero della Giustizia. Inoltre, verranno pubblicate le azioni intraprese all’interno di un’apposita sezione del sito web del Ministero delle Imprese e del made in Italy, che si occupa anche di fornire informazioni in merito allo stato dei procedimenti.
DICIASSETTE CLASS ACTION NEL 2023 IN ITALIA
Dopo molti anni di discussioni, le azioni collettive di risarcimento sono approdate nel nostro sistema, anche se le modalità previste rimangono abbastanza lontane da quelle delle class action tanto in voga in America. Per spingere la diffusione di questo tipo di procedimento, che non pareva essere particolarmente attraente all’interno del nostro sistema giuridico, il dlgs 28/2023 ha introdotto alcuni meccanismi incentivanti, tra cui l’anticipazione delle spese di Ctu a carico del resistente in caso di soccombenza, la condanna del consumatore al rimborso delle spese a favore del resistente solo nel caso di malafede, la cancellazione dell’obbligo di pagare un contributo unificato aggiuntivo in caso di soccombenza e l’interruzione del termine di prescrizione per tutti i componenti della classe al momento del deposito del ricorso introduttivo dell’azione (e quindi non quello in cui avviene l’adesione da parte del singolo componente della classe). Ciò ha consentito il crescente utilizzo di questi strumenti di tutela collettiva, che si riflette sul numero delle class action introdotte in Italia.
Sul portale class action del ministero della Giustizia, il sito istituzionale del ministero delle Imprese e del made in Italy e i siti istituzionali delle associazioni dei consumatori risulta che le azioni introdotte nel 2021 siano state cinque e il numero sia passato a otto nel 2022 e a 17 nel 2023. Nel primo semestre del 2024 sono state introdotte 11 class action, il che lascia presumere che il numero complessivo delle azioni che saranno introdotte entro l’anno corrente sarà ragionevolmente superiore a quello del 2023. Secondo queste fonti, la categoria più coinvolta in questo tipo di contenzioso sono le banche (due azioni nel 2022, tre azioni nel 2023 e tre azioni nei primi sei mesi del 2024).
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