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Arbitrato (aggiornamento)

È una modalità alternativa di risoluzione delle controversie basata su una procedura privata di accordo. Dal gennaio di quest’anno è entrata in vigore una forma specifica per il settore insurance, l’arbitro assicurativo, per ridurre l’elevato contenzioso che affligge il mercato. Questo articolo aggiorna la puntata del Glossario uscita su Insurance Daily il 9 luglio 2021

Arbitrato (aggiornamento) hp_vert_img
L’istituto dell’arbitraggio o lodo arbitrale è una modalità di risoluzione delle controversie sorte sull’interpretazione di un contratto tra privati, attuata senza dover ricorrere al contenzioso giuridico e prevista dal Codice di Procedura Civile, agli articoli che vanno dall’806 all’840. In pratica, è un tipo di Adr (alternative dispute resolution), il cui scopo è risolvere le controversie senza dover passare per il tribunale. Questo accordo non può essere presunto, ma deve essere espresso chiaramente nel contratto, con una clausola compromissoria
Le polizze di assicurazione e i trattati di riassicurazione contengono clausole di questo tipo, nelle quali si definiscono i dettagli del procedimento arbitrale e vengono indicati compiti e limiti di operatività degli arbitri: in caso di controversia, ciascuna delle parti nomina un arbitro e questi due ne nominano a loro volta un terzo. Ogni decisione, presa a maggioranza semplice dal collegio arbitrale così costituito, sarà vincolante per le parti in causa. Qualora il contratto non preveda espressamente l’elezione di un terzo arbitro e non vi sia accordo tra i due esistenti, sarà il tribunale di competenza a nominarlo. 
Il giudizio arbitrale, o lodo, costituisce quindi una procedura privata, che rappresenta un atto negoziale alternativo al giudizio civile e non può essere equiparato a una sentenza, a meno che lo stesso non venga depositato presso la cancelleria del tribunale del luogo in cui è stato emesso. Solo in questo modo, esso sarà reso esecutivo, con pronuncia del giudice competente. 
Il lodo può essere comunque impugnato o revocato in circostanze specificamente previste dalla legge. In base alle modalità di svolgimento della procedura, si distinguono diversi tipi di arbitrato. I più comuni sono l’arbitrato rituale, nel corso del quale gli arbitri si attengono alle norme del Codice di Procedura Civile, e quello irrituale, nel quale gli arbitri stabiliscono essi stessi le modalità di svolgimento della procedura. Quest’ultimo tipo di arbitrato, tuttavia, non può essere reso esecutivo dalla pronuncia di un tribunale e assumere la forza di un atto giuridico, come può accadere invece per l’arbitrato rituale.

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© Jarosław Bialik - pixabay

RILEVANZA INTERNAZIONALE DELL’ARBITRATO
Quest’istituto riveste un ruolo piuttosto rilevante in ambito internazionale, in particolare, in ambito riassicurativo. 
L’arbitrato internazionale o arbitrato commerciale internazionale, infatti, riguarda le controversie a carattere transnazionale, ove le parti contrattuali abbiano sede o domicilio in Stati diversi, come avviene solitamente nella riassicurazione.
Un esempio concreto di questo tipo di arbitrato è quello offerto dalla Camera di commercio internazionale (Icc), normato dalle Arbitration Rules. La Icc è la più grande organizzazione commerciale internazionale. Essa rappresenta le aziende di tutto il mondo, con l’obiettivo di promuovere gli investimenti e favorire l’apertura dei mercati di beni e servizi e la libera circolazione dei capitali. Uno dei suoi settori è proprio dedicato alla risoluzione delle controversie tramite Marc (Metodi alternativi di risoluzione delle controversie).
In Italia, la riforma attuata con il Dlgs. 2 febbraio 2006 n. 40 ha abrogato gli articoli del Codice di Procedura Civile che disciplinavano l’arbitrato internazionale (articoli 832-838). 
Pertanto, la nozione a esso relativa si ricava oggi dalla disposizione di cui all’articolo 830, aggiornata dalla riforma del 2006, che prevede che una delle parti, alla data della sottoscrizione della clausola compromissoria, risieda o abbia la propria sede effettiva all’estero. Ovviamente, la natura di questo tipo di istituto può comportare problemi di sovrapposizione e di coordinamento tra diverse fonti di origine e di natura diversa, dalle convenzioni internazionali alle legislazioni nazionali. Di vitale importanza è dunque che le parti redigano testi di clausole compromissorie completi, validi ed efficaci, onde ridurre al minimo il ricorso, in via integrativa o interpretativa, a ulteriori fonti e riferimenti normativi, finendo con lo spogliare l’istituto stesso di ogni efficacia.

L’ISTITUTO DELL’ARBITRATO ASSICURATIVO 
In ambito assicurativo, una novità importante è rappresentata dall’introduzione dell’Arbitro delle controversie assicurative (Aas). Questa nuova figura si propone di migliorare il rapporto di fiducia tra compagnie, intermediari e assicurati, offrendo la possibilità di dirimere in modo rapido ed economico i piccoli sinistri, ottenendo un effetto deflattivo dell’elevato contenzioso giudiziario che affligge il mercato. Si pensi che solo per l’anno 2020, l’Ivass ha registrato circa 19mila reclami, di cui il 55% sulla responsabilità auto, il 32% sugli altri rami danni e il 13% nei rami vita. In totale, si parla di quasi 250mila cause pendenti, e un tempo medio di risoluzione di otto anni. 
L’arbitro assicurativo si affianca a quello bancario (Abf) e a quello finanziario (Acf), ed è entrato in vigore a partire dal 24 gennaio 2025. L’iter di questa norma è stato alquanto lungo e complesso: se ne parla infatti dal 2018, dal momento che l’obiettivo di offrire maggiori tutele agli assicurati discende dalla direttiva 2016/97 sulla distribuzione assicurativa (Idd).
La Idd prevedeva che le procedure e i requisiti in vigore per l’arbitro bancario e finanziario si applicassero anche a quello assicurativo. Inoltre, la costituzione di quest’ultimo faceva già parte dell’implementazione della direttiva europea 2013/11 sui sistemi di Adr, recepita nel Codice del Consumo.
L’approvazione di questo istituto avrebbe dovuto risalire a un decreto interministeriale emanato di concerto tra il ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit) e il ministero della Giustizia, su proposta dell’Ivass. Tuttavia, alcuni elementi di criticità legati alla complessità delle procedure e dei soggetti coinvolti ne hanno rallentato l’implementazione. 
Le particolari caratteristiche del mercato assicurativo, nel quale operano attori che sono spesso in contrapposizione l’uno con l’altro (come imprese e broker assicurativi) hanno infatti comportato lunghi ritardi. Inoltre, in una controversia assicurativa, l’accertamento della responsabilità e la valutazione e quantificazione dei danni necessitano del supporto di consulenti tecnici e testimonianze orali: l’arbitro assicurativo, però, non può servirsene, come vedremo in seguito.

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FUNZIONAMENTO DELL’ARBITRO ASSICURATIVO 
Il decreto n. 215 del 6 novembre 2024 (Gazzetta Ufficiale 9 gennaio 2025, n. 6) del Mimit ha finalmente introdotto il ruolo dell’arbitro assicurativo e il relativo regolamento sui criteri di svolgimento delle procedure di risoluzione stragiudiziale nelle assicurazioni. È questo un organismo indipendente, istituito presso l’Ivass, che si occupa di tutte le controversie relative alle prestazioni e ai servizi derivanti dai contratti di assicurazione. Non gestisce, invece, i grandi rischi (quelli definiti all’articolo 1, comma 1, lettera r del Codice delle Assicurazioni), e tutti i sinistri che fanno capo alla Consap. Ricorderemo che quest’ultima è un’azienda di diritto privato totalmente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che gestisce i servizi assicurativi di rilievo pubblico, tra i quali il Fondo di garanzia per le vittime della strada, il Fondo di garanzia per le vittime della caccia,  il Fondo di solidarietà in favore delle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura, l’Organismo di indennizzo, il Centro di informazione italiano e la Stanza di Compensazione.
L’arbitro assicurativo può avvalersi di uno o più collegi, composti da soggetti competenti e con elevato livello di indipendenza dalle imprese e dagli intermediari assicurativi.
Ogni collegio è formato da cinque membri, dei quali il presidente (che resta in carica cinque anni) e due componenti sono incaricati dall’Ivass. Un altro membro viene scelto dalle associazioni più rappresentative delle imprese assicurative e uno dalle associazioni più rappresentative degli intermediari. Solo uno di questi ultimi, però, potrà partecipare al ricorso, a seconda della natura del ricorso stesso. Appartiene poi al collegio un membro designato dal Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (Cncu), oppure uno scelto dalle principali associazioni di categoria. Il mandato dei vari membri del collegio, fatta eccezione per il presidente, ha una durata di tre anni.

AMBITO DI OPERATIVITÀ
Le imprese e gli intermediari che sono iscritti all’Albo delle imprese, al Rui o ai relativi elenchi aderiscono automaticamente all’istituto, senza bisogno di inviare alcuna comunicazione o richiesta specifica. Chi non volesse aderire dovrà comunicarlo all’Ivass, specificando di voler utilizzare un diverso sistema di risoluzione delle controversie. Entro quattro mesi dalla sua entrata in vigore, il Regolatore dovrà poi emanare un provvedimento con le disposizioni tecniche e attuative di dettaglio. 
Le questioni di cui si può occupare l’arbitro assicurativo riguardano i contratti che hanno per oggetto l’accertamento di diritti delle parti, anche di tipo risarcitorio, gli obblighi e le facoltà relative a prestazioni e servizi assicurativi e il mancato rispetto delle regole di comportamento previste dal Codice delle Assicurazioni, per quel che attiene l’attività di distribuzione assicurativa. I ricorsi possono riguardare anche somme di denaro, a condizione che non vengano superati gli importi di seguito indicati:
a) 150mila euro per i rami vita e 300mila euro per le polizze del ramo I;
b) per i rami danni, invece: 2.500 euro per i casi di responsabilità civile (tramite azione diretta nei confronti dell’assicurazione del responsabile) e 25mila euro in tutti gli altri casi.
Come accennato, l’arbitro assicurativo può svolgere la sua funzione prendendo decisioni su base documentale. Ciò vuol dire che può sentire le parti, ma non può essere coadiuvato da testimonianze orali o perizie tecniche. Per essere dichiarato ammissibile, ciascun ricorso deve essere preceduto da un reclamo alla compagnia o all’intermediario e deve essere presentato entro 12 mesi dalla presentazione del reclamo stesso. Esso può quindi essere avviato solo da un cliente (o da un soggetto munito di procura). 
Cliente è qualsiasi soggetto (diverso da chi svolge in via professionale attività assicurativa o di intermediazione nei settori assicurativo, previdenziale, bancario e finanziario) che ha o ha avuto con un’impresa o un intermediario un rapporto contrattuale, avente come oggetto prestazioni o servizi assicurativi o al quale la legge riconosce azione diretta nei confronti dell’impresa o che ha comunque titolo a ricevere prestazioni assicurative. In pratica, parliamo quindi del contraente/assicurato o del danneggiato, ovvero del consumatore o di un’associazione di consumatori.
Devono essere sempre allegate la documentazione a sostegno della richiesta presentata, la conferma della presentazione del reclamo e la prova del pagamento del contributo di partecipazione previsto ai sensi dell’articolo 7 del Regolamento. L’assenza della documentazione prevista comporterà inammissibilità del ricorso.

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TEMPISTICHE PER LA PROCEDURA
Per garantire la celerità della procedura, il decreto dispone termini perentori. Una volta ricevuta notifica del ricorso, l’impresa o l’intermediario dovranno inviare alla segreteria tecnica una memoria di controdeduzioni, entro il termine di quaranta giorni; quest’ultima trasmetterà poi la memoria al ricorrente, entro cinque giorni dalla ricezione. Il ricorrente avrà quindi venti giorni per presentare una replica, che verrà trasmessa dalla segreteria tecnica all’impresa e/o all’intermediario entro ulteriori cinque giorni. Esaurita tale fase, il collegio dovrà rendere la propria decisione motivata, entro novanta giorni dalla ricezione del fascicolo così formato, prorogabili per ulteriori novanta giorni, in caso di particolare complessità della controversia. Analogamente a quanto accade per l’arbitro bancario e finanziario, quest’organo non esprime decisioni automaticamente passibili di enforcement. 
L’impresa o l’intermediario dovranno eseguire la decisione dell’arbitro entro trenta giorni e nei successivi cinque giorni trasmetteranno alla segreteria tecnica apposita documentazione. La mancata comunicazione dell’avvenuto adempimento equivarrà a inadempienza. L’inadempienza sarà resa nota, nel rispetto della disciplina in materia di trattamento dei dati personali, mediante pubblicazione in una sezione apposita del sito internet dell’arbitro assicurativo, per un periodo di cinque anni. Prima di tale scadenza, il collegio potrà disporre la cancellazione della pubblicazione (su istanza di parte), se fosse intervenuta una sentenza definitiva dell’Autorità giudiziaria favorevole all’impresa o all’intermediario o se questi ultimi avessero comunicato l’adempimento integrale della decisione (ancorché tardivo) o il raggiungimento di un accordo documentato tra le parti.
Il cliente potrà comunque agire in giudizio, nel caso in cui non ritenga la decisione dell’arbitro soddisfacente per i propri interessi o allo scopo di ottenere una decisione giudiziale esecutiva. È comunque possibile che il procedimento giudiziale conduca a risultati differenti da quelli dell’arbitro.

INCOGNITE DERIVANTI DALLA MANCANZA DELL’OBBLIGO DI ESECUZIONE
Come accennato, la decisione dell’arbitro assicurativo non è suscettibile di esecuzione, il che può comportare qualche svantaggio. Già con l’ordinanza numero 218 del 21 luglio 2011, la Consulta aveva osservato che l’arbitro bancario e finanziario (quello assicurativo non era ancora stato istituito) non rappresentavano un organo abilitato a sollevare questione di legittimità costituzionale, in quanto non esercitavano funzioni giudicanti, non erano collocati interamente in una posizione super partes e le loro decisioni non avrebbero prodotto i medesimi effetti di una sentenza pronunciata dall’Autorità giudiziaria.
Anche la Banca d’Italia aveva evidenziato che l’arbitro bancario o finanziario non avrebbero dovuto essere confusi con l’arbitrato previsto dal Codice di Procedura Civile. Quest’ultimo, infatti, presuppone un accordo delle parti, volto a sottoporre la lite al giudizio di uno o più arbitri, i quali emettono poi una decisione vincolante. 
La magistratura ordinaria ha ribadito che le decisioni degli arbitri bancario e finanziario non sono equiparabili ai lodi arbitrali: con sentenza numero 3654/2022, il Tribunale di Roma ha affermato che questo istituto, sotto il profilo giuridico, non è assimilabile a conciliazione, arbitraggio o arbitrato irrituale: “È invece qualificabile come un meccanismo stragiudiziale di risoluzione delle controversie di natura contenziosa e decisoria-aggiudicativa, le cui decisioni non possono tuttavia passare in giudicato o costituire un titolo esecutivo, nemmeno ricorrendo allo strumento del decreto ingiuntivo in caso di decisione non eseguita dall’intermediario”.
Da più parti è stata comunque apprezzata la funzione regolatoria che Abf (arbitro bancario), Acf (arbitro finanziario) e ora Aas (arbitro assicurativo) potranno esercitare nella creazione di orientamenti interpretativi uniformi, migliorando il livello di predittività ed evitando che l’incertezza possa consentire o giustificare tecniche dilatorie nell’esecuzione dei contratti. Le imprese e gli intermediari assicurativi e le associazioni dei consumatori sono al lavoro per capire nel dettaglio i meccanismi di questo strumento. Alcune problematiche risiederanno certamente nel rispetto delle tempistiche, alquanto stringenti, da rispettare, ma anche nel fatto che questo istituto sembra avere una portata più limitata rispetto alle funzionalità del lodo arbitrale classico, proprio per quanto attiene ai relativi meccanismi di enforcement.
C’è infine da segnalare una ricerca realizzata da Sda Bocconi School of Management che ha comparato i risultati delle controversie gestite in arbitrato presso la Cam (Camera Arbitrale di Milano) con quelle giudicate in Tribunale. Questo studio precede l’istituzione dell’Aas, ma è piuttosto interessante per il concetto di valore finanziario del tempo speso per ricorrere all’istituto dell’arbitraggio, dal momento che lo stesso dovrebbe liberare risorse che resterebbero invece bloccate nella controversia giudiziale. In pratica, cioè, lo studio riflette sulla convenienza economica del ricorso all’arbitrato, pur non potendo tener conto dei limiti che quest’ultimo potrebbe presentare, come si è accennato, sotto il profilo dell’esecuzione.

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