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Forum Nazionale dei Giovani, italiani in fuga e tra chi resta il 30% lavora in nero

Gli ultimi risultati delle ricerche in collaborazione con il ministero della Gioventù e il Cnel

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A novembre 2012 la disoccupazione nei giovani fra i 15 e i 24 anni ha fatto segnare il nuovo record del 37,1%. Il Forum Nazionale dei Giovani (Fng) ha presentato i risultati dei Rapporti di Ricerca sul mondo dell'occupazione giovanile, denunciando le carenze strutturali del sistema italiano.

La ricerca Dall'Italia all'Europa, dall'Europa all'Italia. Giovani Professionisti in Movimento, elaborata dal Centro Studi del Fng in collaborazione con il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, registra che ogni anno lasciano il nostro Paese 25 mila giovani laureati, con un danno di circa 1,2 miliardi di euro l'anno per il nostro pil.

Giovani in fuga
Le prime mete scelte dai giovani italiani sono la Gran Bretagna, la Germania e il Belgio, seppure non vi sia un trasferimento definitivo nei Paesi di destinazione. La mobilità è merito anche della Direttiva europea 2005/36 che ha dato nuovo impulso professionale. Tuttavia emerge è un sostanziale sbilanciamento strutturale: c'è un ampio divario tra i professionisti in uscita ad alto valore aggiunto, quelli in entrata per le professioni con minor livello di studio. Tale situazione impoverisce la capacità di crescita e innovazione del sistema produttivo italiano ed è da imputare maggiormente alle carenze del sistema educativo.

Un terzo lavora in nero
Il rapporto di ricerca Giovani e lavoro consapevole, a cura della Commissione Lavoro e Politiche Sociali del Forum e finanziata dal Ministero della Gioventù mette in evidenza la persistente piaga del lavoro nero: un giovane su tre, tra quelli che si sono definiti "lavoratori" o "studenti-lavoratori", ha dichiarato di lavorare in nero, fenomeno che in alcune Regioni del nostro Paese sta diventando l'unica alternativa alla disoccupazione. Lo studio effettuato dal Fng contraddice, infine, il luogo comune che vede i giovani attendere passivamente che sia offerto loro un posto di lavoro: oltre la metà, esattamente il 56,8%, si dice disponibile ad andare a lavorare all'estero.

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