L’impignorabilità delle polizze unit e index linked
La Cassazione si è posta in linea con la Corte di Giustizia Europea nell’affermare la perfetta natura di assicurazione delle coperture vita di ramo III. La ragione risiede nell’esistenza del rischio demografico come base del contratto tra compagnia e assicurato
13/05/2022
La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 6319/2019, ha da ultimo sancito l’impignorabilità dei prodotti vita di ramo III (unit o index linked).
La questione, tutt’altro che banale per i riflessi che comporta nell’ambito del mercato assicurativo, è stata oggetto per lungo tempo di dibattito giurisprudenziale. Prima di entrare nel merito della pronuncia sopra richiamata, quindi, si impone una seppur breve premessa di sistema per delineare le coordinate del tema.
L’articolo 1923 del Codice civile testualmente prevede: “Le somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare. Sono salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori [2901; 6 ss. l.f.] e quelle relative alla collazione [737], all’imputazione [747] e alla riduzione delle donazioni [555]”.
Il primo comma della norma sancisce l’impignorabilità e l’insequestrabilità delle somme dovute dall’assicuratore al contraente e al beneficiario di un’assicurazione sulla vita.
La finalità di tale privilegio accordato dal legislatore alle polizze vita deve individuarsi nella natura previdenziale di tali contratti, che accorda al contraente/beneficiario una posizione più meritevole di tutela rispetto a quelli che sono invece gli interessi dei terzi creditori.
LE RAGIONI DI PRONUNCIAMENTI NON SEMPRE CONCORDI
Una prima importante precisazione è quella per cui l’art. 1923 c.c. non fa alcuna distinzione tra i contratti dei diversi rami vita di cui all’art. 2 comma 1 del dlgs 7 settembre 2005, n. 209.
Ciononostante, mentre con riferimento ai prodotti assicurativi sulla vita di ramo I, i cui premi sono investiti in gestioni interne separate, il principio di impignorabilità e insequestrabilità di cui all’art. 1923 cc. ha sempre trovato pacifica applicazione, qualche dubbio è stato posto con riguardo ai prodotti vita di ramo III (unit o index linked). Alcune pronunce isolate hanno disconosciuto per queste categorie di prodotti a contenuto più marcatamente finanziario, l’applicazione di tale normativa di favore. I sostenitori di tale orientamento hanno evidenziato che queste ultime, a differenza delle classiche polizze vita, prescindono dal garantire all’assicurato un risultato minimo e che proprio l’assenza della garanzia della conservazione del capitale alla scadenza, farebbe classificare tali prodotti come dei veri e propri investimenti finanziari, con conseguente inapplicabilità dell’art. 1923 c.c..
Proprio queste considerazioni hanno contribuito all’insorgere del lungo dibattito interpretativo, che pare tuttavia aver finalmente aver trovato una definitiva soluzione, grazie soprattutto al contributo reso dalla Corte di Giustizia Europea che, con sentenza del 31 maggio 2018, causa c-542/16, ha espressamente confermato la natura di assicurazione sulla vita dei prodotti unit linked anche qualora non sia garantita la restituzione del capitale, in quanto possono comunque comportare guadagni o perdite finanziarie all’assicurato o agli eredi in caso di suo decesso.
La Corte ha evidenziato che l’assicurazione sulla vita è tale allorché sussista la correlazione tra premio versato dall’assicurato e prestazione dell’assicuratore al verificarsi dell’evento oggetto del contratto. Ne deriva che ogniqualvolta un contratto preveda, a fronte del pagamento di un premio, la prestazione da parte dell’assicuratore in caso di decesso dell’assicurato o di altro evento ivi previsto, diviene del tutto irrilevante ogni altra valutazione attinente alla sussistenza sia del rischio finanziario, sia di quello demografico.
LA CASSAZIONE IN LINEA CON IL GIUDIZIO DELLA CORTE EUROPEA
In perfetta, e necessaria, adesione alla sentenza della Corte di Giustizia Europea si colloca la sentenza della Cassazione richiamata in apertura del presente articolo, n. 6319 del 5 marzo 2019, avente a oggetto l’affermata nullità di un contratto assicurativo unit linked.
Il contratto, in quel caso, prevedeva una prestazione demografica in caso di decesso pari a una maggiorazione dello 0,1% del controvalore delle quote sottoscritte e che il costo della copertura ricadesse interamente a carico del contraente mediante prelievo annuale dal fondo assicurativo interno. La Cassazione al riguardo rilevava che la prestazione garantita fosse talmente esigua (identificando come “irrilevante” una copertura demografica dello 0,1%) che avrebbe dovuto portare i giudici di merito a dichiarare la nullità della polizza. Fissava quindi il seguente principio di diritto: “Nelle polizze unit linked, caratterizzate dalla componente causale mista (finanziaria e assicurativa sulla vita), anche ove sia prevalente la causa finanziaria, la parte qualificata come assicurativa deve comunque rispondere ai principi dettati dal Codice civile, dal Codice delle assicurazioni e dalla normativa secondaria a essi collegata con particolare riferimento alla ricorrenza del rischio demografico”.
Per la Corte, dunque, anche le polizze unit linked devono essere trattate alla stregua di veri e propri contratti di assicurazione, “anche ove sia (nettamente, come nel caso trattato ndr) prevalente la causa finanziaria”, dal momento che esse devono “comunque rispondere ai principi dettati dal Codice civile” appunto in materia di contratto di assicurazione in generale.
Il giudice di merito avrà dunque il compito di valutare la congruità “della copertura assicurativa [...] con riferimento all’ammontare del premio versato dal contraente, all’orizzonte temporale ed alla tipologia di investimento”. In altri termini, se le polizze in parola sono “caratterizzate dalla componente causale mista (finanziaria ed assicurativa sulla vita)” e in parte qua riconducibili allo schema degli artt. 1882 e seguenti del Codice civile, è perché anch’esse si caratterizzano per il trasferimento dall’assicurato all’assicuratore del cosiddetto rischio demografico, legato al verificarsi di un evento della vita umana. Proprio a tale proposito, per la Cassazione, il giudice di merito dovrà verificare che “l’entità della copertura assicurativa” non sia “talmente irrisoria da vanificare completamente l’equilibrio delle prestazioni”.
LA CENTRALITÀ DEL RISCHIO DEMOGRAFICO
In tal senso si era già espressa anche la giurisprudenza di merito con alcune interessanti pronunce, tra le quali vale la pena ricordare quella emessa il 13 giugno 2018 dal tribunale di Brescia per la chiarezza delle argomentazioni ivi riportate.
Il tribunale si è espresso in termini molto franchi in senso adesivo a quanto sopra esposto, confermando 1) la natura assicurativa delle polizze multi ramo; 2) i tratti distintivi della causa assicurativa e della causa previdenziale; 3) l’applicabilità del beneficio di cui all’art. 1923 c.c. anche alle polizze unit linked.
Si richiamano i passaggi più importanti: “La componente mista finanziario-assicurativa (ramo III) costituisce soltanto uno dei profili che connotano la polizza in esame, non potendosi revocare in dubbio la piena riconducibilità al genus di investimento con finalità assicurativa della componente di ramo I e di quella di cosiddetti puro rischio, in quanto caratterizzate dall’assunzione da parte della compagnia di un rischio demografico”.
“Alla luce di quanto sopra osservato non sussistono ragioni per escludere l’applicabilità alla polizza in esame dell’art. 1923 c.c., la cui ratio, consistente nel favor legislativo per gli investimenti privati con finalità assicurativa e lato sensu previdenziale, a sostegno del welfare pubblico (cfr. Cassazione civile, sezioni unite, 31 marzo 2008, n. 8271), è pienamente estendibile al prodotto in questione, che mira al perseguimento di obiettivi analoghi”.
Alla luce di quanto esposto, e partendo dal presupposto che il diritto dell’Unione Europea non considera l’assenza di una garanzia di restituzione del capitale investito un elemento ostativo alla qualificazione del contratto come assicurativo, sembra quindi potersi concludere che anche le polizze unit linked sono ricomprese nel novero dei contratti assicurativi sulla vita e dunque sono soggette a pieno titolo all’applicazione della disciplina di favore di cui all’art. 1923 c.c.
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