Imposte sulle successioni: le polizze vita a rischio
Attualmente esenti, questi contratti potrebbe essere tassati come ordinari investimenti finanziari. Sotto i riflettori del legislatore, unit e index linked
18/04/2016
A più di un anno di distanza, torna di attualità il tema della riforma dell’imposta sulle successioni e donazioni. La proposta di legge, avanzata nel gennaio 2015 da un gruppo di parlamentari in quota Sel, e da allora in sospeso, contempla, da un lato, l’abbattimento delle attuali franchigie e, dall’altro lato, l’aumento delle aliquote applicabili.
Ma procediamo con ordine.
Nel sistema normativo attuale sussistono quattro diverse aliquote calcolate in base al grado di parentela tra il de cuius e l’erede. Le modifiche paventate prevedrebbero i seguenti incrementi di aliquota:
Da notare che, alla quota di patrimonio eccedente la soglia dei 5.000.000 di euro, verrebbero applicate aliquote triplicate rispetto a quelle ordinarie. Nessuna variazione è, invece, prevista in caso di beneficiario portatore di handicap.
La ratio del progetto riguarda diversi profili. Da quanto si ascolta dai rumors provenienti dagli ambienti di settore, uno degli obiettivi della manovra sarebbe la mera esigenza di cassa da parte dello Stato, che verrebbe soddisfatta attraverso il recupero di almeno un miliardo di euro. Un ulteriore scopo del possibile aumento del gettito fiscale riguarda anche il raggiungimento, da parte dell’Italia, dei medesimi standard fiscali riscontrabili negli altri Stati membri dell’Ue, posto che ad oggi il nostro Paese, da un punto di vista d’imposizione successoria, presenta considerevoli squilibri rispetto alle altre nazioni.
Ridurre le diseguaglianze
I promotori della riforma, puntando a realizzare un’imposta maggiore per i trasferimenti a favore dei beneficiari dei beni ereditati di valore medio o alto, richiamano l’art. 53 della Costituzione, che sancisce come il sistema fiscale debba essere improntato a criteri di progressività e debba assicurare maggiori risorse da destinare alle politiche pubbliche, realizzando una più equa politica di distribuzione della ricchezza.
Altra spinta a sostegno delle predette modifiche atterrebbe all’auspicabile conseguimento di una più significativa mobilità sociale che - spiegano i proponenti - sarebbe ora limitata dall’attuale meccanismo di trasmissione della ricchezza per via ereditaria, improntato a favorire le classi di reddito più alte.
In sintesi, per i promotori della riforma, l’aumento delle aliquote sui trasferimenti di valore più elevato e la diminuzione delle franchigie porterebbero al raggiungimento di quattro obiettivi:
Un'esenzione in pericolo
Sulla scia di quanto detto, si pone la questione delle polizze vita e del loro eventuale assoggettamento alla tassazione successoria. La proposta di legge in esame non si esprime al riguardo e, ad oggi, l’orientamento dominante vedrebbe come improbabile una modifica della previsione di cui all’art. 12, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 346/1990, che prevede l’esenzione totale dei contratti di assicurazione sulla vita dall’attivo ereditario, in quanto i beneficiari acquistano il beneficio di polizza a titolo originario.
Tuttavia, non si può escludere che l’agenzia delle Entrate, indipendentemente dalla modifica in aumento delle aliquote sopracitata, possa esprimersi in merito alla riqualificazione di alcuni tipi di polizze vita, al fine di tassarle come ordinari investimenti finanziari, con la conseguenza di assoggettarle all’imposta di successione.
I riflettori sono, ancora una volta, puntati soprattutto sui quei prodotti unit e index linked puri, che espongono l’assicurato ad un rischio finanziario e ove la compagnia non assume un rischio demografico significativo (concetto per altro sul quale, da tempo, il mercato auspica sia fatta chiarezza in termini sia qualitativi che quantitativi).
Seppur la proposta sia ancora giacente alla VI Commissione della Camera e non sia mai stata discussa dal febbraio del 2015, le compagnie e gli intermediari sono già vigili, per non farsi trovare impreparati dinanzi ad eventuali mutamenti di scenario.
Ma procediamo con ordine.
Nel sistema normativo attuale sussistono quattro diverse aliquote calcolate in base al grado di parentela tra il de cuius e l’erede. Le modifiche paventate prevedrebbero i seguenti incrementi di aliquota:
- per il coniuge e i parenti in linea retta, si passa dal 4% al 7% (con una franchigia ridotta a 500.000 euro rispetto al milione precedente);
- per i fratelli e le sorelle, si passa dal 6% all’8% (rimane invariata la vecchia franchigia di 100.000 euro);
- per gli altri parenti fino al 4° grado, gli affini in linea retta, nonché gli affini in linea collaterale fino al 3° grado, si passa dal 6% al 10%;
- per gli altri eredi, si passa dall’8% al 15%.
Da notare che, alla quota di patrimonio eccedente la soglia dei 5.000.000 di euro, verrebbero applicate aliquote triplicate rispetto a quelle ordinarie. Nessuna variazione è, invece, prevista in caso di beneficiario portatore di handicap.
La ratio del progetto riguarda diversi profili. Da quanto si ascolta dai rumors provenienti dagli ambienti di settore, uno degli obiettivi della manovra sarebbe la mera esigenza di cassa da parte dello Stato, che verrebbe soddisfatta attraverso il recupero di almeno un miliardo di euro. Un ulteriore scopo del possibile aumento del gettito fiscale riguarda anche il raggiungimento, da parte dell’Italia, dei medesimi standard fiscali riscontrabili negli altri Stati membri dell’Ue, posto che ad oggi il nostro Paese, da un punto di vista d’imposizione successoria, presenta considerevoli squilibri rispetto alle altre nazioni.
Ridurre le diseguaglianze
I promotori della riforma, puntando a realizzare un’imposta maggiore per i trasferimenti a favore dei beneficiari dei beni ereditati di valore medio o alto, richiamano l’art. 53 della Costituzione, che sancisce come il sistema fiscale debba essere improntato a criteri di progressività e debba assicurare maggiori risorse da destinare alle politiche pubbliche, realizzando una più equa politica di distribuzione della ricchezza.
Altra spinta a sostegno delle predette modifiche atterrebbe all’auspicabile conseguimento di una più significativa mobilità sociale che - spiegano i proponenti - sarebbe ora limitata dall’attuale meccanismo di trasmissione della ricchezza per via ereditaria, improntato a favorire le classi di reddito più alte.
In sintesi, per i promotori della riforma, l’aumento delle aliquote sui trasferimenti di valore più elevato e la diminuzione delle franchigie porterebbero al raggiungimento di quattro obiettivi:
- maggiore mobilità sociale;
- riduzione delle disuguaglianze;
- limitazione dell’immobilizzazione dei capitali in patrimoni e rendite invece del loro utilizzo in investimenti economici e produttivi;
- aumento della capacità di spesa pubblica per i servizi sociali.
Un'esenzione in pericolo
Sulla scia di quanto detto, si pone la questione delle polizze vita e del loro eventuale assoggettamento alla tassazione successoria. La proposta di legge in esame non si esprime al riguardo e, ad oggi, l’orientamento dominante vedrebbe come improbabile una modifica della previsione di cui all’art. 12, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 346/1990, che prevede l’esenzione totale dei contratti di assicurazione sulla vita dall’attivo ereditario, in quanto i beneficiari acquistano il beneficio di polizza a titolo originario.
Tuttavia, non si può escludere che l’agenzia delle Entrate, indipendentemente dalla modifica in aumento delle aliquote sopracitata, possa esprimersi in merito alla riqualificazione di alcuni tipi di polizze vita, al fine di tassarle come ordinari investimenti finanziari, con la conseguenza di assoggettarle all’imposta di successione.
I riflettori sono, ancora una volta, puntati soprattutto sui quei prodotti unit e index linked puri, che espongono l’assicurato ad un rischio finanziario e ove la compagnia non assume un rischio demografico significativo (concetto per altro sul quale, da tempo, il mercato auspica sia fatta chiarezza in termini sia qualitativi che quantitativi).
Seppur la proposta sia ancora giacente alla VI Commissione della Camera e non sia mai stata discussa dal febbraio del 2015, le compagnie e gli intermediari sono già vigili, per non farsi trovare impreparati dinanzi ad eventuali mutamenti di scenario.
© RIPRODUZIONE RISERVATA