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Russia: gli impatti delle sanzioni sulle compagnie assicurative

Le misure adottate dalla Ue per limitare l’accesso a beni e risorse da parte di persone, imprese e istituzioni russe riguarda anche il settore assicurativo. La compliance alle imposizioni passa da alcuni aspetti chiave, come il fatto che il divieto è sul rendere disponibili le risorse, non sul fatto di accrescerle

Russia: gli impatti delle sanzioni sulle compagnie assicurative hp_vert_img
SECONDA PARTE

Le misure di “congelamento” di ricchezze economiche o dei diritti di fonte negoziale previste dai citati regolamenti si applicano nei confronti di specifiche persone giuridiche e fisiche. E in tale ottica, del resto, sono impostate (inter alia) le decisioni Pesc 145/2014 e 512/2014 che espressamente valorizzano come il congelamento investa tutte le risorse controllate da coloro che minacciano l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina (e prevedono il divieto espresso di effettuare operazioni con persone giuridiche, entità o organismi stabiliti in Russia). 
Il tutto in modo stringente, dato che lo svincolo o la “messa a disposizione” di fondi o risorse, al di là di mirate eccezioni, deve essere autorizzato dalle autorità degli Stati membri al ricorrere di specifici presupposti (indicati dagli articoli 4, 5 e 6 Reg. Ue 269/2014): quanto all’Italia, tali autorità sono individuabili accedendo ai link consultabili negli allegati ai singoli provvedimenti (si visioni, in via esemplificativa, quanto unito sub II al Reg. 269/2014).
Le previsioni in commento sembrano focalizzarsi sul precludere che i soggetti interessati entrino in possesso di disponibilità economiche utilizzabili: mentre analoga attenzione non sembra dedicata al mero accrescimento virtuale delle stesse, essendo consentito l’accredito “sui conti congelati [di] fondi trasferiti da terzi […] purché tali versamenti siano anch’essi congelati” (così l’art. 7 par. 1 Reg. Ue 269/2014). Oppure il versamento “sui conti congelati di […] interessi o altri profitti dovuti su detti conti [… oppure] pagamenti dovuti [… per] obbligazioni sorte anteriormente alla data in cui la persona fisica o giuridica, l’entità o l’organismo […] sono stati inseriti nell’allegato I o […] dovuti nel quadro di decisioni giudiziarie […] emesse in uno Stato membro […] purché tali interessi, altri profitti e pagamenti siano congelati” (art. 7, par. 2, Reg. Ue 269/2014).

L’assicurazione è assimilabile all’assistenza finanziaria
Vi sono, poi, misure operanti su base territoriale. Il Reg. Ue 833/2014, come modificato dal Reg. Ue 428/2015, prevede oggi il divieto di vendere (essenzialmente) prodotti siderurgici e tecnologie del settore energetico (ma anche “beni di lusso”) “a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo in Russia, comprese la sua zona economica esclusiva e la sua piattaforma continentale, o per uso in Russia”. Il tutto ponendo limiti alla erogazione di servizi ancillari a tali attività di commercio: anzitutto di natura finanziaria, però con potenziale interferenza anche per contratti di natura assicurativa.
Al fine di ben cogliere, per quanto qui interessa, la portata delle misure restrittive fissate dal regolamento Ue 833/2014, pare opportuno considerare il contenuto delle Faq (edizione del 25 agosto 2017) elaborate dalla Commissione europea: dalle quali si evince che nemmeno il settore assicurativo è tout court estraneo a quanto ivi disposto in punto di limitazioni ai servizi di natura finanziaria.
Con la Faq n. 3, volta a chiarire se “l’assistenza finanziaria [...] comprende l’assicurazione?”, è stato, infatti, precisato che “l’assistenza finanziaria comprende misure che richiedono all’istituto finanziario interessato di utilizzare risorse proprie. È il caso dei servizi assicurativi. Inoltre, [...] tipi specifici di assicurazione (assicurazione del credito all’esportazione o riassicurazione) [...] sono esempi delle operazioni che rientrano nella nozione di assistenza finanziaria”. 

Rifiutare la prestazione in modo motivato
Sulla base di quanto sinteticamente riportato, quali sono gli impatti operativi sull’attività aziendale di un player del mercato assicurativo?
Il congelamento di risorse e fondi, come indicato, interessa i soggetti indicati nelle black list, talché, laddove la controparte negoziale fosse ivi inserita, parrebbe subentrare l’esigenza di astenersi dall’erogare prestazioni contrattuali.
In primis a titolo liquidazione di sinistri (si è valorizzata, supra, la presenza di limitazioni fino anche a corrispondere “indennizzi”): ma, ragionevolmente, anche restituzioni monetarie di altro genere (in via esemplificativa: la retrocessione del premio per esercizio di cosiddetto “ripensamento” in ambito Rc auto oppure la corresponsione di riscatti parziali).
Le definizioni di “fondi” e “risorse” da congelare sono  elaborate utilizzando lemmi di portata lessicale talmente ampia da, teoricamente, afferire anche a tali operazioni. 
Lungi dal tradursi in un immotivato rifiuto, la reiezione della prestazione dovrebbe, però, essere motivata, così da: a) anzitutto concedere all’interessato margine per dimostrare la non riferibilità della limitazione alla propria situazione; b) eventualmente, anche sulla base del riscontro ricevuto, consentire all’impresa di rivolgersi alla competente autorità (coinvolgendo l’Ivass nello scambio) per ottenere chiarimenti sull’interpretazione e applicazione delle misure restrittive nella fattispecie; c) infine prevenire possibili contestazioni (e relative possibili sanzioni) lasciando traccia dei presupposti sottesi alla mancata erogazione della prestazione (l’art. 10 par. 1 Reg. Ue 269/2014 stabilisce che “il congelamento di fondi e risorse economiche, o il rifiuto di rendere disponibili fondi o risorse economiche, se effettuato ritenendo in buona fede che tale azione sia conforme al presente regolamento, non comporta alcun genere di responsabilità […] a meno che non si dimostri che […] sono stati congelati o trattenuti in seguito a negligenza”).
In ragione di quanto espresso, pare quindi opportuno che le risorse aziendali incaricate di mansioni che possano implicare l’accredito di somme siano informate sulla portata delle misure restrittive (e poste in condizione di consultare, in modo continuativo, le black list).
Parrebbero inoltre opportune attività di monitoraggio dei rapporti negoziali in essere, così da verificare che: I) le prestazioni assicurative non ineriscano ad ambiti merceologici o territoriali soggetti a limitazioni; II) le operazioni riassicurative in essere non coinvolgano interessi allocati nelle realtà territoriali interessate da misure restrittive; III) le partecipazioni e gli investimenti non comportino il conferimento di somme in asset riferibili a realtà russe (o bielorusse).

Focus: l’obbligo a contrarre
Le peculiarità riferibili al settore Rc auto (vero e proprio microcosmo dell’universo assicurativo) spingono, poi, a una supplementare riflessione.
In tal contesto, come noto, vige il cosiddetto obbligo a contrarre: il che parrebbe rendere necessario ragionare con estrema cautela su eventuali politiche di restrizione di accesso ai servizi assicurativi, tanto più ove si consideri che, persino con riferimento a risorse interessate da misure restrittive, è teorizzato possano essere incamerate somme (purché esse vengano poi congelate “in uscita”).
Fermo restando che, in argomento, parrebbe opportuno disporre di indicazioni dell’Ivass, onde prevenire il rischio di sanzioni di natura amministrativa (oltre che possibili rischi di controversie di natura civilistica che vedano i potenziali assicurati domandare il risarcimento dei danni connessi al mancato accesso a prestazioni assicurative, peraltro imposte obbligatoriamente per legge ai fini della valida circolazione).
A oggi, però, consta che l’istituto di vigilanza si sia limitato, con il comunicato dal quale si è principiato, a dare conto dell’esistenza delle misure restrittive, senza fornire chiarimenti al riguardo.

(La prima parte dell’articolo è stata pubblicata su Insurance Daily di mercoledì 13 aprile). 

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