Nessun risarcimento se la vittima ha un vantaggio dal sinistro
Secondo una ulteriore sentenza della Corte di Cassazione sul tema, la compensatio lucri cum damno opera nel caso in cui il danneggiato ricavi dalla vendita del mezzo incidentato un prezzo maggiore del suo valore e del danno subito
29/08/2023
Con la pronuncia 7012 del 9 marzo 2023 la sesta sezione della Suprema Corte di Cassazione torna ad affrontare l’annoso tema della compensatio lucri cum damno.
Nello specifico, il danneggiato citava innanzi al giudice di pace i responsabili civili al fine di ottenere il risarcimento dei danni per 1.525 euro derivati alla sua vettura a seguito di sinistro stradale.
Il giudice di pace rigettava la domanda attorea poiché ritenuta non provata, in considerazione delle risultanze della Ctu, da cui era emerso che il valore commerciale dell’auto era pari a 1.000 euro e che, inoltre, non erano state fornite fatture in riferimento alla riparazione dell’autovettura. Inoltre era emerso che il danneggiato aveva venduto la vettura a un prezzo di 2000 euro.
Anche il tribunale di Foggia, cui ricorreva in appello il danneggiato, confermava la sentenza di prime cure, in applicazione del criterio della compensatio lucri cum damno, “essendo evidente che dall’alienazione del mezzo l’appellante ha ricavato un valore maggiore rispetto a quello del bene ante sinistro e un valore addirittura maggiore a quello delle riparazioni necessarie al ripristino”.
Veniva dunque proposto ricorso in Cassazione deducendo, in particolare, che era stata erroneamente applicata la regola della compensano lucri cum damno, in quanto la vendita del veicolo da cui il danneggiato avrebbe ricavato un vantaggio costituisce un fatto del tutto indipendente dall’evento illecito.
Il ricorso viene rigettato.
Gli Ermellini sposano il ragionamento adottato dal giudice dell’appello secondo il quale è stato qualificato come compensazione un fatto che invece ha escluso del tutto il danno. Inoltre, la circostanza che la vettura danneggiata è stata venduta a un prezzo superiore, non solo al danno subito, ma anche al valore stesso del bene, comporta che alcun pregiudizio ha subito in concreto la ricorrente, che possa doversi risarcire a carico del danneggiato.
La Corte richiama infine il criterio differenziale per stimare una perdita: serve il confronto tra la situazione patrimoniale anteriore al fatto del danneggiante e quella successiva: se il patrimonio ha un valore complessivo minore, v’è danno.
NEL RISARCIMENTO VALE IL PRINCIPIO DI RIEQUILIBRIO
La decisione è però fonte di non poche perplessità.
È la stessa Corte a richiamare preliminarmente uno dei principi che stanno alla base della regola della compensano lucri cum damno, ovvero quello secondo cui il vantaggio ricavato dopo il fatto illecito, e a seguito di quest’ultimo, abbia la funzione di riparare al pregiudizio (Cass. sez. un 12564/ 2018), e che dunque non sono da compensare con il danno subito quei vantaggi che hanno funzione diversa da quella risarcitoria o di riparazione in generale (la sentenza richiamata concerneva la cumulabilità tra prestazioni risarcitorie da illecito aquiliano e prestazioni indennitarie di natura previdenziale).
Fu a seguito di quattro ordinanze di rimessione, che le Sezioni Unite (ord. nn. 12564/12565/12566/12567 del 2018) avevano avuto occasione di pronunciarsi circa l’ambito applicativo del principio in questione e avevano stabilito che il risarcimento e il vantaggio patrimoniale devono dunque avere la medesima ragione giustificatrice, o appartenere a classi omogenee.
In particolare, l’espressione compensano lucri cum damno impone che la determinazione del quantum da risarcire tenga conto, in sottrazione, di ciò di cui il creditore si sia arricchito come conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento, secondo una logica di compensazione tra costi e benefici.
In sostanza, sia il vantaggio sia il danno devono originare da una stessa azione del danneggiante, da un medesimo fatto, ovvero devono avere una stessa genesi.
Ma corollario ancor più importante di dette decisioni è che l’operatività della compensatio è subordinata all’esistenza di un sistema di riequilibrio: tale meccanismo opera nei casi in cui è legislativamente previsto un meccanismo di surroga, che sia idoneo ad assicurare che il responsabile dell’evento dannoso, destinatario della richiesta risarcitoria avanzata dalla vittima, sia collateralmente obbligato a restituire al soggetto che eroga il beneficio all’assistito l’importo corrispondente pertanto, viene esclusa la rilevanza dell’istituto quando esso avvantaggerebbe il solo danneggiato.
Nel caso di specie, invece, la vendita dell’autovettura, sebbene a un prezzo maggiore di quello di mercato, rappresenta un evento autonomo ed eventuale scollegato dall’evento illecito che ha causato il depauperamento patrimoniale del danneggiato
LE CONSEGUENZE DI UNA VISIONE MENO VINCOLANTE
Sposando invece l’assunto secondo cui la compensano lucri cum damno possa operare in presenza di qualunque “fatto”, estraneo all’illecito, che vada a incidere sul patrimonio del danneggiato ripristinandolo, si giungerebbe a una ingiustificata estensione dei principi sopra richiamati.
Per assurdo, si dovrebbe ammettere la tesi che il danneggiamento materiale (un fatto) di un bene non determini un decremento, ma un incremento di valore del bene, con l’assurda conseguenza di mitigare, ovvero annullare, l’antigiuridicità del fatto dannoso stesso e determinare l’irrisarcibilità di qualsiasi danno materiale. Il danneggiamento del mezzo di per sé, invece, non può avere ripercussioni positive sul suo valore, ovvero determinarne un incremento.
Sarebbe questo un teorema ontologicamente inconciliabile con i più elementari principi della logica.
Nel caso di specie, il vantaggio economico derivato in capo al danneggiato non è stato invece conseguenza diretta e immediata del fatto generatore del danno, ma semmai il maggior prezzo ottenuto potrebbe essere ricollegabile alle regole economiche del mercato del momento o addirittura alle capacità di negoziazione del venditore, che nulla hanno a che vedere con l’illecito commesso dal danneggiante, in capo al quale nemmeno sorgerebbe alcun obbligo restitutorio in favore del soggetto che ha erogato “il beneficio” al danneggiato (in questo caso l’acquirente del veicolo).
Pertanto se il danneggiato non si fosse attivato in concreto per la vendita non ne sarebbe scaturito alcun “vantaggio”, ovvero nessuna reintegrazione del suo patrimonio, mentre la compensano lucri cum damno presuppone che verificatosi il fatto (danno) contestualmente originino depauperamento e arricchimento.
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