Il sistema a punti prevede già la gravità del danno
In una nuova pronuncia la Cassazione ribadisce che l’importanza delle lesioni personali riportate non determina ipso iure il riconoscimento della personalizzazione del danno
29/08/2023
Con la sentenza 37009 del 4 aprile 2023 la Cassazione torna a pronunciarsi in materia di criteri liquidativi dei danni derivanti da lesioni personali.
La fattispecie ha per oggetto principalmente le lesioni riportate da un ragazzino tredicenne, a seguito di un sinistro stradale, mentre si trovava trasportato su di un motociclo.
In particolare le censure poste all’attenzione della Suprema Corte concernono il mancato riconoscimento della “personalizzazione del risarcimento del danno non patrimoniale in ragione della compromissione della sfera esistenzial-dinamico-relazionale” della vittima.
La censura dei ricorrenti si fonda su tre presupposti. In primo luogo, che il consulente tecnico nominato d’ufficio aveva dichiarato nella sua relazione che “l’evento dannoso ha prodotto certamente un peggioramento delle condizioni di vita della vittima, come attitudine allo svolgimento delle attività esistenziali”. Secondariamente, che in conseguenza dell’infortunio la vittima, di 13 anni all’epoca del fatto, aveva patito “difficoltà a intrattenere relazioni sociali”, aveva perduto due anni scolastici, non aveva potuto svolgere attività sportiva. Infine, che in conseguenza delle suddette circostanze la Corte d’appello “avrebbe dovuto presumere ex articolo 2727 del Codice civile la sussistenza di una evidente compromissione della sfera esistenzial-dinamico-relazionale della vittima, incrementando percentualmente l’entità del risarcimento a quest’ultimo accordato”.
La censura viene ritenuta infondata.
La Corte precisa che la cosiddetta personalizzazione del risarcimento del danno alla salute può spettare quando la vittima deduca e dimostri che l’infortunio le ha causato conseguenze diverse e più gravi rispetto a quelle che qualunque altra persona, della stessa età e con gli stessi postumi, avrebbe sofferto; mentre nel caso di specie il ricorrente non ha dimostrato in che misura le sue lesioni e difficoltà motorie sarebbero diverse e più gravi da quelle di qualunque altra persona dello stesso sesso e della stessa età, che avesse patito identico infortunio.
La Corte prende dunque spunto per ribadire che quando il danno è liquidato col sistema cosiddetto “a punti” (nel caso in esame sono state utilizzate le Tabelle milanesi), la gravità dei postumi conseguiti a una lesione della salute si riflette sul grado percentuale di invalidità permanente, e il grado percentuale di invalidità permanente si riflette a sua volta sulla monetizzazione del risarcimento.
Pertanto, in detti casi la gravità dei postumi è già di per sé un fattore che incrementa il quantum debeatur, sicché costituirebbe una duplicazione risarcitoria pretendere un risarcimento ulteriore “perché i postumi sono gravi”.
È dunque soltanto la presenza di circostanze specifiche ed eccezionali allegate dal danneggiato che rende il danno più grave rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età.
Solo così sarà consentito al giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione e tale non può essere rappresentata dalla entità, seppur grave, delle menomazioni riportate.
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