Diritto e scienza, una collaborazione che richiede regole
L’ingresso della prova scientifica nei processi di medmal ha aumentato il peso della scienza nella valutazione degli eventi da parte dei giudici. È fondamentale però che essa mantenga una funzione di supporto alla decisione finale e non sia assunta a valore assoluto
22/12/2023
Nelle consulenze che hanno per oggetto una responsabilità sanitaria, la prova scientifica ha assunto un ruolo di grandissimo rilievo.
Le ragioni sono molteplici, ma la più importante è che oggi i processi di medmal sono molto più complessi rispetto al passato e i giudici devono avvalersi dell’apporto del sapere scientifico per avere una ricostruzione dei fatti più precisa e chiara al fine di poter decidere. Ne consegue che il diritto e la scienza sono mondi destinati a incontrarsi sempre di più nel prossimo futuro, se solo pensiamo alla diffusione che ha e avrà l’impiego dell’intelligenza artificiale tra gli operatori della sanità.
Ci sono però due rischi conseguenti all’ingresso degli scienziati nei processi civili e penali che riguardano la responsabilità sanitaria, che, a mio avviso, non sono ancora stati analizzati a fondo. È vero che autorevole dottrina (tra gli altri Giovanni Canzio, Ilaria Gentile e Luca Luparia) ha evidenziato il rischio di un ingresso troppo invasivo della scienza nei processi, ma tra gli operatori del diritto (giudici, avvocati, liquidatori) non c’è ancora piena consapevolezza delle conseguenze negative legate a tale ingresso.
Ma quali sono questi rischi?
I due rischi di un ruolo troppo invasivo
Il primo rischio deriva da una prassi giudiziaria poco corretta. Capita, infatti, abbastanza di frequente che i giudici chiedano ai consulenti tecnici di rispondere a quesiti di natura giuridica.
Ma non si può chiedere al Ctu, ad esempio, se la condotta di un medico sia colposa, il grado della colpa (lieve, grave) o se il medico ha informato il paziente di tutti i rischi legati al trattamento sanitario proposto. Superfluo rilevare che la colpa, la sua gradazione e il consenso informato sono concetti giuridici che soltanto il giudice può accertare.
Il secondo rischio riguarda un comportamento di alcuni giudici che tendono a recepire passivamente le tesi scientifiche e le conclusioni dei consulenti tecnici senza sottoporle a quel vaglio critico e a quel test di affidabilità che, secondo autorevole dottrina (Canzio, Rossetti) e la giurisprudenza di legittimità, essi devono svolgere.
È vero che il giudice non è tenuto a motivare la propria adesione alle conclusioni del consulente tecnico, ma quest’ultimo, nella sua qualità di custode della prova scientifica, deve sottoporre a vaglio critico le conclusioni della consulenza o della perizia, soprattutto nei casi in cui si è in presenza di teorie scientifiche antagoniste o vi sia disparità di opinione tra gli scienziati.
Le indicazioni della Cassazione
In particolare, una nota sentenza della Corte di Cassazione penale del 2010, in materia di nesso causale tra l’esposizione alle polveri di amianto e la morte per mesotelioma pleurico, ha affermato che il giudice deve assurgere a custode della prova scientifica e del metodo utilizzato dal perito e dal Ctu (Cass. Sez. IV, n 43786/2010).
Rileva la Cassazione che il giudice deve valutare l’autorità e l’indipendenza del soggetto che ha elaborato una teoria scientifica sulla base degli studi che la sorreggono.
Un conto, precisa la Cassazione, è uno studio condotto da un organismo pubblico istituzionale, realmente indipendente, e altro caso è uno studio commissionato o gestito da soggetti privati coinvolti nelle dispute giuridiche.
Il messaggio, in conclusione, che ci proviene da questa e altre sentenze della giurisprudenza di legittimità è il seguente: diritto e scienza sono mondi destinati a incontrarsi sempre di più alla luce della maggiore complessità delle vicende. Ma l’ingresso della scienza nei processi non può alterare le regole procedurali e valoriali che governano il processo.
Affinché questo non avvenga, il giudice (e dunque il diritto) deve assumere un ruolo centrale e svolgere una complessa opera di controllo e di gestione della prova scientifica.
La scienza, insomma, deve allearsi con il mondo del diritto, ma non può sostituirsi o avere la prevalenza sullo stesso.
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