La disciplina Ue per l’equilibrio di genere nei cda
La direttiva 2022/2381 indica come obiettivo il 33% di amministratori con incarichi per il genere meno rappresentato nei consigli di società quotate. A questa si aggiunge la direttiva 2023/970 per la parità retributiva tra uomini e donne. Sul punto l’ordinamento italiano è già allineato
22/12/2023
La direttiva Ue 2022/2381 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 novembre 2022, riguardante “il miglioramento dell’equilibrio di genere fra gli amministratori delle società quotate” (alla quale è peraltro seguita la direttiva Ue 2023/970 del 10 maggio 2023 in materia di parità retributiva tra uomini e donne), stabilisce che entro il 30 giugno 2026 il consiglio di società con azioni quotate dovrà essere composto per almeno il 33% da amministratori, con e senza incarichi esecutivi, appartenenti al genere meno rappresentato. Il numero minimo di amministratori appartenenti al genere meno rappresentato dovrà essere quello più vicino al 33% ma, al contempo, non superare il 49%. A titolo esemplificativo, nel caso in cui il consiglio sia composto da 7 amministratori, il numero minimo di amministratori appartenenti al genere meno rappresentato è 2 (pari a una percentuale del 28,6%).
Nello stesso documento si afferma inoltre che, entro la medesima scadenza, i consigli di società con azioni quotate dovranno essere composti per almeno il 40% da amministratori senza incarichi esecutivi appartenenti al genere meno rappresentato. Il numero di amministratori senza incarichi esecutivi appartenenti al genere meno rappresentato deve essere quello più vicino al 40%, senza superare il 49%. Nel caso in cui, ad esempio, il consiglio sia composto da 11 amministratori, il numero minimo di amministratori senza incarichi esecutivi appartenenti al genere meno rappresentato è pari a 4 (ossia a una percentuale di 36,4%).
Fermo restando quanto sopra, è opportuno precisare che per amministratore “con incarichi esecutivi” si intende l’amministratore che si occupa della gestione della società. Diversamente, l’amministratore “senza incarichi esecutivi” svolge funzioni di sorveglianza e non partecipa all’attività di gestione dell’assetto societario.
Dette disposizioni si applicheranno alle società quotate:
- con sede legale in uno Stato comunitario;
- che occupino almeno 250 lavoratori;
- il cui fatturato superi i 50 milioni di euro, ovvero il cui totale di bilancio annuo superi i 43 milioni di euro.
IN ITALIA LA QUOTA È GIÀ IL 40%
La direttiva mira dunque a promuovere una rappresentanza di genere più equilibrata all’interno del consiglio (organo amministrativo, di gestione o di sorveglianza) di società quotate, stabilendo misure efficaci a imprimere un’accelerazione al raggiungimento dell’equità di genere, anche in considerazione del fatto che le suddette società, distinguendosi per la loro visibilità e influenza sul mercato, rappresentano modelli di riferimento.
È previsto che l’Italia dovrà recepire le disposizioni minime dettate dalla direttiva in esame entro il termine del 28 febbraio 2024, salva la facoltà d’introdurre disposizioni di maggior favore.
Tuttavia, si consideri che l’ordinamento italiano risulta essere già allineato agli obiettivi europei stabiliti dalla direttiva in esame: è infatti previsto che almeno i due quinti (40%) degli amministratori, così come dei membri del collegio sindacale, debbano appartenere al genere meno rappresentato (artt. 147-ter, c. 1-ter e 148, c. 1-bis del D. Lgs. n. 58/1998, così come modificati dall’art. 1, c. 302-304 della legge n. 160/2019).
Inoltre, tale criterio di riparto trova applicazione per sei mandati consecutivi, quindi per un limite temporale massimo di 18 anni decorrenti dal primo rinnovo degli organi di amministrazione e controllo occorso successivamente al 1° gennaio 2020. È ragionevole ritenere che, a seguito del recepimento della direttiva in parola, il legislatore attribuirà carattere strutturale alle citate normative nazionali.
Peraltro, nel caso di mancata osservanza della composizione del consiglio di amministrazione e collegio sindacale, l’ordinamento italiano già prevede un sistema sanzionatorio che, mediante un meccanismo di doppia diffida, contempla l’irrogazione di una sanzione pecuniaria sino a un milione di euro.
UN DISCRIMINE A PARITÀ DI TITOLI E COMPETENZE
È in ogni caso opportuno evidenziare che, al fine di garantire un maggior equilibrio di genere, risulta essere cruciale che per la selezione, nomina ed elezione degli amministratori (con e senza incarichi) siano applicati criteri chiari, formulati in modo neutro, trasparente e univoco (considerandum 22). Tali parametri dovrebbero essere individuati con congruo anticipo, in modo tale che la valutazione comparativa delle qualifiche e competenze di ciascun candidato e candidata sia condotta su un piano di equità, prescindendo dal genere di appartenenza. È previsto che nella scelta tra candidati ugualmente qualificati in termini di idoneità, competenza e rendimento professionale, sia data priorità al candidato appartenente al genere meno rappresentato, salvo il caso in cui per motivi di maggiore rilevanza giuridica, quali ad esempio il perseguimento di altre politiche in materia di diversità e bilanciate nell’ambito di una valutazione obiettiva basata su criteri non discriminatori, non si propenda per un candidato appartenente all’altro genere (art. 6, par. 2).
EQUITÀ ANCHE NELLA RETRIBUZIONE
Inoltre, è utile notare che per garantire un maggior equilibrio di genere è fondamentale che sia eliminato il divario retributivo di genere. Come anticipato, lo scorso 10 maggio 2023 è stata adottata la direttiva Ue 2023/970, “volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione”.
Con riguardo alle politiche di equità retributiva, si consideri che queste costituiscono parte integrante di un sistema di gestione per la parità di genere approntato secondo le prassi di riferimento Uni/Pdr 125:2022. Quando detto sistema sia certificato da parte terza, il datore di lavoro può avvalersi di un esonero dal versamento dei contributi previdenziali obbligatori posti a proprio carico. Con riferimento agli enti che abbiano ottenuto la certificazione entro il 31 dicembre 2022, è riconosciuto un esonero stabilito nella misura massima di 50mila euro annui (art. 46-bis del D. Lgs. n. 198/2006 e D.I. 29 marzo 2022).
UN PERCORSO SUPPORTATO DALLA FORMAZIONE
In conclusione, al fine di realizzare un miglioramento in tema di equilibrio di genere fra gli amministratori delle società quotate, è cruciale che, ove sia registrato un disequilibrio, sia attuata una rivisitazione organizzativa che recepisca effettivamente anche il principio dell’equità retributiva, specie con riferimento a coloro che svolgono funzioni dirigenziali e presiedono alla guida della società.
Il processo volto a garantire un’effettiva equità di genere non potrà in ogni caso prescindere da politiche per la formazione che consentiranno anche al genere meno rappresentato di affinare nel tempo elementi di conoscenza e competenze professionali utili ai fini dell’attribuzione di ruoli apicali.
Infine, si consideri come un utile strumento capace di fotografare la struttura organizzativa esistente e orientare l’azione di rinnovamento diretta ad assicurare un migliore equilibrio di genere possa già essere rinvenuto nel rapporto biennale sulla situazione del personale (art. 46 del D. Lgs. n. 198/2006).
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